L’Institut Giacometti – nel cuore del quartiere Montparnasse a Parigi – è ad oggi il luogo di riferimento per l’analisi e lo studio delle opere dell’artista svizzero Alberto Giacometti (1901-1966), uno degli scultori più originali (e apprezzati sul mercato dell’arte) del ventesimo secolo.
Chi fu Alberto Giacometti?
Alberto, nato nel 1901 a Borgonovo (sulle montagne svizzere del Cantone dei Grigioni) da Giovanni Giacometti (1868-1933) e Annetta Stampa, era figlio d’arte. Il padre, noto pittore post-impressionista molto apprezzato dai collezionisti elvetici, spronò il figlio a esprimere il proprio lato creativo sin dalla tenera età (Alberto realizzò la sua prima scultura, il busto del fratello Diego, nello studio del padre a soli tredici anni). Nonostante il rapporto a volte conflittuale con Giovanni (sembra che per carattere Alberto tendesse spesso a “fare l’avvocato del diavolo” e a prendere posizione contraria al proprio opponente), il giovane Giacometti accettò il consiglio paterno e nel 1919 si trasferì a Ginevra per frequentare L’École Supérieure des Beaux-Arts. Non soddisfatto dell’esperienza sul Lac Léman (Alberto lamentò che i professori spesso mancavano della “forza d’animo” tipica del padre), Giacometti decise di spostarsi a Parigi (trasferendosi a Montparnasse il primo gennaio del 1922) e iniziò a frequentare l’Académie de la Grande-Chaumière sotto la guida di Antoine Bourdelle. Si appassionò inizialmente all’avant-garde, per poi diventare parte del movimento surrealista di André Breton (realizzando sculture quali la Boule Suspendue, 1930-1931).
Alberto Giacometti nel 1922 a Parigi
Nel 1935 fu espulso dal circolo surrealista, dichiarando di non “volersi fare influenzare” da nessuno e di volersi concentrare sulla testa e gli occhi dei propri modelli (particolarmente importante fu qui la creazione di Tête-crâne, rappresentante la testa del padre deceduto nel 1933). Durante la Seconda guerra mondiale Giacometti si rifugiò in Svizzera (dove ideò Femme au chariot, il primo prototipo delle slanciate “standing figures” realizzate nel dopoguerra). Tornato nella Ville Lumière nel 1945, Alberto strinse relazioni con alcune delle persone più importanti dell’epoca (oltre a Jean-Paul Sartre, di cui fu buon amico, conobbe la mecenate Marie-Laure de Noailles, la scrittrice Simone de Beauvoir e il colonnello Rol-Tanguy) e sposò Annette, la sua inseparabile musa conosciuta durante la guerra a Ginevra (i due si trasferirono nel 1946 nel minuscolo atelier parigino dello scultore). Ed è nel dopoguerra che Giacometti creò le sue opere più famose – i “walking man” – ed ottenne un successo internazionale. Tra il 1958 e il 1961 Alberto realizzò tre sculture (Tall Woman, Big Head e Walking Man) per la piazza locata davanti alla Chase Manhattan Bank di New York (le opere non vennero mai portate nella grande mela, ma una versione è oggi presente alla Fondation Maeght in Costa Azzurra), nel 1962 ricevette il Gran premio per la scultura durante la trentunesima Biennale di Venezia e nel 1965 le sue opere furono esposte con delle retrospettive alla Tate Gallery di Londra, al MoMA di New York e al Louisiana Museum in Danimarca.
Le stanze Art Déco dell’Institut Giacometti
La Fondazione e l’Institut Giacometti a Parigi
La Fondazione e l’Institut Giacometti – detentori di più di 10.000 opere dell’artista, la più grande collezione di Giacometti insieme a quella della Kunsthaus Zürich – hanno lo scopo di proteggere il patrimonio lasciato dallo scultore (con l’aiuto di alcuni “mecenati“, quali LVMH). L’istituto, installato dal 2018 nel vecchio studio dell’interior designer Paul Follot (1877-1941), è una chicca parigina in stile Art Déco. La stanza principale dell’appartamento di 350mq ospita una biblioteca dedicata a Giacometti e alcune sue grandi opere quali Grand Femme (1958), oggi in dialogo con le sculture dell’artista libanese Ali Cherri. Il pezzo forte è però subito visibile all’ingresso, dove è stato “spostato” l’atelier di Giacometti (di soli 23mq), originariamente locato in Rue Hippolyte Maindron 46. Annette Giacometti, quando fu costretta a lasciare l’abitazione familiare nel 1972, riuscì a portare con sé i pannelli originariamente attaccati alle pareti dello studio, che oggi si trovano all’Institut Giacometti. La piccola stanza contiene alcune delle sculture che hanno ispirato l’artista nella propria pratica (quali una venere preistorica, un busto greco-romano e un ippopotamo dell’antico Egitto), ma anche le opere da lui realizzate negli anni: da una prima fase cubista (Le Couple 1926-1927 e Femme Plate V 1929), la prima Tête de Diego (1914-1915) e le Petit buste de Silvio sur socle (1944-1945), ma anche le rinomate Homme qui marche (1947), Grand figure (1947-1956) e Le Chien (1951).
Le sculture di Alberto Giacometti e di Ali Cherri
Alberto Giacometti nel mercato dell’arte
L’interesse per Giacometti si estende però al di là dei confini dell’istituto – per il 2026 è prevista l’apertura del Museo Giacometti all’ex Gare des Invalides, uno spazio di 7.000mq – e sfocia nel mercato. Alberto Giacometti detiene infatti il record di scultura più cara mai aggiudicata all’asta con L’Homme au doigt (1947), venduta ad una collezione privata nel 2015 da Christie’s New York per 141.3 milioni di dollari. Ma non solo: l’artista detiene anche il record di scultura più cara mai venduta in Europa (ed è stata per diversi anni l’opera più cara mai venduta in Europa in assoluto) con L’Homme qui marche I (1961), battuta da Sotheby’s Londra nel 2010 per 65 milioni di pound (e comprata dalla brasiliana Lily Safra) e il suo nome è citato più volte (nonostante il passaggio degli anni) nella lista delle dieci sculture più costose di sempre.
Lo studio
Tutte le foto sono di Alice Trioschi.