Le imprese familiari rappresentano l’87% del numero totale di società sbarcate sul mercato primario nell’ultimo biennio
Nel primo semestre del 2021 hanno registrato una ripresa dei ricavi del 26,6%. Quasi il doppio di quelle non familiari
La resilienza al covid-19
Guardando più in generale ai numeri dell’Osservatorio, che quest’anno ha analizzato i bilanci di tutte le 11.803 aziende familiari italiane con un fatturato superiore ai 20 milioni di euro (pari al 65,7% delle realtà di quelle dimensioni), la crisi del 2020 ha avuto un peso maggiore di quella del 2009 ma la ripresa registrata nel 2021 è stata ben più forte di quella del 2010. Anche perché, secondo i ricercatori, le aziende familiari hanno avuto il merito di presentarsi all’appuntamento con una solidità patrimoniale decisamente migliore. Nel 2009, infatti, quelle con indicatori di solidità critici rappresentavano il 30,9% contro il 21,8% del 2020. Di conseguenza, le realtà entrate in procedure liquidatorie o concorsuali nel 2009-2010 risultò pari al 4% contro l’1,7% del 2020-2021.
Sempre più leader over 70
“Con questa premessa, abbiamo allargato la visione su tematiche di governance a distanza di un decennio”, racconta Guido Corbetta, titolare della Cattedra Aidaf-EY e co-autore del rapporto insieme a Fabio Quarato. “I modelli di leadership delle imprese familiari, innanzitutto, cambiano lentamente. Se si guarda alle realtà con un fatturato compreso tra i 20 e i 50 milioni, nel 2010 il 32,8% vantava un amministratore unico contro il 32,5% del 2020. E lo stesso vale per presidente esecutivo, amministratore singolo o leadership collegiale”. Ma il segnale più critico riguarda l’età dei leader. Se nel 2010 gli over 70 rappresentavano il 17,5%, nel 2020 questa quota è salita al 27,8%. Gli under 40 sono passati dal 9% al 3,3%. “Un elemento che giudichiamo positivamente, invece, è che i consigli di amministrazione composti esclusivamente da membri della famiglia si sono ridotti di sei punti nell’ultimo decennio e di oltre otto punti nelle aziende di maggiori dimensioni”, continua Corbetta. “La presenza di donne è rimasta sostanzialmente stabile mentre meno di tre aziende su dieci di minori dimensioni hanno almeno un consigliere under 40”.
“Le aziende familiari italiane devono essere parte attiva del cambiamento in un momento di grande ridefinizione del futuro del nostro Paese e del mondo, caratterizzato dagli imminenti investimenti e politiche legate al Piano nazionale di ripresa e resilienza”, interviene Francesco Casoli, presidente di Aidaf. “Sono aziende che, grazie alle loro caratteristiche distintive, hanno mostrato di saper resistere al periodo più critico e complesso della pandemia ma che, soprattutto, hanno dimostrato di saper reagire, contribuendo alla ripresa economica nazionale con solidità patrimoniale, visione di lungo periodo e proattività”.
Come proteggere il patrimonio
In un contesto in cui i mercati finanziari guardano all’inflazione con timore, spaventati del fatto che possa riverberarsi su salari e prezzi dei beni di prima necessità, resta infine da capire in che modo le imprese familiari possano proteggere il proprio patrimonio. E continuare a farlo crescere. “Quando pensiamo alla protezione del patrimonio, la maggior parte dei nostri interlocutori parla di investimenti”, spiega Stefano Vecchi, head of wealth management & private banking di Unicredit. “Ma, oggi, l’elemento fondamentale è la pianificazione: del patrimonio immobiliare ma anche della family governance, della creazione della family holding, di patti di famiglia, di accordi tra generazioni. Questo perché spesso il passaggio generazionale avviene sulla carta ma non nella pratica. C’è bisogno di un’adeguata allocazione del patrimonio tra generazioni. Senza dimenticare il costo di fare azienda. E la necessità di proteggersi in termini di capacità di acquisto nel futuro”.