Martedì 18 luglio 2023 verranno aperte le porte della prima mostra del duo Ilya & Emilia Kabakov al Tel Aviv Museum of Art (Israele), dal titolo Tomorrow We Fly, visitabile fino al 20 gennaio 2024. Un’occasione unica e straordinaria perché è anche la prima inaugurazione senza Ilya.
Celebrato come il più importante artista russo – ma naturalizzato statunitense – del XX secolo, maestro dell’arte concettuale e grande sperimentatore della poesia e delle potenzialità espressive dei materiali, Ilya Kabakov è scomparso a New York lo scorso 27 maggio all’età di 89 anni. L’annuncio è stato diffuso dalla Ilya and Emilia Kabakov Foundation, istituita dalla coppia per promuovere l’arte come mezzo di comunicazione e cooperazione tra culture diverse.
Ilya nasce il 30 settembre 1933 a Dnepropetrovsk (Ucraina Sovietica) e a otto anni si trasferisce con la madre a Mosca dove studia presso la VA Surikov Art Academy. Comincia la sua carriera come illustratore di libri per bambini per poi entrare a far parte di Noma, un gruppo di artisti concettuali che lavorava al di fuori del sistema artistico sovietico ufficiale. Sono anni, questi, in cui realizza opere in maniera clandestina, ironizzando sui dettami del Realismo Socialista e utilizzando materiali economici (come compensato o masonite, ossia pannelli rigidi tipici della costruzione di pareti e pavimenti) per enfatizzare l’idea piuttosto che la manualità.
È del 1985 l’opera L’uomo che volò nello spazio dal suo appartamento, oggi parte della collezione permanente del Centre Georges Pompidou di Parigi, realizzata nel suo studio di Mosca e il primo progetto di “installazione totale”, sviluppata cioè su una intera stanza con il fine di creare un’atmosfera. Una messa in scena attentamente coreografata di oggetti, luci e testo che immerge lo spettatore dentro l’opera d’arte. Questa, rappresenta una narrazione fittizia svolta nei confini di una piccola stanza (m 1,4 x 3,0 x 2,5), una residenza domestica emersa durante l’Unione Sovietica per far fronte alla carenza di alloggi nelle aree urbane. Prevale il colore rosso, le pareti sono ricoperte di poster politici, il pavimento è disseminato di pezzi di intonaco, ci sono oggetti di ogni genere sparsi e un grande buco nel soffitto attraverso il quale una luce accecante cade nella stanza. È impossibile entrare all’interno, davanti al visitatore c’è, infatti, un muro di assi inchiodate insieme frettolosamente, si può solo guardare nella stanza attraverso le fessure e vedere una parte di ciò che sta accadendo. Per l’artista, l’appartamento comunale sovietico era simbolico del modo in cui l’individuo viene esibito ed esposto allo sguardo degli altri. Ma per Kabakov il protagonista riesce a trovare un modo per fuggire da questa opprimente realtà quotidiana, volando.
Ilya Kabakov The Man Who Flew Into Space From His Apartment (1985)
Centre Georges Pompidou, Paris. Musée national d’art moderne/Centre de Création industrielle.
Purchase, 1990 © Ilya & Emilia Kabakov
Nello stesso anno, Ilya vede realizzata la sua prima mostra personale alla Dina Vierny Gallery di Parigi e due anni dopo si trasferisce in Europa occupando una residenza con borsa di studio di sei mesi in Austria a Kunstverein Graz. Nel 1988 conosce Emilia Kanevsky (nata nel 1945 nella sua stessa città ma trasferitasi a New York già nel 1975, dove era mercante d’arte e curatrice), sua compagna di vita e di arte. Similmente al duo Christo e Jeanne Claude, Ilya ed Emilia Kabakov danno forma a un progetto artistico collaborativo, potentissimo e indissolubile, che si è contraddistinto per le grandi installazioni dalla forte valenza concettuale, attraverso cui veicolare messaggi di tolleranza, pace e uguaglianza.
“Stiamo insieme ormai da così tanto tempo che a volte è difficile dire chi ha avuto l’idea”, raccontava Emilia in una intervista. “All’inizio Ilya era un mago e io ero una “apprendista mago”, nonostante lavorassi nel mondo dell’arte già da almeno 10 anni. Parliamo sempre molto, discutiamo di cose diverse, idee, politica, arte e di un milione di altre cose. Quando si tratta di dipinti, posso solo esprimere la mia opinione. Io non dipingo. Con l’installazione, è solo il nostro lavoro. Ci fidiamo l’una dell’altro, ci rispettiamo abbastanza, per essere in grado di ascoltare, discutere e cambiare le cose, se necessario. È molto simile al matrimonio: devi amare, fidarti, rispettare il tuo partner. E il nostro lavoro è la nostra vita, quindi non c’è nessun conflitto di interessi in esso.”
Ilya ed Emilia Kabakov
Sebbene profondamente radicati al contesto sociale e culturale sovietico, dove i Kabakov raggiunsero la maggiore età, la loro Opera parla tanto delle condizioni nella Russia post-stalinista quanto della condizione umana universale, lavorando in ambienti che fondono elementi del quotidiano con quelli del concettuale e lanciando messaggi di grande rilevanza sociale. L’arte dei Kabakov vanta una forte carica utopica che vede la fuga nell’arte e nell’immaginazione come una possibile via di salvezza dalla quotidianità.
Da Ten characters (1988), inaugurata alla Ronald Feldman Fine Arts Gallery di New York, a Where is our place? (2003), presentata per la prima volta alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia durante la Biennale d’Arte, fino a The Toilet (2007), realizzata in occasione di Documenta 12, lo schema non cambia. Il sodalizio artistico propone narrazioni ambientali totali e dal grande impatto visivo – comprendenti elementi architettonici, pittorici, cinematografici e scenografici – e all’interno del quale il pubblico è invitato a muoversi e a interagire e, quindi, a riflettere sulla contemporaneità.
Tra i lavori più celebri e apprezzati è doveroso ricordare The Ship of Tolerance, un progetto multidisciplinare e itinerante, inaugurato alla fine degli anni ’70 (che ha fatto tappa anche in Italia) e la cui missione è educare e mettere in dialogo – attraverso il linguaggio dell’arte – i giovani di diversi continenti, culture e identità.
“Quando abbiamo realizzato per la prima volta The Ship of Tolerance a Siwa, si trattava solamente di uno dei quattro progetti che stavamo presentando. Volevamo diffondere la convivenza fra culture, religioni e tradizioni.”
Una grande installazione che intende far riflettere sul modo in cui differenti culture interpretano la tolleranza e come queste interpretazioni si sovrappongono. Per questo motivo le vele della nave della tolleranza sono cucite insieme dai dipinti di centinaia di bambini di diversa estrazione etnica e sociale, incontrati lungo il tragitto e coinvolti attivamente in ogni tappa attraverso workshop e laboratori organizzati dalla coppia. Partecipando alla creazione di questa nave, gli scolari imparano l’esistenza di diverse culture e pensieri, apprezzando quanto differiscono dalle proprie e ottenendo una importante lezione di tolleranza, di rispetto reciproco e di speranza.
The Ship of Tolerance, photo by Luis Eduardo Martinez Fuentes
Gran parte delle opere dei Kabakov sono state esposte in numerosi musei e mostre internazionali, tra cui la Tate di Londra (1990), Documenta IX di Kassel (1992), XLV Biennale di Venezia del 1993 (con “The Red Pavilion” in rappresentanza della Russia), Whitney Biennial (1997), Biennale di Mosca (2009) e The Hermitage State Museum a San Pietroburgo (2018). Tra i riconoscimenti ottenuti si segnala l’onorificenza di Chevalier et Commandeur de l’Ordre des Arts et des Lettres (1995, 2014) del ministero della Cultura francese, l’Oscar Kokoschka Preis (2002) e la Medaglia per l’Arte dell’Accademia d’Arte di Mosca (2013).
Note di mercato
Anno d’oro di Ilya Kabakov in asta è il 2008, quando è stato venduto anche il suo top lot, Beetle del 1982, una grande tavola dipinta e smaltata, aggiudicata a Londra da Phillips de Pury & Company per £2,6 milioni, più che raddoppiando le stime degli esperti. Un’opera importante che richiama alla mente le origini dell’artista, il quale iniziò la sua carriera negli anni ’50 come illustratore di libri. Si tratta, infatti, di una poesia per bambini sovrascritta sul piano dell’immagine che racconta la storia di un giovane eroe che ha trovato un coleottero luccicante e perfetto per la sua collezione di coleotteri. Ma lo scarabeo “lacrima, cinguetta e gli salta dalle mani” perché “la collezione è l’ultimo posto dove vuole approdare”. Un chiaro riferimento al mercato dell’arte contemporanea che si comporta in modo simile, andando alla ricerca delle opere d’arte più ‘lucide e patinate’ per rinchiuderle poi in insettari da esposizione. Tuttavia, l’artista – per Ilya – se è un autore serio, non vuole essere preso o prosciugato completamente dal mercato e per questo deve seguire un percorso di costante innovazione, passando anche attraverso media come l’installazione, il video o la performance (“chiacchiere e salti”), lavorando su materiali non così facili da vendere. Questo limita certamente il numero di potenziali ammiratori ai soli intenditori, ma rende anche più prezioso il lavoro dell’artista.
Beetle (1982), Courtesy Phillips
In copertina: Ilya Kabakov The Man Who Flew Into Space From His Apartment 1985 Centre Georges Pompidou, Paris. Musée national d’art moderne/Centre de Création industrielle. Purchase, 1990 © Ilya & Emilia Kabakov