Prologo: la questione dei surmoulage di Rodin
Un recentissimo caso deciso dalla Corte d’Appello di Parigi (17 maggio 2024, n° 22/12118) ha trattato l’importante questione della corretta qualificazione delle fusioni postume, ossia delle fusioni di sculture avvenute dopo la morte dell’artista.
L’autore in questione è August Rodin (1840-1917), che tra il 1905 ed il 1908 realizzò 5 sculture di marmo (La morte di Atena, Cristo e Maddalena, La nascita di Venere, La morte di Alceste ed Il sogno) su commissione di un collezionista che ne acquistò la proprietà.
Il collezionista morì nel 1926 e prima o dopo la sua morte lui o i suoi eredi realizzarono 5 esemplari in bronzo fusi a cera persa tratti dalle sculture in marmo. La fusione che viene realizzata da una precedente opera d’arte è comunemente definita “surmoulage”. Le 5 fusioni in bronzo sono diventate oggetto della causa.
La vicenda attuale dei surmoulage di Rodin
L’attuale proprietario ha acquistato nel 1969 le 5 fusioni dal nipote del collezionista e le ha esposte in una mostra nel 2015 accanto ai marmi originali di Rodin presso il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid. Il proprietario ha chiesto quindi al Musée Rodin la conferma che i 5 bronzi fossero considerati edizioni legittimi ed originali in bronzo realizzate con l’autorizzazione di Rodin. Il museo ha risposto negativamente sostenendo che Rodin si fosse riservato il diritto di riproduzione e che, in ogni caso, le fusioni realizzate secondo la tecnica del surmoulage non possano mai essere considerate come originali, ma solo come riproduzioni.
Il proprietario ha quindi fatto causa al museo davanti al Tribunale di Parigi, sostenendo che il museo avesse abusivamente esercitato il proprio diritto morale e chiedendo al Tribunale una sentenza dichiarativa che le cinque fusioni fossero considerate originali, oltre alla condanna del museo al risarcimento dei danni per una somma pari a 30.000.000 di euro. Il museo, dal canto suo ha chiesto il risarcimento dei danni subiti per lesione del proprio diritto morale causato dal tentativo del proprietario di vendere i 5 bronzi come originali. Il Tribunale ha respinto entrambe le domande e concluso che non fosse possibile ottenere una sentenza di accertamento sull’originalità delle sculture.
Il proprietario ha interposto appello ribadendo la richiesta di risarcimento dei danni per abuso del diritto da parte del museo, a meno che il museo non riconoscesse il carattere originale dei bronzi.
Giuseppe Calabi
La sentenza ha salomonicamente dato ragione sia al proprietario, sia al museo. Da un lato, ha riconosciuto che gli eredi del collezionista avessero acquisito il diritto di riproduzione delle 5 sculture in marmo, poiché le stesse erano state realizzate prima della legge francese del 9 aprile 1910, che prevede che l’alienazione di un’opera d’arte non comporti, salvo patto contrario, l’alienazione del diritto di riproduzione.
Quindi, poiché l’acquisto dei marmi era avvenuto prima del 1910, il collezionista aveva anche acquistato ope legis il diritto di riproduzione, e le fusioni erano quindi legittime e come tali erano state acquistate dall’attuale proprietario. Dall’altro, la sentenza ha escluso che i surmoulages potessero essere definite come originali, in quanto secondo la Corte la loro realizzazione non deriva da modelli realizzati “dalla mano dell’artista, che portino quindi con sé l’impronta della sua personalità”.
La sentenza ha anche precisato che il tentativo di vendere i cinque surmoulages come “originali” ha leso il diritto morale del museo, ma in assenza di una prova di danno, l’unica riparazione è la pubblicazione della sentenza. L’unico limite imposto dal proprietario è quello di astenersi dal presentare le opere (o venderle) come “originali”, ed il rifiuto da parte del museo di qualificarle come tali è legittimo.
Oltre Rodin: la questione del surmoulage in Italia
In Italia, l’art. 109 LDA prevede che, mentre la cessione di uno o più esemplari dell’opera non comporta, salvo patto contrario la trasmissione dei diritti di utilizzazione economica, tuttavia “la cessione di uno stampo, di un rame inciso o di altro simile mezzo usato per la riproduzione di un’opera d’arte, comprende, salvo patto contrario, la facoltà di riprodurre l’opera stessa”.
La legge italiana in materia di riproduzione di sculture è quindi simile a quella francese ante 1910. Conseguentemente, il proprietario di una scultura in marmo potrebbe, salvo patto contrario, trarre fusioni da tale scultura, senza che il titolare del diritto d’autore (se ancora vigente: 70 anni post mortem) possa obiettare alcunché, ovvero anche realizzare surmoulages. Ma tali fusioni potrebbero definirsi come “edizioni originali” oppure solo come riproduzioni? L’art. 145 della stessa legge afferma, ma limitatamente al diritto di seguito, che “per opere si intendono … le sculture, purché si tratti di creazioni eseguite dall’autore stesso o di esemplari considerati come opere d’arte e originali”. Quali esemplari possono essere considerati come opere d’arte originali? La questione è aperta.
Sharon Hecker
Da un punto di vista storico-artistico, oggi la parola “surmoulage” ha una connotazione negativa. Ma la parola in sé è neutra e indica una tecnica di “sovrastampa”. Questa tecnica è stata utilizzata per secoli per realizzare copie per motivi di studio, per preservare opere d’arte fragili o quando un modello originale in terracotta, cera o gesso è andato perso. Ma il surmoulage è stato utilizzato anche per creare dei falsi, come quando viene realizzato un nuovo modello non autorizzato da una scultura finita, senza tornare al modello originale dell’artista.
Questo è uno dei problemi che ha portato la College Art Association a pubblicare uno Statement on Standards for the Production and Reproduction of Sculpture. CAA definisce il surmoulage come una riproduzione per mezzo di una fusione di bronzo da un bronzo finito, anziché dal modello originale. Può essere dannoso se: viola i diritti dell’artista di limitare le proprie fusioni da terracotta, cera o gesso; viola l’integrità del bronzo originale, perché il surmoulage sarà più piccolo in scala e di minore definizione, e quindi di qualità inferiore; svaluta l’edizione originale in bronzo.
La particolarità del caso Rodin
Può essere altrettanto dannoso se il pubblico sia tratto in inganno su quali siano i bronzi realizzati utilizzando i gessi, cere e terrecotte dell’artista, o se non vi sia limite alle future rifusioni da bronzi, con conseguente ulteriore perdita di qualità. Per CAA, qualsiasi bronzo realizzato a partire da un bronzo finito, a meno che non sia stato eseguito sotto la supervisione dell’artista o degli eredi, è “non autentico”, perché imita, assomiglia o è una copia dell’originale, anche quando non implica un intento decettivo.
Il caso Rodin è particolare perché si tratta di bronzi realizzati da marmi, anche se la causa rileva che questa prassi è già stata utilizzata. Chiamarli “originali”, come chiedono gli attuali proprietari, è fuorviante, poiché queste opere non provengono dai modelli originali dell’artista. Anche se non si tratta di bronzi creati da bronzi, queste opere sono state realizzate utilizzando la tecnica del surmoulage e, inoltre, modificano il materiale originale utilizzato per l’opera da parte dell’artista.