“Allenamento” è il concetto che ricorre più spesso, intervistando Cristiana Fiorini, direttrice generale di Intesa Sanpaolo Private Banking, sui servizi di art advisory che la banca offre. Un’attitudine che include il desiderio perenne di migliorarsi unita a un sano spirito competitivo. Come quello della consulenza patrimoniale sui beni d’arte, in pancia al gruppo guidato da Carlo Messina ben prima del suo lancio ufficiale, avvenuto nel 2015. Il servizio infatti esisteva già da prima, ma in maniera meno formalizzata. Oggi invece, nell’ambito della direzione wealth management, l’art advisory di Intesa Sanpaolo Private Banking si configura come uno dei servizi strategici per la gestione del patrimonio, e la dg Cristiana Fiorini ne è entusiasta sostenitrice. L’abbiamo incontrata il 3 aprile 2025, in occasione della pre-apertura di miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano (al pubblico: 4-6 aprile). Anche quest’anno la banca è main partner della kermesse.
Dr.ssa Fiorini, come è cambiato il servizio di art advisory di Intesa Sanpaolo PB negli anni?
«Rispetto a dieci anni fa, abbiamo fatto grandissimi passi avanti. Oggi il nostro servizio di art advisory è vero, reale; non c’è il rischio di confonderlo con un’etichetta da brochure commerciale. Già nel 2015 ci avvalevamo di esperti indipendenti, ma era ancora un po’ difficile che il private banker parlasse con il cliente di tematiche non strettamente finanziarie. Negli anni, abbiamo allenato i nostri consulenti anche in questo. Ormai, siamo dediti alla promozione della cultura e alla gestione integrata del patrimonio finanziario dei nostri clienti a 360 gradi. Inoltre, oltre che su professionisti indipendenti esterni, possiamo contare anche sul grande nome di Intesa Sanpaolo e delle Gallerie d’Italia. Siamo focalizzati sulla valorizzazione e conservazione dei patrimoni artistici, sulle tematiche fiscali, affiancando i professionisti del cliente. L’esigenza di far valutare, chessò, dei quadri importanti, c’è sempre stata; ma prima non ci si affidava alla banca. Ora invece sì».
La banca del resto piace per la sua affidabilità, per il suo essere istituzionale.
«Esatto».
Ma questa esigenza di formalizzare la nascita del dipartimento è nata dalla domanda sempre più frequente della clientela o per “allinearsi” ad alcuni grandi istituti esteri?
«In Italia siamo stati davvero degli antesignani. Dieci anni fa la rete commerciale non era pronta. Oggi è normale. Ma questa “normalità” non si è realizzata per caso: ci abbiamo lavorato tanto e tanto stiamo lavorando su tutte le tematiche non finanziarie. Io penso che sia sempre una questione di creare stimoli per i private banker, raccontando storie di successo. Poi certo, nel tempo il servizio si è arricchito grazie alle crescenti richieste del cliente; ma anche noi siamo diventati più bravi ad affinare la sua domanda. È proprio un allenamento a questa modalità di lavoro che stiamo portando avanti da tanto tempo».
In che modo vi “allenate”? Istruite i banker in sede oppure li volete già formati, magari laureati in economia dell’arte?
«No, no. Investiamo tanto in informazione. Per esempio, ormai da qualche anno abbiamo istituito un appuntamento ricorrente con la rete, ogni mese, in cui si parla di queste tematiche. Il tasso di partecipazione è elevatissimo. La nostra rete è di circa 800 private banker: l’ultima volta erano collegati in 670. Tenendo conto che alcuni erano in appuntamento col cliente, si capisce subito che entusiasmo ci sia. Praticamente corale».
Quali previsioni per i prossimi anni, non solo a fronte del tanto citato passaggio generazionale, ma anche di altre dinamiche?
«Più che una previsione, ho un sogno. Se la compliance lo permetterà, mi piacerebbe che gli acquisti in arte avvenissero con la stessa logica dell’asset allocation. Al di là dell’acquisto di pancia, le opere d’arte sono una riserva di valore. Acquistarle in una logica di pianificazione finanziaria significa proteggersi nei momenti di volatilità. La cultura sta cambiando anche in questo senso: prima si voleva investire solo nell’immobiliare; poi vi si sono affiancati i mercati privati (che resteranno), quindi l’arte. Qualche cliente mi ha proprio detto: perché devo mettere 500.000 euro in un fondo privato, quando mi posso comprare magari un piccolo Boetti? Noi in quanto banca non eroghiamo pareri, ma ascoltiamo i clienti e, sottolineo, affianchiamo i professionisti di cui già si avvalgono».
In quanti in Intesa Sanpaolo Private Banking si occupano di art advisory?
«Nove persone si occupano di wealth planning, e tra questi servizi c’è anche il servizio di art advisory con due persone dedicate. Poi ci sono i professionisti esterni».
Qual è il servizio più richiesto all’interno di quelli di consulenza artistica?
«La valutazione: magari si pensa di avere in casa un vero Fontana, e non è così. Ma anche la tematica fiscale resta molto in voga».
Una “Blu exit” alla contrazione del mercato dell’arte (non avvertita in Isp)
Intercettiamo anche Michele Coppola, direttore centrale arte, cultura e beni storici, Intesa Sanpaolo e direttore delle Gallerie d’Italia. Gli domandiamo se la contrazione globale del mercato dell’arte nel 2024 ha in qualche modo impattato i servizi di art advisory di Isp. La risposta è negativa, e anzi fa cenno al momento propizio per acquisire nuove opere: «Non ricordiamo un anno così ricco di attività dedicate all’arte come il 2024. In realtà la diminuzione di valore economico [delle transazioni globali] non si registra nell’attenzione verso le proprie collezioni, le eredità, gli acquisti fatti magari risparmiando anche qualche euro».
Fa cenno allo splendido Rauschenberg appeso nella Intesa Sanpaolo Private Lounge di miart. È Blu exit, esemplare della serie “Combine Painting” che consacrò il maestro americano come uno dei protagonisti della grande pittura contemporanea internazionale. «Venire con un pezzo di patrimonio così significativo è la prova provata che non c’è alcuna preoccupazione rispetto a un asset che tra l’altro incrementa il proprio valore».

Robert Rauschenbergh, Blue Exit
La scelta di Robert Rauschenberg si deve alle celebrazioni per il centenario della nascita dell’artista (la curatela è di Luca Massimo Barbero). L’esposizione prosegue idealmente nel caveau delle Gallerie d’Italia in piazza della Scala, eccezionalmente aperte al pubblico su prenotazione nei giorni di miart. Qui sono esposte tre opere dell’artista selezionate dalla prestigiosa Collezione Luigi e Peppino Agrati, oggi parte delle collezioni del gruppo Intesa Sanpaolo grazie al lascito del Cavalier Luigi Agrati. I dipinti sono Scripture, 1974, Gulf, 1969, Clearing, 1969.

Robert Rauschenberg, Clearing
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