Il destino di chi decide di amministrare le proprie finanze in autonomia, in buona parte dei casi, passa da un acronimo: Etf. In parole semplici, l’Exchange-traded fund, è l’alternativa più semplice e trasparente al tradizionale fondo comune che, ancora oggi, costituisce la tipologia di prodotto più raccomandato dalle reti bancarie.
Chi investe in autonomia tende a preferire l’Etf per almeno tre motivi:
- Costa meno (e quindi, statisticamente, rende di più). Secondo i dati più aggiornati dell’Autorità europea di vigilanza sul mercato, un Etf azionario costa ogni anno lo 0,2% del controvalore investito in commissioni di gestione ossia oltre l’86% in meno rispetto al fondo comune azionario medio (che costa l’1,5% all’anno). Perché conta? Ogni anno i costi riducono le performance complessive con risultati che si accumulano anno dopo anno. Il minor costo degli Etf non è dovuto a una peggiore qualità della gestione: questi prodotti, nella maggioranza dei casi tracciano fedelmente l’andamento degli indici di riferimento e quindi l’andamento di mercato. Al contrario, i fondi comuni sono tipicamente gestiti da un team di professionisti che cercano di superare l’andamento del mercato di riferimento. Ma le probabilità remano contro di loro, perché battere il mercato è difficile per molti anni consecutivi. Secondo le analisi di S&P: nell’orizzonte degli ultimi 15 anni non esiste categoria di fondo comune (azionario, obbligazionario, in qualsiasi regione del mondo) che abbia battuto gli indici di riferimento.
- Sono più trasparenti. Chi acquista un Etf, sa esattamente cosa “c’è dentro”. La composizione delle azioni o delle obbligazioni che compongono un Etf derivano da un preciso indice di riferimento che il prodotto ricalca fedelmente. Vuoi evitare di investire denaro in aziende che disapprovi? Acquistando un Etf è facile controllare verso quali imprese sta andando il denaro, contribuendo a sostenerne il valore di mercato.
- Permettono trading a seduta aperta. Gli Etf sono quotati in Borsa, proprio come le azioni e i bond. Al contrario, il valore dei fondi comuni viene aggiornato solo a fine giornata, a Borsa chiusa. Anche se il trading è spesso un’arma che può colpire chi la usa, avere la possibilità di acquistare e vendere anche nell’immediatezza della seduta di Borsa è una caratteristica apprezzata da chi si ritiene abbastanza esperto da gestire in autonomia le proprie finanze.
Se sono così vantaggiosi, perché il mio consulente finanziario non mi ha parlato degli Etf? A meno che non si tratti di un professionista pagato a parcella, che ha tutto l'interesse a spingere la performance del portafoglio del cliente per giustificare i suoi costi, gli Etf hanno un minore appeal per i consulenti finanziari.
La ragione è semplice: gli accordi distributivi che le banche stringono con le case di gestione prevedono che una parte delle commissioni che il cliente paga periodicamente vengano “girate” alla banca stessa e al consulente che ha raccomandato il prodotto. E' una forma di consulenza che ha un incentivo integrato, per quanto deve essere conciliata con le vere esigenze dell'investitore. Al contrario, nessuna fetta delle commissioni pagate sugli Etf vengono percepite dalla banca e dal consulente finanziario. Di conseguenza, se quest'ultimo dovesse incoraggiare la vendita di un fondo comune per fare spazio all'acquisto di un Etf, il professionista, di fatto, perderebbe denaro. In compenso, i consulenti pagati attraverso le commissioni dei prodotti finanziari non chiedono parcelle dirette – un vantaggio importante (o un valido escamotage) se si considera che un'elevata percentuale degli italiani si dice non disponibile a pagare il consulente finanziario.
Chi avesse voglia di approfondire il dibattito sull'impatto delle retrocessioni sui risultati finanziari dei risparmiatori deve sapere che, a livello europeo, è in corso una riforma (Retail investment strategy) che punta, fra le altre cose, a rendere sempre più chiaro quali sono le alternative di investimento disponibili sul mercato.
I fondi comuni, secondo i dati internazionali, stanno costantemente perdendo rilevanza in termini di nuovi flussi di acquisto, rispetto agli Etf. Tuttavia, possono restare un'opzione per perseguire strategie specifiche o per contenere la volatilità degli indici attraverso una gestione attiva che permette di adeguarsi a una propensione più prudente dell'investitore.
Come si investe in Etf
Che si disponga già di un rapporto di consulenza presso una banca, oppure si faccia da sé, acquistare un Etf è un po' come comprare un titolo finanziario quotato tradizionale. Presso il proprio intermediario, oppure piattaforme online è necessario aprire un conto titoli. Chi volesse la comodità massima e non intende fare molte operazioni (in stile investi e dimentica), può optare per la propria banca: i costi della transazione saranno maggiori, ma non servirà rivolgersi ad altri attori. Non esistono banche “che non trattano Etf”: sono quotati in Borsa e, se la decisione è presa, il consulente è tenuto a trasmettere l'ordine d'acquisto, come farebbe per un Btp o un'azione. Un'alternativa più economica in termini di costi di transazione è aprire un conto titoli presso un altro intermediario con sede in Italia, fatto che semplifica il pagamento delle tasse grazie alla possibilità di scegliere il risparmio amministrato. I broker stranieri hanno costi di transazione ancora più bassi, ma ai fini fiscali richiedono il cosiddetto regime dichiarativo, che è un onere burocratico in più. Per chi fosse interessato a comprare Etf tramite un proprio conto, We Wealth aveva confrontato i costi di vari conti titoli in questo articolo.