In caso di dubbio sul significato di una disposizione testamentaria, deve privilegiarsi il significato più favorevole alla conservazione delle disposizioni mortis causa
Con una recente sentenza, n. 35807 del 2023, la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di successione testamentaria.
In particolare, uno degli ambiti su cui i giudici della Suprema Corte si sono espressi attiene all’interpretazione della volontà del testatore.
Più nel dettaglio, nel caso di specie la questione verteva attorno all’interpretazione delle volontà testamentarie in riferimento all’utilizzo del termine “soldi”. Espressione, questa, con cui il de cuius voleva designare oltreché il denaro contante anche il suo patrimonio mobiliare, nonché quello investito in prodotti finanziari.
Poiché ai fini della corretta interpretazione del testamento bisogna prendere in esame la cultura, la mentalità e l’ambiente di vita del testatore, secondo i giudici di appello, l’espressione “soldi” non poteva essere intesa in senso restrittivo. Al contrario, il de cuis con detto termine intendeva distribuire tra eredi e legatari il proprio patrimonio mobiliare, comprensivo quindi anche di forme di investimento diverse dal denaro.
Come scrivono i giudici della Corte: il de cuius, quasi facendo ricorso ad una sineddoche, aveva fatto riferimento ai soldi con l’intento evidente di voler includere nell’espressione anche il denaro investito in titoli convertibili in liquidità con semplici operazioni contabili.
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L’interpretazione del testamento
In materia di interpretazione delle volontà testamentarie sono applicabili le regole di ermeneutica dettate dal codice in tema di contratti, con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di atto unilaterale non recettizio del negozio “mortis causa”.
L’interpretazione del testamento è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più penetrante ricerca, aldilà della dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua dell’art. 1362 c.c., va individuata con riferimento ad elementi intrinseci alla scheda testamentaria, sulla base dell’esame globale della scheda stessa e non di ciascuna singola disposizione, potendosi, ove dal testo dell’atto non emergano con certezza l’effettiva intenzione del “de cuius” e la portata della disposizione, fare ricorso ad elementi estrinseci al testamento, ma pur sempre riferibili al testatore, quali, ad esempio, la personalità dello stesso, la sua mentalità, cultura o condizione sociale o il suo ambiente di vita.
Favor testamenti
È il principio secondo cui, quando vi è incertezza circa le reali intenzioni del testatore contenute in un testamento o se l’incertezza si determina per via della coesistenza di due testamenti successivi contenenti disposizioni tra loro parzialmente o totalmente incompatibili, fra le diverse interpretazioni possibili si deve prediligere quella che consenta più delle altre consenta la conservazione della disposizione testamentaria.
Inoltre, sempre in applicazione del principio del favor testamenti, si tende, in fase di interpretazione, a considerare valide quelle disposizioni che appaiono destinate dal testatore ad una cerchia ristretta di beneficiari, ove i criteri di identificazione siano stati forniti dal de cuius o siano di facile e pronta intuizione.