Le generazioni nate nei paesi occidentali dopo la fine del secondo conflitto mondiale non hanno fortunatamente vissuto una guerra sul loro territorio nazionale. Tuttavia, l’esperienza della pandemia odierna potrebbe avere effetti complessivi ancora più severi di un conflitto sulla nostra società e sul nostro precedente stile di vita.
Di recente mi sono imbattuto in una riflessione di un esperto economico davvero interessante: in futuro potremmo ripensare al covid come al “momento di Pearl Harbor” della nostra epoca. Il primo vero “attacco interno” alle nazioni occidentali del XXI secolo. Come dopo Pearl Harbor, ne potrebbe conseguire un periodo in cui le avversità estreme stimolano l’innovazione e i cambiamenti di comportamento, per contribuire ad affrontare alcune tra le più grandi sfide epocali.
Quando i giapponesi attaccarono gli Usa nel 1941, l’artiglieria statunitense era per il 75% trainata da cavalli e il primo antibiotico – la penicillina – iniziava con molte titubanze ad essere utilizzato negli ospedali. Dopo solo quattro anni, alla fine della guerra era iniziata l’era atomica e maturata l’idea della conquista dello spazio.
Un incredibile processo di accelerazione – che ha dato impulso a un periodo di innovazione e crescita dell’economia degli Usa tale da renderli per decenni il motore dell’economia e dello sviluppo mondiale. Allo stesso modo il covid potrebbe essere l’inizio di un’era nuova. Abbiamo visto in poco più di un anno, uno sviluppo miracolosamente rapido dei vaccini e stiamo vivendo con modalità – pur se dettate dall’emergenza – che mai avremmo pensato potessero accadere e imporsi tanto rapidamente.
Come dopo una guerra, dovremmo affrontare con serietà e con lungimiranza gli investimenti strutturali per la ricostruzione, quel Recovery plan oggi tanto discusso sia per la potenza di fuoco che dovrebbe dispiegare che per la strategicità, nel quale – come era avvenuto in passato, con una scala addirittura inferiore, con il piano Marshall – finanziamenti pubblici a fondo perduto e a tassi agevolati, unitamente agli investimenti privati dovrebbero creare un circuito virtuoso tale da consentirci di creare un mondo nuovo, auspicabilmente migliore.
Un pilastro essenziale per concepire e realizzare questo mondo nuovo del XXI secolo è rappresentato necessariamente dall’investimento nell’educazione e nell’istruzione.
Per il nostro Paese, il recovery plan rappresenta un’occasione unica per investire e rinnovare l’edilizia scolastica, costruendo edifici sicuri ed efficienti energeticamente, altamente connessi e digitalizzati, nei quali i nostri studenti trovino mezzi e risorse per eccellere ed esprimersi adeguatamente.
Ma, questi investimenti non hanno solo un altissimo valore sociale e per il futuro della nazione. Sono investimenti molto interessanti anche sotto il profilo del rendimento e dell’impiego delle risorse in segmenti alternativi ai comparti oggi messi più a repentaglio dalla pandemia, gli immobili ad uso ufficio in primis.
In Francia gli investitori hanno già da tempo compreso questa opportunità strategica. Negli ultimi dieci anni, family office e i fondi di private equity hanno messo gli occhi sui gruppi scolastici privati e sugli investimenti immobiliari connessi. Gruppi di investitori come Edh (specializzato nella formazione per le professioni della comunicazione e del design), Ik Investment Partners, Providence Equity Partners hanno da tempo concentrato gli investimenti sull’istruzione creando realtà come Galileo Global Education, il leader francese dell’insegnamento superiore privato e numero due al mondo (che detiene tra gli altri Istituto Marangoni, Paris School of Business, Cours Florent, Penninghen, Strate École de design, Instituto de Estudios Universitarios in Messico e Macromedia University in Germania) di recente ceduto al fondo canadese Canada Pension Plan Investment.
A che punto siamo con questi investimenti in Italia?
Nel maggio del 2018 il Ministero dell’Istruzione, Prelios Sgr, Invimit, Agenzia del Demanio e alcune amministrazioni locali hanno lanciato il Fondo infrastrutture scolastiche, un nuovo fondo immobiliare di durata ventennale che ha l’obiettivo di investire in immobili adibiti alle funzioni scolastiche e alle attività connesse, trasformando vecchie scuole e costruendo nuovi poli.
I vecchi edifici ormai dismessi e le altre aree apportate saranno quindi interamente riqualificati, per essere immessi sul mercato immobiliare, al fine di ospitare nuove strutture residenziali, uffici e servizi commerciali a servizio delle comunità locali.
Si tratta di un primo progetto di investimento, ma di certo assai significativo e importante. L’auspicio è che altri investitori seguano questo percorso e indirizzino risorse nuove nel vero futuro del nostro Paese e della nostra società: il progresso e la conoscenza, in tutti gli ambiti possibili. Come diceva Nelson Mandela, la scuola è l’arma più potente per cambiare davvero il mondo.