Nella Cappella de’ Pazzi, grazie a Limosani, ha preso letteralmente vita un progetto unico nel genere e negli intenti. «Del tutto diverso dalle mostre esperienziali che si limitano a proiettare sulle pareti dei musei immagini in alta definizione delle opere digitalizzate», sottolinea lui stesso.
©Massimo Listri
Felice Limosani ha digitalizzato le immagini di Gustave Doré in altissima risoluzione, trasformandone la proporzione originaria da verticale in orizzontale. In tal modo, ha potuto aumentarne il campo visivo di 2:3. Scelta essenziale per potenziare l’immersività dell’opera e per veicolare la percezione delle scene da lui animate «attraverso i nuovi libri» della contemporaneità, ossia schermi Tv, computer, tablet, applicativi di realtà aumentata e realtà virtuale perché «la lettura si compie solo con la nostra percezione».
Il ciclo del loop grafico-musicale dura 20 minuti. La musica gregoriana è stata scritta ad hoc dallo stesso Limosani, negli anni ’90 affermato dj e produttore, dopo aver studiato gli spartiti di Perotin e Ildegarda di Bingen. Le parole sono quelle del Padre Nostro, «preghiera universale. La preghiera è l’unico atto che ci mette in relazione con noi stessi per trovare quella forza che ci conduce alla sopravvivenza. Nei momenti in cui tutto è perduto, cominciamo a pregare per chiedere aiuto a Dio. Ma in realtà è a noi stessi che lo chiediamo». Prosegue l’artista: «Nel deserto non esiste traccia musicale, io però me la sono immaginata. Del resto che cos’erano le terzine di Dante se non musica, matematica? Lui aveva compreso il ritmo delle parole. E la sua opera vivrà in eterno perché il messaggio che comunica è diverso per ognuno di noi. Perché ciascuno di noi è una persona unica».
©Massimo Listri
L’artista racconta di aver compiuto un viaggio «dall’arte cinetica a quella digitale. I linguaggi espressivi stanno sfumando i loro confini. Mettervi dei paletti significherebbe costringerli in una camicia di forza. Dico di più: il connubio fra arti e tecnologie esprime una forza che è maggiore della somma delle singole componenti». Del resto, siamo nel «momento storico più opportuno per ibridare. Quella del riutilizzo è una formula anche culturalmente sostenibile. Mi interessa che il nostro patrimonio storico, artistico e culturale non solo venga archiviato e custodito, ma anche tramandato nel modo più vitale possibile in questa epoca di transizione».
Felice Limosani. ©Massimo Listri
Il progetto, che ha il supporto del Centro Pio Rajna – Centro di studi danteschi per la ricerca letteraria, linguistica e filologica, gode anche della legittimazione scientifica di un comitato d’eccellenza, il cui direttore è Enrico Malato, filologo, critico letterario e storico della letteratura, professore emerito di Letteratura italiana all’Università Federico II di Napoli. Una copia della monumentale opera è stata acquisita per la tutela a lungo termine dalla Digital Collection di Harvard. E quando la mostra sarà terminata, tutta l’opera sarà acquistabile in Nft, secondo modalità che l’artista comunicherà in seguito.
Se Dante aveva la sua Beatrice, anche quest’opera innovativa in suo onore la ha. È Maria Beatrice Garagnani Ferragamo, presidente onorario del comitato scientifico di Dante – Il Poeta Eterno: «Sono venuta a conoscenza di questo progetto un paio di anni fa, e subito ne ho colto il valore e le potenzialità. Nella mia veste di facilitatore culturale, mi sono mossa per avere il sostegno delle istituzioni pubbliche e dei partner corporate (main partner: Tim, Eni, Intesa Sanpaolo, Poste Italiane, ndr). Senza il loro supporto, il progetto non esisterebbe. Non si tratta però solo di un’elargizione di fondi: la valorizzazione è in primo luogo culturale; io facilito le relazioni per rendere possibile tutto quanto possa arricchire con la sua bellezza l’umanità». I fatti le stanno dando ragione. Nel solo primo mese di apertura (dal 13/09/2021) al pubblico, i visitatori sono stati 30.000. Un successo che lascia sperare in un prolungamento oltre la data di chiusura inizialmente prevista per il 10/01/2022.