È stata una settimana elettrizzante per il mondo dell’arte. Dopo lo scossone sulla non autenticità del
Salvator Mundi, è arrivata a far da contrappeso la scoperta di un nuovo Caravaggio nella penisola iberica. Il quadro,
Ecce Homo (olio su tela, cm. 111 x 86), da sempre considerato di scuola caravaggesca (José de Ribera), era nel catalogo della casa d’aste Ansorena con il titolo di
La Coronacìon de espinas per essere venduto l’8/04/2021.
Il prezzo stimato? Circa 1500 euro. Ma, a poche ore dall’inizio della vendita, la casa ritira il lotto «per un eccesso in interesse». Intanto, il ministero della cultura spagnolo provvede a diramare un divieto di esportazione per l’opera, dopo che gli esperti del Prado di Madrid hanno dichiarato che
sussiste «sufficiente evidenza empirica e documentale» perché il quadro sia di Caravaggio.
Il dipinto rappresenta l’incoronazione di spine di Gesù Cristo.
La fioca luce scende diagonalmente a colpire il petto di Gesù, il suo volto reclinato verso la spalla sinistra, rilevando gli occhi socchiusi. Come scrive lo storico dell’arte Massimo Pulini su Avvenire, «il viso di Cristo ha inclinazione e tipologie che ritroviamo nella
Madonna dei Palafrenieri che è proprio del 1605, stessa la virgola di luce che, scavalcata la cupola dell’occhio socchiuso, rileva la radice del naso».
Fra i primissimi esperti ad accorgersi della genesi dell’opera è stata la studiosa Maria Cristina Terzaghi (Università di Roma 3). «Mi sono accorta che le mani di Pilato presentano lo stesso modo di gesticolare presente nella Madonna del Rosario di Vienna». Secondo la storica, depongono a favore dell’attribuzione anche la tensione di Pilato, che si sporge dal balcone; la «sovrapposizione dei piani in una sorta di campo lungo e il gioco di prospettiva fra Pilato, Cristo, e colui che alle spalle gli mette il mantello. Stilisticamente dovrebbe appartenere al periodo napoletano dell’artista.
Lo aveva già scritto 450 fa Giovanni Pietro Bellori, nella sua Vita de’ pittori (1672): «Alli signori Massimi colorì un Ecce Homo che fu portato in Ispagna». Inoltre, come ricorda Massimo Pulini, nel 1987 Rossella Barbiellini rinvenne nell’archivio Massimi di Roma due note: «Io Michel Ang.lo Merisi da Caravaggio mi obligo a pingere all Ill.mo Massimo Massimi per essere stato pagato un quadro di valore e grandezza come è quello ch’io gli feci già della Incoronazione di Crixto per il primo di Agosto 1605. In fede ò scritto e sottoscritto di mia mano questa, questo dì 25 Giunio 1605». E poi: «A dì marzo 1607 io Lodovico di Giambattista Cigoli o ricevuto da Nobili sig.r Massimo Massimi scudi venticinque a buon conto di un quadro grande compagno di uno altra mano del sig.r Michelagniolo Caravaggio… in fede mia o scritto in Roma. Io Lodovico Cigoli».
Lo studioso ritiene si tratti proprio del quadro commissionato al pittore da Massimo Massimi nel 1605. Un monsignor Innocenzo Massimi, divenne poi nunzio apostolico in Madrid (1623). Potrebbe essere stato lui a portare in Spagna il dipinto. Oppure, nel 1659 potrebbe essere stato il vicerè di Napoli dopo averlo acquistato, come sostiene la Terzaghi.
Il polverone mediatico si è alzato. Ma come insegna la vicenda del Salvator Mundi, adesso è ora che si sottoponga l’Ecce Homo a un rigoroso e paziente processo di analisi, aperto a tutti gli studiosi del campo. Lontano dai riflettori.
È stata una settimana elettrizzante per il mondo dell’arte. Dopo lo scossone sulla non autenticità del Salvator Mundi, è arrivata a far da contrappeso la scoperta di un nuovo Caravaggio nella penisola iberica. Il quadro, Ecce Homo (olio su tela, cm. 111 x 86), da sempre considerato di scuola caravag…