Le grandi banche stanno liberando molti spazi nelle torri simbolo di Milano. L’ultima è stata Unicredit che ha già liberato i 20 piani della torre in piazza Gae Aulenti per subaffittarli ad alcune società (e avrebbe in programma, come riportato da Bloomberg, di investire circa 1 miliardo per il campus a Milano, che ospiterà la sua nuova sede centrale e riunirà in esso tutti i dipendenti nel 2030).
Ma non è l’unica. Anche Bnp Paribas ha già liberato due piani della Torre Diamante nella logica di una migliore gestione e sostenibilità degli spazi. Intesa Sanpaolo, che da poco aveva inaugurato il noto grattacielo “Scheggia” in via Melchiorre Gioia, ha già avviato progetti per un utilizzo più intelligente delle strutture liberando spazi per quasi 260 mila mq.
Ma il fenomeno, che origina in larga misura da un modello di lavoro post-covid assai diverso, molto più ibrido tra presenze in ufficio e smart working, non si limita alle banche. Citylife, altro importante centro direzionale milanese, è attenta a non far trapelare notizie di cambiamenti nonostante Generali (Torre Hadid), Allianz (Torre Isozaki) e Pwc (Torre Libeskind) facciano ampio uso dello smart working.
Il mercato degli uffici: l’esempio di New York
Che succede dunque nel mercato degli uffici? A New York, per avere un riferimento in un mercato che ha sempre anticipato le tendenze, si stanno lentamente ma inesorabilmente svuotando interi grattacieli occupati da uffici a Midtown e Downtown lasciando sfitti spazi per circa 9,3 milioni di mq (una superficie pari a quasi 27 volte l’Empire State Building). Il destino di questi spazi è la riconversione residenziale, considerato che anche i co-working sembrano un modello in difficoltà (basti pensare al fallimento di We-Work).
Il mercato degli uffici: la (possibile) soluzione per il caso di Milano
Il mercato degli uffici è dunque in grande affanno negli Stati Uniti e l’onda lunga pare stia arrivando anche in Europa.
Questo dovrebbe far riflettere le amministrazioni locali sui modelli di riconversione urbana, per non lasciare la responsabilità ai soli operatori immobiliari, che senza un modello amministrativo efficiente e coerente, difficilmente potranno far fronte alla crisi di questo segmento di mercato.
Se a Milano servono meno uffici e più case, che siano anche un po’ luoghi di lavoro, perché non fare come a New York dove il sindaco Adams, ha istituito un gruppo di lavoro per riconvertire rapidamente i grattacieli semivuoti del financial district in residenze contribuendo così al ripopolamento del centro?
Dalla creazione all’abbandono delle torri “simbolo”
D’altro canto, l’abbandono delle torri “simbolo” fa anche riflettere sulle prospettive economiche, quantomeno se si considera il parallelismo storico e i corsi e ricorsi che inesorabili si rincorrono.
Fa riflettere che agli inizi del Novecento, nella New York dei grandi banchieri, era Firenze l’icona del massimo splendore da emulare: quando si costruì il Palazzo della Federal Reserve l’architetto si ispirò a Palazzo Vecchio, a Palazzo Pitti e soprattutto a Palazzo Strozzi. Le torri ne erano il vero simbolo.
Le prime grandi famiglie di banchieri della Firenze della fine del Duecento, infatti, quando la Toscana era la piazza finanziaria per eccellenza, iniziarono a rivaleggiare nella costruzione di torri che – oltre a essere un’abitazione e offrire rifugio in caso di pericolo – erano il simbolo del prestigio della famiglia.
Ecco che si ergono le torri dei Marsili, dei Mannelli e tra le più alte quella dei Bardi.
Poi arrivò il primo grande crack della storia della finanza. Nel 1345 Edoardo III d’Inghilterra decise di annullare il debito che aveva contratto con i Bardi e i Peruzzi per finanziare una guerra fallimentare e le conseguenze furono drammatiche: rapidamente falliscono non solo le famiglie dei grandissimi prestatori, ma tutta la rete di finanziatori, di cui Bardi e Peruzzi sono i capifila e i garanti. Come in un effetto domino conseguente e inarrestabile, non solo le famiglie di mercanti-banchieri perdono l’enorme quantità di denaro investito, ma vengono anche accusati di malversazioni e sospesi o esclusi da mercati e reti europee.
Insieme a loro tutta una filiera di piccoli investitori finanziari affonda in una crisi potenzialmente letale.
E cosa fece il Comune di Firenze? Ordinò di abbassare le torri. In alcuni casi di abbatterle.
Ecco che il tessuto urbano rappresenta plasticamente le disavventure sociali e imprenditoriali.
Tuttavia, da quel crack, nacque anche l’enorme ricchezza dei Medici e la propulsione al rinascimento. Con la caduta dei banchi dei Bardi, dei Peruzzi, degli Acciuoli, furono gli Alberti a primeggiare, la loro compagnia era presente a Londra e sulle principali piazze europee, aveva un rapporto consolidato con le Fiandre e, soprattutto, con il Papato. Ma dopo il tumulto dei Ciompi nel 1382 la famiglia Alberti fu bandita da Firenze.
E il vuoto che si venne a creare fu sfruttato dai Rucellai, dai Pazzi, dagli Strozzi e, principalmente dai Medici.
Il Banco Medici, una sorta di spin off del banco trecentesco di Vieri di Cambio de’ Medici, aprì filiali in tutta Europa e seppe creare un brand, un alone di esclusività, privilegiando sin da subito i rapporti con i Sovrani, principi, ministri, cardinali, vescovi, condottieri e grandi mercanti, creando il primo modello di private banking, investendo molto come “forma di pubblicità” nell’arte e nel patrimonio architettonico.
Il modello della banca era più una sorta di holding, nella quale accanto al principale ramo bancario vi erano anche attività e partecipazioni industriali nella manifattura e nel commercio della lana, della seta e nel monopolio del commercio di allume (fondamentale per la lavorazione della lana).
Ogni filiale del ramo bancario aveva un elevato grado di autonomia dalla sede centrale, ogni direttore della filiale veniva remunerato con azioni della stessa filiale e diventava pertanto partner.
Anche le sedi del gruppo dovevano essere la dimostrazione della magnificenza medicea: si pensi al palazzo del Banco Mediceo a Milano, la cui realizzazione fu affidata a Michelozzo e affrescato da Vincenzo Foppa e Zanetto Bugatto: divenne dal 1459, anno della sua ultimazione, un esempio straordinario del rinascimento lombardo.
Gli immobili rappresentano davvero il momento storico che si attraversa.
Confidiamo che questo momento che potremmo indicare come “giù dalle torri” sia di auspicio a un nuovo corso positivo. Magari un nuovo rinascimento.