Gli strumenti per pianificare la vendita di un immobile detenuto dall'azienda

29.11.2021
Tempo di lettura: 7'
Dal punto di vista dell'iscrizione al bilancio – ma anche della fiscalità - ci sono differenze rilevanti a seconda che si tratti di immobili patrimonio, strumentali o merce e a seconda che insistano nel territorio nazionale o all'estero. Ci sono distinguo da fare anche se i beni sono nella disponibilità dell'azienda o dati in locazione. Ecco una guida per orientarsi in questa complessa materia, insieme ad Alberto Bestetti, partner dello Studio di Consulenza Societaria Tributaria BC&
In quale riga del bilancio aziendale vengono iscritti gli immobili detenuti dall'organizzazione? Concorrono ad aumentare l'imponibile e quindi la tassazione? E cosa accade nel momento in cui si decide di venderli? Sono tutte domande rilevanti per una corretta pianificazione fiscale del proprio patrimonio, che soprattutto in Italia, facilmente comprende pezzi di real estate. Ne abbiamo parlato con Alberto Bestetti, partner dello Studio di Consulenza Societaria Tributaria BC&.
Partiamo dalla base: come e in quale momento vengono iscritti a bilancio gli immobili detenuti da un'azienda?
Gli immobili sono iscritti in bilancio, all'interno dello Stato Patrimoniale, tra le immobilizzazioni materiali alla voce denominata “terreni e fabbricati”. Tra i fabbricati vanno indicati sia gli immobili patrimonio che quelli strumentali. Gli immobili merce (ovvero quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa) vanno iscritti, invece, tra le “rimanenze”.
In forza del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, le immobilizzazioni sono iscritte in bilancio “alla data in cui avviene il trasferimento dei rischi e dei benefici connessi al bene acquisito”.
I principi contabili nazionali, attribuendo rilevanza esclusivamente al momento di effettivo passaggio dei rischi e dei benefici, individuano nel momento di consegna la data di iscrizione del bene in bilancio, indipendentemente dalla data di effettivo passaggio di proprietà.
Ha parlato di immobili patrimonio, strumentali e merce. Che differenza sul fronte materiale e in termini di trattamento fiscale?
Allora, la differenza è sostanziale: gli immobili strumentali (accatastati nelle categorie B, C, D, E e A/10) lo sono per natura, se le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni o per destinazione, se utilizzati esclusivamente nell'esercizio dell'impresa commerciale, indipendentemente dalla natura o dalle risultanze catastali.
Questi immobili, fiscalmente, partecipano alla formazione del reddito d'impresa attraverso le plusvalenze derivanti dalla loro vendita; i proventi derivanti dalla loro locazione; i componenti negativi quali gli ammortamenti, i canoni di leasing, le spese di manutenzione, le spese di assicurazione e gli interessi passivi.
Gli immobili merce invece sono quelli alla cui produzione o scambio è diretta l'attività d'impresa: sono dunque oggetto delle imprese “immobiliari” sia che essi siano costruiti dall'impresa stessa oppure acquistati da terzi per esser successivamente rivenduti. Sotto il profilo fiscale, fino a quando non sono ultimati e ceduti, gli immobili merce concorrono, invece, alla formazione del reddito d'impresa solo come variazione delle rimanenze finali.
Gli immobili patrimonio, infine, sono tutti quelli che non ricadono nelle due categorie precedenti, sono prevalentemente abitativi e non utilizzati direttamente né destinati alla vendita. Il trattamento fiscale è differente se ubicati nel territorio dello Stato o all'estero e se tenuti a disposizione dell'impresa, o concessi in locazione. Se ubicati nel territorio dello Stato, i proventi realizzati seguono la disciplina dei redditi fondiari; se situati all'estero, concorrono alla formazione del reddito complessivo. Inoltre, a norma dell'articolo 90 Tuir, il reddito degli immobili patrimonio tenuti a disposizione situati nel territorio dello Stato è determinato in base alla rendita catastale rivalutata del 5% ed è prevista, altresì, l'applicazione della maggiorazione di un terzo contemplata dall'articolo 41 Tuir. Mentre, quelli che vengono concessi in locazione a terzi concorrono a formare il reddito d'impresa per un importo pari al maggior valore tra la rendita catastale rivalutata del 5% e il canone di locazione pattuito in contratto.
Un particolare regime impositivo è previsto per gli immobili patrimonio “vincolati” ossia sono riconosciuti di interesse rilevante per motivi storici, artistici, archeologici, culturali. Se, da contratto, risulta che il canone derivante dalla locazione di “immobili vincolati”, ridotto del 35% è superiore al reddito medio ordinario dell'unità immobiliare, il reddito deve essere determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione.
Quali sono le criticità a cui si va incontro quando si vende un immobile di proprietà dell'azienda?
La gestione di immobili detenuti da società, in Italia, risulta particolarmente onerosa in quanto l'alienazione degli stessi determina ricavi o plusvalenze tassabili in capo alle società.
La cessione a titolo oneroso di immobili operata nell'esercizio di imprese commerciali, individuali o collettive, genera, dunque, componenti positivi del reddito d'impresa, e segnatamente, a seconda che gli immobili ceduti siano classificati per il cedente come immobili merce o immobili strumentali o patrimoniali, determina ricavi o plusvalenze (secondo gli articoli 85 e 86 del Tuir). In particolare le plusvalenze dei beni relativi all'impresa, diversi dai beni merce concorrono a formare il reddito se sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso; se sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni; se i beni vengono assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa.
La plusvalenza è costituita dalla differenza fra il corrispettivo o l'indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione e il costo non ammortizzato.
Per “corrispettivo conseguito” si intende il valore di scambio o più semplicemente il prezzo convenuto dalle parti. Quanto al costo non ammortizzato, questo è determinato dal costo sostenuto al momento dell'acquisto del bene al netto degli ammortamenti fiscalmente dedotti. Si considerano assimilate alle plusvalenze realizzate mediante la vendita, le plusvalenze generate in occasione di conferimenti, operazioni di permuta e “datio in solutum. Per quanto concerne, invece, le imposte indirette è opportuno precisare che la cessione di fabbricati, in contesto imprenditoriale, rappresenta generalmente un'operazione rilevante ai fini dell'Iva. Nel caso di esenzione dall'Iva invece si prevede il pagamento dell'imposta di registro, che a seconda dei casi si calcolerà in misura fissa o in misura proporzionale. Si parla infatti di alternatività Iva/Registro.
Quali strumenti è opportuno usare per la migliore efficienza dell'operazione?
Per alleggerire il carico fiscale di cui si è detto sopra, può essere utile ricorrere a strumenti di pianificazione fiscale, anche, internazionali, al fine di ottenere il massimo risparmio possibile dalla normativa esistente, tendendo conto anche della disciplina antielusiva italiana. Come già detto la vendita di un bene immobile da parte di una società può generare un ricavo o una plusvalenza integralmente tassabile.
Qualora, in luogo della cessione, si optasse per ipotesi alternative quali l'assegnazione ai soci, il corrispettivo verrebbe sostituito dal “valore normale”, definito dall'articolo 9 del Tuir come il prezzo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza. L'assegnazione dei beni comporta spesso una tassazione in capo ai soci, per vitarlo se l'immobile si trova in una società detenuta da persone fisiche, una soluzione più interessante è quella di cedere non l'immobile, ma le quote della società immobiliare in modo da realizzare anziché una plusvalenza da vendita di un cespite, una plusvalenza da partecipazione, che è tassata al 26%. Diverso se l'immobile è detenuto da società di capitali.
In questo ultimo caso quali sono le strategie possibili?
Soluzione interessante per la gestione di immobili detenuti da società consiste nel far detenere la società immobiliare italiana da una holding costituita in un Paese Ue: la legge prevede per i non residenti l'assoggettamento a tassazione in Italia delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti, ma la Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore e stipulata con l'Italia, potrebbe contenere una disposizione di maggiore favore. E l'articolo 13 del Modello Ocse del 15 luglio 2005 regolamenta la fattispecie al paragrafo 5, riservando la potestà impositiva esclusivamente allo stato di residenza della società alienante, ossia della holding estera. Una soluzione alternativa molto interessante è rappresentata dall'immobile detenuto in Italia da una società estera senza il tramite di una società residente. In questo caso, rispetto alla casistica analizzata in precedenza la holding Ue non detiene quote di una società residente in Italia, ma diviene proprietaria diretta di un immobile in Italia e dunque non possedendo partecipazioni societarie non può essere considerata esterovestita.
I vantaggi di questa soluzione si estendono anche alle imposte dirette. Infine, per la gestione di immobili detenuti da società si possono anche disporre i beni immobili in un trust estero. In sostanza il proprietario dei beni immobili (disponente) li conferisce al trust perdendone la proprietà: i beni saranno amministrati dal trustee sino al momento in cui gli stessi saranno attribuiti ai beneficiari individuati dall'atto di trust o in altra maniera. Il trust è conveniente soprattutto se il disponente è una persona fisica. Questo in quanto la disposizione di beni in trust, essendo assimilata a una donazione, non sconta imposte dirette. Mentre se il trasferimento riguarda beni relativi a una società (beni merce, beni strumentali, beni patrimoniali), questi fuoriescono dalla disponibilità dell'imprenditore in quanto destinati a finalità estranee all'impresa. La disposizione di beni in trust sconta una imposta di donazione del 8% se il disponente è una società. Mentre se si tratta di una persona fisica l'imposta varia ed in alcuni casi potrebbe annullarsi a seconda del rapporto di parentela intercorrente tra il disponente ed i beneficiari.