Il dl fiscale punta il faro anche sul trust, molto spesso usato per eludere le tasse. Con l’articolo 14 si è dunque cercato di far luce su diverse questioni, anche interpretative. Lo sforzo è da premiare ma rimangono ancora incertezze normative
Obiettivo rendere riconoscibile il beneficiario finale ed evitare che i trust localizzati nei paradisi fiscali non facciano pagare le tasse al reale beneficiario
L’art 14 non da però conto della differenza tra trust opachi e trasparenti, facendo sorgere nuovi dubbi, su una materia (il trust) che già era poco chiara
Giro di vite sui trust. Più trasparenza e tracciabilità dei proprietari finali. Questi gli obiettivi dell’art 12 del dl fiscale uscito dal Consiglio dei ministri i giorni scorsi. Con questo si è dunque cercato di risolvere problematiche di carattere interpretativo e operativo sottoponendo ad imposizione i redditi, distribuiti dai trust opachi stabiliti in paesi a fiscalità privilegiata, ai beneficiari italiani (i redditi prodotti da trust opachi italiani sono, comunque, assoggettati ad imposizione nei confronti dei trust stessi prima dell’attribuzione ai beneficiari). Per effetto della norma risulteranno tassati in Italia i redditi che in precedenza potevano essere ritenuti non imponibili data l’incertezza del quadro normativo.
Ma dunque cosa si è stabilito? I trust rientrano fra i soggetti passivi di Ires. E nel caso di trust trasparenti, dove cioè il beneficiare effettivo è individuato, i redditi prodotti dallo strumento fiscale sono imputati al beneficiario in ogni caso. Questo passaggio è fondamentale perché ha come obiettivo cercare di porre fine all’effetto matrioska dove il proprietario risulta essere spesso irrintracciabile e dunque riesce ad eludere le tasse nazionali. E dunque i redditi del trust sono soggetti all’imposizione nei confronti del beneficiario. La norma dovrebbe portare ad un gettito di circa 29 milioni di euro.
Redditi e beneficiari
I redditi attribuiti ai beneficiari sono classificati nella categoria dei redditi di capitale. E più precisamente, viene spiegato come costituiscono redditi di capitale quelli “imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti”. La disposizione può dunque essere riferita sicuramente anche ai “beneficiari individuati” di trust esteri trasparenti mentre è più difficile ricondurre il tutto ai trust “opachi” esteri (vale a dire trust i cui eventuali beneficiari possono ricevere il reddito, o parte del reddito, del trust solo a seguito di una scelta discrezionale operata dal trustee).
E se dunque questo primo passo verso la trasparenza del trust è da tenere in considerazione ci sono però ancora diversi aspetti che devono essere normati, per cercare di porre fine a tutte le storture fiscali. Diversi legali hanno infatti evidenziato come nella norma non viene infatti fatta una distinzione tra trust opachi e trasparenti, facendo sorgere nuovi dubbi, su una materia (il trust) che già era poco chiara.
Obiettivo rendere riconoscibile il beneficiario finale ed evitare che i trust localizzati nei paradisi fiscali non facciano pagare le tasse al reale beneficiarioL’art 14 non da però conto della differenza tra trust opachi e trasparenti, facendo sorgere nuovi dubbi, su una materia (il trust) che già …
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