“Ho iniziato a collezionare che ero un giovane avvocato in carriera, arrivato a fare la professione dei miei sogni. Al momento della mia abilitazione, nel 1982, avevo già uno studio tutto mio e la fortuna di fare dei processi. Era una vita ricca di soddisfazioni ed entusiasmo, ma anche di tensioni. Presto mi resi conto che solo l’arte mi sarebbe potuta venire in soccorso”. L’avvocato Giuseppe Iannaccone (Avellino, 1955), stimato professionista nell’ambito del diritto societario, fallimentare, penale commerciale (e relative declinazioni) introduce così il nascere della sua passione per l’arte. “All’epoca non potevo ancora permettermi di comprare opere: le studiavo. Il mio avvicinamento alla materia è avvenuto tramite i libri: tutt’ora ho una vasta biblioteca, con testi risalenti anche ai primi anni del XX secolo”. Col tempo, sono arrivate pure le opere, tante da essere ormai “oltre 450” rivela Daniele Fenaroli, curatore della collezione Iannaccone ormai da qualche anno.
Giuseppe Iannaccone, una collezione iniziata per sogno
Ma cos’è che nell’acquisto fa scattare la scintilla? L’avvocato: “Amo l’arte che mette al centro della sua poetica l’animo dell’uomo, in tutte le sue sfaccettature. I suoi capricci, le gioie, la capacità di esprimere solidarietà. Su queste basi per esempio ho costruito la mia collezione Anni Trenta”. Il riferimento non è causale: il 5 luglio 2024 ha infatti inaugurato a Roma, nella prestigiosa cornice della Galleria d’arte moderna, ‘L’estetica della deformazione. Protagonisti dell’espressionismo italiano’. La mostra, con la curatela di Arianna Angelelli, Daniele Fenaroli e Daniela Vasta, durerà fino al 2 febbraio 2025 e raccoglie un nucleo particolarmente amato (circa 130 pezzi) della collezione Iannaccone, quello dedicato a una delle stagioni più originali della cultura artistica italiana della prima metà del XX secolo, l’espressionismo degli anni Venti-Quaranta.
Renato Birolli,Tassì rosso, 1932, olio su tela, cm 58x60
Sono opere di artisti che, sottolinea lo stesso Iannaccone, erano “maggiormente liberi di esprimere la loro poetica, svincolati dall’arte ufficiale di Margherita Sarfatti, straordinaria critica d’arte che aveva guidato il gruppo Novecento Italiano, e purtuttavia non capace di esprimere fino in fondo – a mio parere – la centralità dell’uomo nell’arte. Questi artisti non frequentavano il salotto della Sarfatti, incentrato solo sulla ‘grande tradizione italica’, ma guardavano anche a ciò che succedeva oltralpe. Di quel periodo apprezzo moltissimo Mario Mafai; Scipione poi mi fa letteralmente impazzire”. Da quell’avamposto, Iannaccone inizia a esplorare l’arte contemporanea, “e anche in questo nuovo percorso” cerca e continua a cercare “quegli artisti che nel mondo hanno cura di porre l’essere umano, l’uomo, la donna, al centro dell’arte. Scopro artisti giovani”.
Lulashi Iva, Gli amanti, 2016, olio su tela, cm 24x30x2
L’amore per i giovani artisti
Giovane come l’amatissima Iva Lulashi (Tirana, 1988; in passato nella scuderia Prometeo Gallery), talentuosa artista albanese le cui istanze del ‘femminile desiderante’ hanno debuttato proprio nello studio Iannaccone, a cura di Adrian Paci (Scutari, 1969). Era il 2018. “Con lui mi sono sentita subito al sicuro. Sentii che mi potevo fidare. Capii che nel mondo dell’arte potevano esistere anche persone seriamente appassionate e interessate al mio lavoro”, ci rivela la stessa artista. Grazie al mecenatismo di Iannaccone, arriva la svolta: Ida Pisani di Prometeo Gallery vede le sue opere proprio nello studio legale. “Prima di conoscere Iannaccone non avevo collezionisti. Chi mi comprava i quadri sembrava lo facesse quasi per farmi un favore”. Com’era avvenuto il primo contatto? “Ci siamo conosciuti grazie ad Adrian Paci. Ero in residenza da lui a Scutari, insieme con altri giovani artisti albanesi”.
Con la sua capacità di scovare i fiori quando sono ancora in boccio è una delle qualità di Giuseppe Iannaccone come collezionista. E gli artisti ne apprezzano “la gioia”, ci confessa l’artista. Iannaccone lo conferma: “Se all’inizio l’arte era per me la stampella dell’anima, oggi è una compagna di vita, una meravigliosa donna che non lascerò mai. Ci intendiamo bene, e la nostra intesa non è più di soggezione dell’uno verso l’altro. All’inizio il rapporto non era alla pari, con il tempo lo è diventato”.
Iva Lulashi, Più pallida dell'erba, 2021, olio su tela, cm 90x90
Un collezionista in tassì
È curioso, chiediamo a Iannaccone, che il suo amore per l’arte sia nato negli anni della Milano da bere. “Si, è vero. E uno dei primissimi quadri che acquistai, il Taxi rosso di Birolli, cattura alla perfezione il mio vissuto di quegli anni. La città è resa in modo tenue, romantico, lirico. È vista con gli occhi di un giovane nuovo alla metropoli, quale era lui e quale ero io. Poi il rosso vivido del taxi esprime tutta l’energia della giovinezza. La gioia di vivere di Birolli è una ‘Milano tutta da bere’. Essendo io arrivato dalla mia Campania (sono nato ad Avellino, ma ho vissuto a Napoli nei primi anni della mia giovinezza), Milano l’ho abbracciata e amata. E ancora la amo immensamente, come amo la mia terra di origine. Mi sono molto immedesimato in quel dipinto”.
Fra i contemporanei, chi apprezza oltre alla Lulashi? “Adoro Lynette Yiadom-Boakye (1977), straordinaria. Laura Owens (1970), di cui ho la fortuna di possedere quello che io reputo il suo capolavoro. E poi Cynthia Esselman, Somaya Critchlow (Londra, 1993)”. Sono tutte donne. “Non è una scelta razionale o preordinata. Ma non cerco opere d’arte in funzione del sesso dell’artista, quanto in funzione della emotività che mi creano. E oggi le donne riescono a essere poetiche e rivoluzionarie nello stesso tempo. Non sono io che cerco le artiste, sono loro che cercano me. I quadri lo sanno, dove devono andare. Per secoli le donne non hanno avuto la possibilità di parlare. Ora dicono le cose più belle. È lo stesso per gli artisti omosessuali. Per primo ho acquistato per la collezione Iannaccone Hernan Bas (Galerie Perrotin, ndr), quando non lo conosceva ancora nessuno”.
Collezione Giuseppe Iannaccone: la Biennale di Venezia nel cuore
Ne deduco che sta apprezzando la Biennale di quest’anno. “Si, certo. In più ho avuto la grandissima gioia e soddisfazione di vedere la “mia” Iva Lulashi incaricata di tutto il Padiglione Albania. Vi ha inserito due opere che sono due pietre miliari nel nostro reciproco percorso, esposte nelle prime due mostre che abbiamo fatto insieme: nel mio studio e poi alle Cinque Terre, in una chiesa di Corniglia. La mostra ligure si chiamava Libere e desideranti ed ebbe grande clamore, anche giornalistico”. Ce lo conferma la stessa Iva Lulashi: “Ci censurarono un quadro, chiesero di sostituirlo, nonostante il benestare del parroco. Lo togliemmo, ma lasciammo lo spazio vuoto”. Ma la mostra fu un successo, e alla fine, con generosità e intelligenza, Iannaccone scelse donare un quadro al Comune di Corniglia, facendolo addirittura scegliere a loro, tramite votazione.
Come mai apprezza tanto Iva Lulashi, avvocato? “È un genio. È riuscita a rendere novità assoluta qualcosa di molto semplice e naturale, l’erotismo femminile. Rendere assertivamente – come fa lei – in maniera artistica e spontanea il diritto della donna di essere libera e di poter desiderare un altro corpo (che sia di un uomo, di un’altra donna) è rivoluzionario. E poi Iva possiede la grande dote dell’umiltà. Molti artisti giovani commettono l’errore letale di cedere all’arroganza con il primo successo. Lei invece ha la capacità di saper mantenere i piedi per terra. Prevedo per lei un futuro luminoso”. Quale medium preferisce, come collezionista d’arte? “Io amo sia la pittura che la fotografia che la scultura. Data la corposità della collezione però, sicuramente la pittura è la componente maggiore. Ma anche la fotografia e la scultura sono rappresentate in maniera importante.
Sogni per il futuro
Le piacerebbe fondare un nuovo museo di arte contemporanea con tutte le opere della collezione Iannaccone dentro? “È il mio grande sogno. Se ne avessi le possibilità lo farei, ma resto un professionista: non sono un industriale. In Italia quasi non esistono musei di arte contemporanea. La funzione dei piccoli e die grandi collezionisti è quella di supplire a questa carenza. Esempi eccellenti ne sono Prada, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, punto di riferimento inimitabile. Nel mio piccolo, voglio stare in quella scia”.
Viva i sogni! “Eh sì. Se all’inizio qualcuno mi avesse detto che sarei arrivato qui, non ci avrei mai creduto. E pur avendo vissuto – come accade nella vita – momenti di amarezza, l’amore per l’arte me li ha fatti dimenticare. Questa è una passione che rende fragili: aver al proprio fianco i giusti professionisti è fondamentale. E se in questi anni la vita della collezione Iannaccone ha ripreso slancio, lo devo al mio curatore Daniele Fenaroli, un ragazzo genuino che – da innamorato dell’arte – sta moltiplicando le mie iniziative. Ha consentito di far diventare realtà le mille idee che avevo nella testa. In Italia quasi non esistono musei di arte contemporanea. La funzione dei piccoli e dei grandi collezionisti è quella di supplire a questa carenza. Esempi eccellenti sono Prada, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, punto di riferimento inimitabile. Nel mio piccolo, voglio stare in quella scia”.
La nascita della Fondazione Iannaccone
Il 23 novembre 2023 nasce la Fondazione Iannaccone Ets. “Sì, è il braccio operativo della mia collezione, al fine di perseguire le sue finalità filantropiche. Sosteniamo i giovani artisti, portiamo l’arte nelle carceri, nei reparti oncologici degli ospedali, nelle Rsa. Vicepresidente ne è mia moglie Alessia, direttore generale e direttore artistico Daniele Fenaroli”. Il percorso di Daniele Fenaroli inizia nel 2019, come stagista curriculare, per poi riprendere qualche tempo dopo a piene mani, in una rinnovata stagione di “vivacità e voracità espositiva”, come dice lui stesso: “L’anno scorso in tre mesi abbiamo inaugurato tre esposizioni. Quest’anno, con la Gam di Roma, siamo alla seconda dell’estate. Gli chiediamo di quali partner assicurativi e logistici si avvale la collezione: “Assicurazioni Generali e Open Care”.
Colpisce, nel percorso collezionistico di Giuseppe Iannaccone, il suo perdurante entusiasmo, la sua ricerca mai paga, foriera di nuovi talenti, la sua capacità di dare fiducia ai giovani e di rifondare collaborazioni, senza mai dare nulla per scontato. La sua personalissima passione è diventata materia di dono intellettuale e sociale. Per la comunità, una fonte di gioia e pensiero. Del resto, a che cosa serve l’arte, se non a ricordarci che siamo esseri vivi e pensanti?
Articolo originariamente apparso sul numero 1 di Family Office. Abbonamenti qui.