È un trend che osservano Danilo Zanni e Alessandro Moretti, soci fondatori di IoInvesto Scf, società di consulenza indipendente che si occupa anche di formazione (con la Masterclass Formazione Consulente ha formato 220 aspiranti consulenti di cui 80 hanno già superato l’esame, e ha un portale di educazione finanziaria e una community di oltre 500mila appassionati online).
Due terzi del consulenti opera al Nord
Ma è un trend che disegnano anche i dati ufficiali: che fotografano una crescita esponenziale dei consulenti indipendenti, con circa 450 iscritti all’albo rispetto ai 300 di inizio 2020 (certamente ancora pochi rispetto agli oltre 51 mila consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede e ai 18mila indipendenti del Regno Unito, per esempio). Del numero totale dei consulenti i due terzi sono operativi in proprio e gli altri presso una delle circa 50 società di consulenza registrate in Italia. Ma il 75% dei consulenti indipendenti è concentrato in quattro regioni, Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna e il 55% delle società ha sede in Lombardia e Veneto. Al centro e al Sud restano le briciole, per ora. “È piuttosto normale che consulenti e società abbiano scelto prevalentemente di operare al Nord dove c’è la maggior concentrazione di ricchezza, di lavoro, di risparmio e anche una superiore alfabetizzazione finanziaria – dice a We Wealth Zanni – tuttavia osserviamo un sempre maggior interesse da parte delle Regioni del centro e del Sud sia sul fronte dell’offerta, con nuovi aspiranti consulenti, sia sul fronte della domanda, con investitori sempre più propensi ad affidare i propri patrimoni a un consulente indipendente”.
Il boom di domanda dal Sud trainato da nuovi paradigmi e digitalizzazione
Dunque, nei prossimi anni è previsto che le masse sotto consulenza finanziaria passino dagli attuali circa 10 miliardi di euro a 500 miliardi di euro, pari a circa il 10% delle masse in gestione al sistema bancario e delle reti. “Stiamo assistendo ad una forte crescita della domanda da parte di varie tipologie di clientela, non solo di chi ha patrimoni importanti, ma anche di famiglie con asset nella media -dice Zanni – Negli ultimi anni ci sono stati eventi catalizzatori. Il primo, il fallimento degli asset preferiti dagli italiani, immobili e Btp. I primi da dieci anni sono supertassati e i Btp sono diventati rischiosi dal 2011, con la crisi dei debiti sovrani e oggi sono a tassi negativi, tutto questo unito a una crisi bancaria profondissima. Ci siamo trovati in un mondo in cui i paradigmi dell’investitore sono crollati”.
Il secondo driver è la digitalizzazione che ha ampliato le fonti di approvvigionamento di informazioni e conoscenza. Ma anche le occasioni di contatto con professionisti diversi, con un vero e proprio boom in corrispondenza dei lockdown del 2020. “Il lavoro del consulente è un lavoro che presume vicinanza fisica perché il consulente ha a che fare con molto più che con il patrimonio: ha a che fare con gli obiettivi di vita, i desideri, gli affetti dei suoi clienti – aggiunge Moretti – Tuttavia con i lockdown è stato necessario incontrarsi via Zoom e questo ha contribuito anche ad annullare le distanze, avvicinando alla possibilità di essere seguiti da un consulente di Milano anche persone che magari abitano a Palermo e o Napoli”.
Il Covid ha obbligato ad abbattere le barriere culturali e generazionali
Il Covid è stato un boost anche lato consumatore perché ha costretto anche coloro che non avevano mai fatto nulla a online a provarci: “la chiave sta nel conquistare la fiducia e quando si lavora online, la fiducia si ottiene con l’informazione e la trasparenza – sostiene Zanni – D’altro canto Covid è stato come la miccia che ha consentito di abbattere la barriera culturale che impediva ai potenziali investitori di considerare l’alternativa a banche e reti. Le persone che hanno visto turbolenza, lavoro, risparmio in crisi hanno realizzato che c’era qualcosa che non andava e hanno cominciato a informarsi. Questo le ha avvicinate alla consulenza indipendente e il Covid ha tolto quella barriera che per qualcuno sembrava insormontabile, impendendo di fare due click per comprare e vendere qualsiasi cosa. È una questione culturale. Il Covid ha creato quell’esigenza, come se tutti avessero il nipotino che gli chiedesse di accendere il pc e giocare online”. È un trend trasversale rispetto alle generazioni:
La tecnologia sarà dunque un aiuto permanente nella relazione tra consulenti e clienti, senza perdere quel valore fisico che comunque è fondamentale. E potrà essere anche un driver di crescita per le società di consulenza. Che non si limiteranno più ad assumere persone nel territorio di riferimento, ma si costituiscono, com’è il caso di IoInvesto, in rete. “Una rete capillare con uffici in tutto il paese, e la possibilità di lavorare da remoto, aiuterà a sviluppare queste figure non solo in Lombardia e Veneto dove risiedono le principali società di consulenza, ma in tutta la Penisola”, dice Moretti.