La ricchezza finanziaria privata degli italiani continua a crescere da oltre 10 anni (dal 2013), ma solo per alcuni. Ossia in modo sempre più polarizzato, grazie alle fasce private e superiori (patrimonio spendibile superiore ai 500mila euro). Il fenomeno continuerà, anche grazie alla nuova veste di “paradiso fiscale” dell’Italia, considerata una delle mete più attrattive per i residenti non domiciliari, i res non dom, persone con patrimonio elevato attualmente non fiscalmente domiciliati nel Belpaese e che potrebbero scegliere di trasferire la loro residenza nella Penisola per beneficiare del regime fiscale loro favorevole introdotto nel 2017. Il regime italiano attualmente conta 3000 aderenti e i suoi benefici durano 15 anni versus i 13 della media europea.
L’Italia è un paradiso fiscale?
Recentemente il governo ha innalzato l’imposta sostitutiva da 100.000 a 200.000 euro, tuttavia il regime italiano resta molto attrattivo per i grandi patrimoni, anche alla luce delle recenti revisioni dell’analogo regime fiscale portoghese (circa 75.000 aderenti) e britannico (ca. 70.000). Queste le principali evidenze della più recente analisi di Monitor Deloitte, in collaborazione con Thoughtlab.
We Wealth ha raggiunto Luigi Capitanio, senior partner, north & south Europe strategy consulting leader di Deloitte Italia, persaperne di più.
Dr. Capitanio, ritiene che lo status dell’Italia come paradiso fiscale per i res non dom sia strutturale e destinato a permanere? Si tratta solo di una tematica fiscale o c’è dell’altro?
«Il trend a cui si è assistito negli ultimi anni è molto positivo e costante, con un numero di aderenti al Regime italiano Rnd pari a circa 1.000 nuovi aderenti l’anno. La crescita è stata guidata principalmente da due fenomeni. Da una parte, alcuni paesi (i.e. Portogallo e Regno Unito) hanno deciso di abrogare e ridurre i benefici Rnd, favorendo il trasferimento e il cambio di residenza verso paesi con regimi più vantaggiosi. Dall’altra, la configurazione del modello italiano con flax tax, possibilità di estendere tali benefici anche ai familiari e la durata dei benefici fiscali hanno favorito l’attrattività del nostro regime. Il tema fiscale non è sicuramente l’unico razionale: l’Italia sta diventando una destinazione sempre più attrattiva per gli investitori internazionali, soprattutto grazie a una combinazione di opportunità immobiliari, un rinnovato interesse per la qualità della vita e un ambiente culturalmente e socialmente stimolante.
L’aumento della ricchezza nel segmento cosiddetto private e oltre è dovuto solo al passaggio generazionale oppure c’è stata anche formazione di nuova di ricchezza in Italia?
«La crescente polarizzazione della ricchezza sul segmento private e oltre è un fenomeno dettato da un insieme di fattori. Formazione di nuova ricchezza in Italia, dovuta in particolare alla crescita della ricchezza finanziaria rappresentata da titoli, azioni, quote di fondi comuni e depositi, che ha costituito il principale driver di crescita della ricchezza delle famiglie negli ultimi anni (+3% annuo rispetto al 2013). Effetto mercato positivo, supportato dalle politiche economiche e monetarie favorevoli degli ultimi anni, che ha avuto un impatto decisivo sulla crescita della ricchezza negli ultimi anni (circa +2% annuo rispetto al 2013). Trasferimento di ricchezza alle generazioni successive che ha giocato un ruolo rilevante (Flussi dei trasferimenti di ricchezza pari a circa 280 miliardi di euro nel 2023)».
Il sistema bancario italiano è davvero ben strutturato in termini di modelli di servizio per il wealth management degli anni a venire?
«Il sistema bancario italiano è ad oggi ben strutturato per gestire le necessità sempre più sofisticate della clientela altamente patrimonializzata, ma ci sono comunque ambiti di miglioramento nei quali gli operatori del wealth management possono agire per consolidare la propria value proposition e servire in modo mirato la clientela Rnd prevedendo ad esempio l’estensione di servizi su misura che consentono al cliente di soddisfare non solo le sue esigenze patrimoniali ma anche gli aspetti non bancari. Può essere utile anche proporre nuovi investimenti in ottica di efficienza fiscale, specificatamente conformi al regime Rnd. Infine, un buon supporto potrebbe arrivare dalla predisposizione di strutture contabili che permettano al Cliente una gestione efficiente e flessibile del patrimonio».
Stando al rapporto, emerge che anche i canali distributivi stanno evolvendo per soddisfare le sempre più sofisticate esigenze di prodotti e servizi personalizzati. Il settore del wealth management sta assistendo ad una progressiva riduzione della quota di mercato degli attori bancari tradizionali, ridottasi dal 70% del 2013 al circa 60% attuale. Crescono significativamente le reti di consulenti finanziari, ad oggi più del 20% del mercato. Per i prossimi anni si prevede una crescita costante dei canali digitali di contatto tra clienti e operatori, preferiti rispetto alle filiali fisiche e agli sportelli (-40% rispetto al 2013). La principale categoria di investimento rimarrà l’intelligenza artificiale, con l’obiettivo di efficientare i processi operativi, supportare le attività di monitoraggio, migliorare la predisposizione della reportistica interna e la valutazione degli indici di performance.