Se il buongiorno si vede dal mattino, il Consiglio di amministrazione di Banco Bpm, riunitosi martedì 26 novembre, farà il possibile per ostacolare l’adesione degli azionisti allo scambio azionario proposto da UniCredit per combinare le due banche. L’offerta di Unicredit “non riflette in alcun modo la redditività e l’ulteriore potenziale di creazione di valore per gli azionisti di Banco Bpm”, riporta l’Ansa sulle dichiarazioni rese dall’istituto guidato da Giuseppe Castagna, che ha citato l’impatto positivo “delle operazioni straordinarie recentemente annunciate” – ossia l’Opa lanciata sul 100% delle azioni di Anima Holding e l’acquisizione di un 9% ‘virtuale’ in Mps. Azioni che “si tradurranno in un aggiornamento degli obiettivi del piano medesimo, già in parte anticipati al mercato”.
Che il prezzo inizialmente offerto da Unicredit per lo scambio azionario fosse basso è apparso subito chiaro: con un premio minimo dello 0,5% sulla chiusura di venerdì scorso, gli analisti hanno subito indicato l’offerta economica come un primo scoglio al buon esito dell’Ops di Unicredit. Nella seduta di lunedì il titolo Banco Bpm ha guadagnato terreno, con rialzi arrivati al 5%. Reazione che implica quanto il mercato dubiti che il Banco possa passare di mano al prezzo offerto da Unicredit, e che sconta l’eventualità di un rilancio da parte di Unicredit
L’ipotesi non è peregrina: a mettere in conto un possibile rilancio sono stati anche gli analisti di S&P Global Ratings, i quali hanno dichiarato: “Il concambio proposto implica un prezzo dell’azione solo marginalmente superiore al prezzo di chiusura alla fine della scorsa settimana. Non possiamo escludere una modifica dei termini dell’operazione per renderla più attraente o che altre parti mostrino interesse per BPM”. Anche il ceo di Excellence Consulting, Maurizio Primanni, nell’intervista rilasciata ieri a questo giornale, ha ritenuto probabile un rilancio del prezzo da parte di UniCredit.
Se il prezzo si facesse allettante, non si potrebbe escludere che il 50% più uno del capitale di BPM aderisca all’offerta – fatto che consegnerebbe le chiavi di Banco Bpm all’ad di UniCredit, Andrea Orcel. Ciò avverrebbe, tuttavia, in modo apertamente ostile alle intenzioni del Cda, a quanto trapela dalle dichiarazioni di Piazza Meda: lo ha confermato, al suo ingresso in consiglio, il membro del Cda Mauro Paoloni, ex vicepresidente di Banco Bpm.
Come anticipato anche da We Wealth, uno degli argomenti forti per l’opposizione all’OPS è diventato il nodo occupazionale. Le sinergie che UniCredit ha previsto nella sua presentazione, pari a 900 milioni di euro, “destano forti preoccupazioni sulle prevedibili ricadute a livello occupazionale e sociale”, in quanto rappresentano “più di un terzo della base costi di Banco Bpm”. Assumendo che i tagli colpirebbero prevalentemente il gruppo guidato da Giuseppe Castagna, i bancari di Piazza Meda avrebbero effettivamente buoni motivi per ostacolare questa operazione.
Dietro alle dichiarazioni ufficiali, si gioca una partita meno evidente sulla creazione del terzo polo bancario che il governo avrebbe apparecchiato per Banco Bpm, con la prospettiva di un futuro assorbimento di Monte dei Paschi. Un piano che potrebbe saltare, qualora il controllo passasse a Unicredit, che ha sempre rifiutato di assumere il controllo della banca senese alle condizioni offerte dal Mef, che ancora detiene l’11,7% del Monte.