Lo stop del governo tedesco a nuove cessioni di Commerzbank potrebbe aver spinto Unicredit ad accelerare la sua agenda: l’offerta pubblica di scambio (Ops) su Banco Bpm mette nell’orbita della banca guidata da Andrea Orcel non solo la forza sul territorio, ma anche le grandi manovre avviate sull’asset manager italiano Anima.
Con una rete distributiva combinata da 11 milioni di clienti in Italia, il gruppo risultante dalla combinazione di Unicredit e Banco Bpm potrebbe realizzare su scala ancor più grande il modello perseguito in parallelo da entrambi gli istituti: potenziare le entrate commissionali in attesa del calo dei tassi, rafforzando l’offerta di prodotti di investimento e assicurativi di società interne ai rispettivi gruppi.
L’Opa di Banco Bpm su Anima si era inserita in questo filone strategico, così come le più recenti internalizzazioni del business assicurativo vita da parte di Unicredit. Banco Bpm aveva poi esteso la sua capacità di distribuire prodotti Anima anche attraverso l’acquisizione di una quota in Mps dal Tesoro, nel tentativo di massimizzare gli effetti della sua futura acquisizione di Anima o, quantomeno, di proteggere gli interessi dell’asset manager nelle politiche del suo secondo distributore più importante – la rete di Mps.
Non è da escludere che la mossa di Banco Bpm su Anima possa aver spinto Unicredit ad accelerare i propri piani. Il prezzo offerto agli azionisti di Banco Bpm, 6,657 per azione, tuttavia, rappresenta un premio modesto rispetto alla chiusura di venerdì (0,5%) ed è stato rapidamente superato da acquisti decisi sul titolo Banco Bpm. A queste condizioni, gli azionisti potrebbero avere pochi incentivi a scambiare le proprie azioni con quelle di Unicredit.
“Crediamo che la mossa di Orcel abbia preso in contropiede i vertici di Banco Bpm”, scrive il senior market strategist di IG Italia, Filippo Diodovich, “in particolare il Ceo Giuseppe Castagna che aveva/ha l’ambizione di creare il terzo polo bancario”. Ma il prezzo offerto da Unicredit, aggiunge l’analista, dovrà essere necessariamente rivisto al rialzo.
L'effetto sul Wealth management
La sommatoria delle masse gestite di Unicredit e Banco Bpm porterebbe il portafoglio totale a oltre 228 miliardi di euro, stando ai numeri diffusi a fine settembre, ancora lontani dai 466 miliardi del gruppo Intesa. Il calcolo cambia decisamente se l'Opa di Banco Bpm su Anima Holding andasse a buon fine e venisse ricompresa nell'integrazione. Con 201,2 miliardi di masse a fine ottobre, Anima porterebbe il totale combinato vicino ai 430 miliardi di euro, pur tenendo conto che una parte di queste masse potrebbe già rientrare nei dati attraverso mandati di gestione preesistenti (in particolare Banco Bpm è già il primo distributore di fondi Anima). Questa prospettiva, puramente virtuale e soggetta ancora a diverse approvazioni, farebbe del gruppo Unicredit combinato a Banco Bpm un attore bancario nazionale in grado di lanciare l'inseguimento al primato di Intesa per masse gestite.
La mossa di Unicredit, d'altro canto, sembra avere molto più valore strategico alla luce dell'Opa lanciata da Banco Bpm su Anima Holding. “Unicredit vede in Banco Bpm un indirizzo strategico simile e complementare al suo”, dichiara a We Wealth il Ceo di Excellence Consulting, Maurizio Primanni. Per Unicredit, che ha già avviato l'internalizzazione del business vita, aggiungere un asset manager interno come Anima completerebbe idealmente l'obiettivo di potenziare l'offerta di prodotti con un gestore in house di grande peso. Per quanto riguarda le attività di wealth management, la combinazione delle attività di Unicredit e Banco Bpm porrebbe le basi per la creazione di un competitor di valore comparabile al Polo del wealth management di Intesa Sanpaolo, per quanto ancora non allo stesso livello. Nel private banking, “Banca Aletti potrebbe mantenere la sua autonomia e, in quanto legal entity, non escluderei che possa essere valutata la sua quotazione in un secondo momento”.
Sul territorio, la combinazione delle filiali crea una forte rete distributiva nelle regioni più strategiche per il private banking, rafforzando la presenza di Unicredit nel Nord Italia: con una quota delle filiali superiore o vicina al 20% in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia. In particolare, la quota di filiali in Lombardia passerebbe dal 6 al 19% per Unicredit, in seguito all'integrazione con il gruppo guidato da Giuseppe Castagna: una crescita importante nella locomotiva economica del Paese.
I possibili ostacoli sul percorso
Un primo punto da risolvere, per realizzare il piano lanciato da Unicredit, è puramente economico. “Unicredit dovrà rivedere la sua proposta di scambio, perché il mercato si è già espresso in qualche modo. Il titolo di Banco Bpm è stato portato oltre il valore dell’Ops – non so a quanto chiuderà oggi, vedremo – ma questo già indica che il mercato ritiene che Banco Bpm valga più della proposta fatta da Unicredit. Per quello che ci sta dicendo oggi il mercato, se Unicredit vuole concludere l'operazione dovrà rilanciare”. Le azioni del Banco Bpm sono quotate a 7 euro verso fine seduta a Piazza Affari, già al di sopra dei 6,657 offerti da Unicredit.
Non si tratterebbe dell'unico punto critico. “Crédit Agricole ha una quota del 10% in Banco Bpm, un socio forte che potrebbe non gradire questa operazione. Infatti, Unicredit ha già un partner assicurativo importante nel ramo danni che si chiama Allianz. Inoltre, Crédit Agricole possiede il 68% di Amundi, l'attuale partner di Unicredit per l'asset management: non è detto che sia ben accolta una maggiore presenza di Anima nelle preferenze distributive del nuovo gruppo”.
Ci sono poi complessità politiche: “Con l'integrazione di Banco Bpm arriverebbe anche una parte di Mps nell'orbita di Unicredit. Eppure Orcel ha sempre negato alcun interessamento nella banca senese. Al momento non sappiamo se Unicredit ha già preparato le soluzioni per gestire queste e altre situazioni”. I dubbi si sono presto concretizzati in dichiarazioni piuttosto scettiche da parte dei membri del governo, che finora avevano gradito la nascita del "terzo polo bancario" nella speranza di poter mettere in quell'orbita proprio Mps. "Come dice von Clausewitz il modo più sicuro per perdere la guerra è impegnarsi su due fronti", ha dichiarato il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, con evidente riferimento all'altro fronte di Unicredit in Germania, con Commerzbank. "L'Ops è stata comunicata ma non concordata con il governo", ha aggiunto il ministro, "anche perché come noto esiste la golden power, il governo farà le sue valutazioni, e valuterà attentamente quando Unicredit invierà la sua proposta per le autorizzazioni del caso".
Destinata a far discutere, infine, il possibile impatto occupazionale delle “sinergie” che il management di Unicredit ha annunciato di voler sfruttare a Ops ultimata. “L'obiettivo di 900 milioni di sinergie di costo rimane molto ambizioso senza considerare esuberi”, dice Primanni, “è prevedibile che i sindacati resteranno guardinghi”. Una ristrutturazione in grado di valorizzare anche un capitale umano a rischio resterà un fattore importante per mantenere il piano di espansione sotto una buona luce.