“I private market possono trovare spazio in quasi tutti i portafogli dei clienti private, con un peso che potrebbe oscillare tra il 10 e il 20%. In Italia, a livello di industria, i mercati privati valgono lo 0,8% della ricchezza finanziaria gestita dalle strutture dedicate ai grandi patrimoni”, dice Ragaini.
“Negli anni abbiamo costruito una robusta area di wealth management per la gestione del patrimonio complessivo dei clienti: ai servizi non finanziari lavora un team di 20 persone, 10 presidiano l’advisory wealth, il punto di arrivo di un progetto di gestione evoluta dei dati iniziato cinque anni fa”.
La nuova offerta nei mercati privati, che riflette “una scelta strategica della banca”, dice Andrea Ragaini, vice dg di Banca Generali (nella foto in alto), potendosi nutrire anche di collaborazioni importanti, sia interne al gruppo, che esterne. Vedi la partnership appena annunciata con il gigante Carlyle. E poi, i nuovi servizi agli imprenditori, che “nascono da un percorso avviato ormai cinque anni fa nel solco della gestione integrata dei dati”.
Sono i due binari su cui la banca rete guidata dall’ad Gian Maria Mossa vuole accelerare il passo, in risposta a bisogni dei clienti wealth non ancora adeguatamente presidiati dal mercato.
Mercati Privati: una scelta strategica per Banca Generali
“I private market possono trovare spazio in quasi tutti i portafogli dei clienti private, con un peso che potrebbe oscillare tra il 10 e il 20%. In Italia, a livello di industria, i mercati privati valgono lo 0,8% della ricchezza finanziaria gestita dalle strutture dedicate ai grandi patrimoni (fonte:Aipb)”.
Un valore in crescita marginale, rispetto allo 0,6% del 2021, “Ma che resta ancorato allo zero virgola. Lo spazio di crescita è enorme”, argomenta Ragaini. “Noi stiamo costruendo una piattaforma importante, partendo dalle competenze molto forti del Gruppo Generali nel real estate: non serve ricordare che stiamo parlando del nono maggiore gestore immobiliare al mondo”. Nel private equity “possiamo contare su una solida esperienza maturata con Lion River, società del gruppo lanciata oltre 10 anni fa e con un track record davvero sorprendente”. E poi ci sono le partnership terze.
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Banca Generali e la partnership con Carlyle nel private debt
“Iniziamo con il gruppo Carlyle, con il quale abbiamo strutturato un prodotto di private debt in esclusiva per la sicav BG Private Markets (che raccoglie tutti gli investimenti alternativi ndr): si tratta, in questo caso, di una soluzione di direct lending, ovvero finanziamenti diretti alle grandi aziende americane”, precisa Ragaini. È una strategia quella delle alleanze con i big dei private market che anche altri player stanno portando avanti, vedi UniCredit con Blackstone e Mediobanca Private Banking con un altro colosso, Apollo.
“I mercati privati stanno diventando un bacino in cui la scala è cruciale, i grossi gruppi hanno un vantaggio competitivo importante”, rileva il top manager di Banca Generali. “Adesso abbiamo arricchito l’offerta con questi tre nuovi comparti. Proseguiremo, dal 2024, con altri nomi di elevato standing”.
D’altra parte “i private market, in termini di asset investibili, sono straordinariamente più vasti rispetto ai mercati pubblici. Basti pensare alla numerosità delle grandi aziende non quotate rispetto alle quotate. Restare fuori da questo mondo vuol dire automaticamente precludersi delle opportunità”.
Un ragionamento che vale “purché si abbia piena contezza oltre che dei benefici di decorrelazione e contenimento della volatilità nei portafogli, anche della caratteristica illiquida – o comunque meno liquida di queste attività, che rende fondi di questa tipologia più adatti ai patrimoni più consistenti: tutti gli esperimenti per dare maggiore liquidità a questi strumenti non hanno funzionato. Il modo corretto di inserirli nei portafogli è spiegare che esiste un rischio di illiquidità, che va remunerato. Qui dobbiamo ancora lavorare sul piano della formazione della rete, della cultura finanziaria e del corretto posizionamento”.
Il focus rimane in ogni caso e senza ambiguità sulla gestione attiva, che sarà “cruciale in fasi di mercato laterali, con una scarsa visibilità sulla direzione dei listini: possiamo già vantare una gamma completa, stiamo per lanciare nuove soluzioni long-short equity, global arbitrage, commodities e gestioni attive flessibili. E poi ci sono anche i prodotti tradizionali, come le ramo I, all’interno delle quali si può fare comunque innovazione”.
I nuovi servizi per gli imprenditori
L’altro binario è quello dei servizi agli imprenditori. “Negli anni abbiamo costruito una robusta area di wealth management per la gestione del patrimonio complessivo dei clienti: ai servizi non finanziari lavora un team di 20 persone, 10 presidiano l’advisory wealth, il punto di arrivo di un progetto di gestione evoluta dei dati iniziato cinque anni fa”. La “messa a terra” si declina in otto use cases pensati proprio per i clienti imprenditori e che si sostanzia anche attraverso partnership con realtà terze.
Due esempi concreti: “Grazie al codice fiscale dei clienti, possiamo avere accesso alle banche dati che raccolgono le partecipazioni societarie. Grazie alla partnership di lunga data con la società di consulenza Warrant Hub, possiamo identificare le aziende che hanno i requisiti per accedere ai finanziamenti agevolati, attingendo a fondi italiani ed europei. Tutto questo avviene in modo automatico: il banker riceve una segnalazione dal sistema, propone l’opportunità al cliente – che spesso non ne è consapevole e fissa l’incontro con Warrant Hub e il nostro specialista”.
Un altro esempio riguarda la lettura automatica dei bilanci delle aziende di cui sono titolari i clienti, attraverso sistemi di intelligenza artificiale e machine learning: “in base all’età anagrafica del fondatore e alla presenza o meno di figli in azienda, emergono potenziali opportunità in area M&A – qui ci avvaliamo di partnership con Pwc, Equita K Finance e lo studio Russo De Rosa associati quotazione sul mercato – lavoriamo, per esempio, con IR Top oppure passaggio generazionale. “Si tratta di un cambio di paradigma importante per i nostri banker: si passa a una logica push, pro-attiva, in cui dal centro, attraverso l’analisi e l’elaborazione dei dati, vengono segnalate ai singoli banker nuove opportunità di business. I consulenti devono solo inoltrarla al proprio cliente”.