Banca Generali lancerà nel 2024 “un brand nuovo che identifica il modello di lavoro incentrato esclusivamente sulla sostenibilità”, ha dichiarato l’ad Gian Maria Mossa, “alcuni banker potranno decidere di identificarsi con questa casacca”
A due anni dal lancio, è stato presentato il racconto fotografico di Stefano Guindani e Banca Generali sulle sfide dei 17 punti dell’agenda Onu
Banca Generali ha rafforzato il suo posizionamento di sostenibilità, con un deciso contributo del progetto Time to Change che, a due anni dal lancio, è ormai pronto per essere presentato. Una raccolta di 17 foto scattate in 16 Paesi da Stefano Guindani, che raccontano “il lato negativo, ma anche quello positivo” dei 17 obiettivi dell’agenda Onu per il 2030, dedicata agli obiettivi di sostenibilità. Una foto per ciascun target (nell’immagine di apertura, una volpe artica nelle isole Svalbard, Norvegia, non riesce più a mimetizzarsi a causa della scomparsa dei ghiacci).
Banca Generali, una nuova certificazione “green” in arrivo
In un incontro con la stampa del 30 agosto l’ad di Banca Generali, Gian Maria Mossa, ha fatto il punto sul percorso che da alcuni anni ormai ha avvicinato la rete di consulenza al tema della sostenibilità. Con un obiettivo futuro particolarmente distintivo: dotare parte della squadra di consulenti di una certificazione specifica che caratterizzerà gli specialisti esclusivi degli investimenti “green”.
“Stiamo avviando un percorso di riconoscibilità dei consulenti devoti alla sostenibilità, ci sarà una certificazione e un nuovo brand che riguarderà il consulente che intenda lavorare solo sotto determinate condizioni”, ha dichiarato Mossa, “è un po’ un unicum in Italia”. Il progetto, ha fatto sapere l’ad, verrà annunciato verso fine anno, per poi partire nel 2024.
“Attualmente formiamo il 90% della rete a gestire le tematiche legate alla sostenibilità, come valutare il prodotto e accompagnare il cliente in questa scelta in modo consapevole”, ha precisato l’ad di Banca Generali. Quella in fase di preparazione, però, è una “certificazione più avanzata, un brand nuovo che identifica un modello di lavoro incentrato esclusivamente sulla sostenibilità”, ha dichiarato Mossa, “alcuni banker potranno decidere di identificarsi con questa casacca”.
Attualmente il 34% delle masse in gestione di Banca Generali è investita in fondi Esg, l’acronimo che identifica i criteri di sostenibilità ambientale, sociale e nella governance societaria. L’obiettivo, che il management ritiene alla portata, è arrivare al 40% entro la fine del 2024. Al termine della mappatura richiesta dall’aggiornamento della Mifid dell’agosto 2022, Banca Generali ha potuto misurare le preferenze di sostenibilità della sua clientela: il 49% ha espresso una sensibilità al tema, ha dichiarato l‘area general counsel and sustainability di Banca Generali, Elena Leonardi.
Cautela sui fondi “verde scuro”
L’offerta di Banca Generali, ha però ammesso l’ad Mossa, si concentra con grande prevalenza sui fondi “verde chiaro”, gli articolo 8 ai sensi del regolamento europeo Sfdr. Si tratta dei fondi che considerano la sostenibilità, senza che quest’ultima sia l’obiettivo centrale del fondo. Per Banca Generali si tratta del miglior compromesso per poter bilanciare obiettivi finanziari e target di sostenibilità. Leonardi ha dichiarato a We Wealth che i vincoli stringenti che la regolamentazione europea pone per i fondi articolo 9 (“verde scuro”) riduce l’universo investibile e limita le strategie d’investimento praticabili. Anche per via dell’incompletezza di alcuni dati forniti da parte delle aziende nelle proprie dichiarazioni non finanziarie, ha affermato Leonardi.
La preferenza per i fondi articolo 8, ha aggiunto, è comune anche alle concorrenti che hanno optato per moderare, al momento, l’offerta dei fondi “verde scuro”. Secondo i dati Morningstar a livello europeo, solo il 3,5% degli asset era investito in fondi articolo 9 alla fine del secondo trimestre. Nei primi due trimestri del 2023, inoltre, il numero di nuovi fondi “verde scuro” proposti sul mercato, si è più che dimezzato rispetto alla media dei sette trimestri precedenti.
Secondo Leonardi, la tendenza dell’industria resterà quella di ridurre ambizioni sulla sostenibilità, privilegiando i fondi articolo 8 su quelli articolo 9, finché le aziende non pubblicheranno dati più precisi sulla propria impronta Esg – il rischio di essere accusati di greenwashing, ha concluso Leonardi, non viene affatto sottovalutato.
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