Secondo JPMorgan il processo di riduzione dei Qe farà crescere i rendimenti dei decennali Usa, tedeschi e britannici rispettivamente di 75, 45 e 55 punti base entro la fine del 2022
Per quanto riguarda l’Eurozona, ha affermato il responsabile globale della ricerca sui tassi di Bofa, Ralf Preusser, l’impatto sui rendimenti potrebbe essere un rialzo da 20-30 punti base nel prossimo anno
E’ la storia finanziaria più discussa delle ultime settimane e continuerà ad esserlo per diverso tempo: le politiche monetarie delle maggiori banche centrali stanno cambiando intonazione, modificando quelli che sono stati gli equilibri nel periodo della pandemia. Sia la Federal Reserve sia la Banca centrale europea hanno annunciato il deciso ridimensionamento dei piani di acquisti di titoli pubblici, che hanno aumentato la moneta in circolazione e sostenuto la domanda di obbligazioni, comprimendo così i costi di finanziamento per gli Stati.
Secondo gli analisti di JPMorgan, il cambio di passo, delineato con maggior forza nelle ultime riunioni di dicembre, pone le basi per un incremento dei tassi d’interesse. Il volume di acquisti annuo di titoli condotti dalla Fed, dalla Banca d’Inghilterra, dalla Banca del Giappone e dalla Bce si ridurrà di 2mila miliardi di dollari, nel 2022 dopo un primo taglio da 1.700 miliardi già registrato quest’anno. A livello globale la riduzione degli acquisti raggiungerà i 3mila miliardi di dollari.
Secondo JPMorgan, il processo di riduzione dei Qe farà crescere i rendimenti dei decennali Usa, tedeschi e britannici rispettivamente di 75, 45 e 55 punti base entro la fine del 2022. Nella media globale, invece l’incremento dei rendimenti sarà nell’ordine dei 20-25 punti base.
Alla base queste previsioni c’è la più rapida uscita dai piani di Quantitative easing da parte delle banche centrali. La Federal Reserve ha deciso di raddoppiare da questo dicembre il ritmo di riduzione degli acquisti, da 15 a 30 miliardi di dollari, per poi ridurre a 60 miliardi gli acquisti mensili previsti a gennaio. Entro marzo, la Fed avrà terminato il suo piano di allentamento quantitativo. La Banca d’Inghilterra, da parte sua, ha deciso di procedere già da questo mese con il rialzo dei tassi, riportando il costo del denaro dallo 0,1 allo 0,25%; nel frattempo gli acquisti netti di titoli saranno interrotti entro fine 2021. Anche la Bce ha confermato l’intenzione di concludere il programma di acquisti anti-pandemia Pepp, da 1.850 miliardi di euro complessivi, entro il prossimo marzo anche se parallelamente sarà aumentato un altro programma di acquisti, l’App.
Per quanto riguarda l’Eurozona, ha affermato il responsabile globale della ricerca sui tassi di Bofa, Ralf Preusser, l’impatto sui rendimenti potrebbe essere un rialzo da 20-30 punti base nel prossimo anno. Secondo Preusser gli attuali spread sovrani, piuttosto contenuti, non sembrano tenere conto del fatto che gli stati membri dovranno far assorbire dal mercato “un pezzo molto significativo delle proprie emissioni” nel 2022. Il che sarà ancor più evidente “se i mercati sono corretti nel prezzare una fine completa degli acquisti di asset [da parte della Bce] l’anno prossimo”. Il fenomeno è particolarmente preoccupante per quei Paesi che, come l’Italia, rischiano di subire maggiormente la pressione dei mercati con richieste di rendimenti più elevate. Mentre la Bce andrà gradualmente a ridurre i suoi acquisti di titoli, e quindi il suo contributo al mantenimento dei bassi costi di finanziamento, gli stati membri e la stessa Ue emetteranno qualcosa come 157 miliardi di nuovo debito, il livello più elevato dal 2015, ha fatto notare Bnp Paribas. In queste condizioni, l’aumento dei rendimenti sembra fisiologico.
Questo scenario si farebbe ancor più evidente nel Regno Unito. Se nel 2021 il mercato, al netto degli acquisti della BoE, Londra ha dovuto far assorbire solo 14 miliardi di sterline in nuovi titoli, nel 2022 la cifra salirebbe a 110 miliardi, ha stimato ING. Al contrario, negli Stati Uniti la riduzione della spesa pubblica ridurrà le emissioni di titoli pubblici in misura superiore a quello che sarà il ridimensionamento del ruolo avuto sinora dalla Fed, con una riduzione netta sulle nuove emissioni di 500 miliardi di dollari (mille miliardi di acquisti in meno a fronte di 1.500 miliardi di minori emissioni di debito da parte del Tesoro).