Il costo degli affitti, diventato un caso dopo le proteste degli studenti in numerose città universitarie, ha riacceso le storiche polemiche delle amministrazioni locali sui presunti eccessi degli affitti brevi. La bozza di una nuova regolamentazione nazionale circolata nelle scorse settimane delineava anche un limite minimo di due notti per il soggiorno in affitto breve.
Questo paletto andrebbe a ridurre, nei grandi comuni, la ricettività turistica lasciando alle strutture alberghiere il monopolio dei soggiorni di una sola notte. Il Comune di Firenze, ritenendo “deludente” il pacchetto di proposte, ha deciso di andare oltre: l’intenzione del sindaco Dario Nardella è definire una destinazione d’uso residenziale non retroattiva “che blocchi per il futuro l’utilizzazione di residenze per affitti turistici brevi, dando quindi più spazio agli affitti di lungo periodo”.
La proposta nazionale, così come quella del Comune di Firenze, vorrebbero rispondere, in un colpo solo, a due diverse problematiche: ridurre in qualche modo l’attrattiva dell’affitto breve agli occhi dei proprietari, incoraggiandoli a tornare all’affitto tradizionale e, nel farlo, controbilanciare gli interessi degli albergatori, in parte colpiti da una nuova concorrenza di case in affitto per uso turistico. Il tema è di particolare interesse nelle città universitarie che sono, allo stesso tempo, mete turistiche: località nelle quali le scelte dei proprietari possono contribuire a ridurre l’offerta di alloggi a disposizione per gli studenti fuori sede. In questo braccio di ferro fra le amministrazioni e i proprietari di immobili (con i relativi property manager), a soccombere saranno probabilmente questi ultimi, che si dovranno rassegnare all’esigenza politica di dare una risposta al problema abitativo. Sempre che limitare gli affitti brevi sia effettivamente una soluzione. Il rischio, hanno dichiarato a We Wealth alcuni degli esponenti seduti al tavolo di consultazione riunito il 6 giugno presso il ministero del Turismo, è che la stretta sugli affitti brevi possa minare la redditività dell’investimento immobiliare e, potenzialmente, anche il valore delle abitazioni con le carte in regola per poter essere affittate per brevi periodi.
Una stretta poco favorevole all’investimento immobiliare?
Dal divieto per i soggiorni di una sola notte, “sicuramente ci sarebbe un impatto”, dice a We Wealth Marco Celani, presidente di Aigab, l’associazione che rappresenta i property manager in Italia. “Se si costringe arbitrariamente a ridurre un parte di reddito, perché deve andare a un’altra categoria”, quella degli albergatori, “diminuisce la redditività dell’immobile e di conseguenza il suo valore”, aggiunge Celani. Secondo il presidente di Aigab, inoltre, una parte consistente della domanda che oggi cerca soggiorni di una sola notte in affitto, non opterà per l’albergo, ma cercherà una casa in ‘nero’.
Nel mercato degli affitti brevi, i soggiorni di una sola notte hanno rappresentato il 6,38% del totale nel 2022, ha stimato Aigab, pari a un totale di 1,35 milioni di prenotazioni e un fatturato da 300 milioni di euro. Milano sarebbe il capoluogo più colpito dall’eventuale divieto sul soggiorno minimo, dato che il 16,7% delle prenotazioni in affitto breve sono per una sola notte, seguito da Napoli (14,2%) e Genova (11,7%).
L’investimento immobiliare, “negli ultimi cinque- sei anni è stato attratto” dalla possibilità di mettere a reddito la casa per l’affitto breve, dice Gian Battista Baccarini, presidente nazionale della Federazione italiana agenti immobiliari professionali (Fiaip). Limitare il perimetro di utilizzo per gli affitti brevi potrebbe lanciare un cattivo segnale agli investitori immobiliari, che su futuri acquisti “potrebbero pensarci due volte”.
Inoltre, limitare l’affitto breve per favorire un incremento dell’offerta di immobili disponibili per la locazione a lungo termine, secondo il presidente di Fiaip è un’idea “miope”, se l’obiettivo è invertire la storica carenza delle politiche abitative, in particolare nelle grandi città. La proposta di sottrarre agli affitti brevi i soggiorni di una sola notte va interpretata come “un regalo a Federalberghi”, secondo Celani, il quale sostiene che l’impatto degli affitti brevi sui rincari degli affitti a lungo termine sarebbe trascurabile.
Caro affitti, possibili soluzioni
I presidenti di Aigab e Fiaip concordano sul fatto che le ragioni che spingono i proprietari verso l’affitto breve, la flessibilità nel rientro in possesso dell’immobile e il superamento dei problemi di morosità, resteranno prevalenti anche in caso di stretta normativa sul settore. Di conseguenza, Fiaip non prevede alcun “travaso” da una tipologia di locazione all’altra: i proprietari subiranno l’eventuale perdita di redditività, ma non rinunceranno ai vantaggi dell’affitto breve. Il problema abitativo, dichiara Baccaglini, avrebbe bisogno di altre soluzioni aumentare l’offerta di immobili disponibili, in particolare “un piano di riqualificazione del patrimonio pubblico, che metta disposizione nuovi spazi a canoni calmierati”.
Si può incentivare anche il settore privato con strumenti di tipo fiscale, ha aggiunto il presidente di Fiaip, come “una esenzione Imu per chi affitta a studenti fuori sede, o incentivi di tipo urbanistico” per la ricostruzione di immobili con la possibilità di cambiare la destinazione di utilizzo. Al di là delle considerazioni sull’efficacia della stretta agli affitti di breve durata come misura di sostegno alle politiche abitative, per chi investe è importante osservare come la proposta del governo abbia già deluso alcune città e rischi di andare incontro a giri di vite ancora più severi a livello locale. Nelle grandi città e nelle località turistiche, quelle più esposte alle strette normative, l’investimento immobiliare rischia di avere un vento contrario in più, in un contesto già sfidato dall’aumento dei tassi e dal caro-mutui.
Articolo tratto dal numero di luglio/agosto di We Wealth
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