Le “Neo-banks” su scala europea, per Pastore, hanno conquistato e sottratto alle banche tradizionali una base di clientela importante
Secondo il partner di A.T. Kearney gli intermediari finanziari devono “andare oltre la pura applicazione della regolamentazione, che può essere stata realizzata più o meno bene dai rapporti Mifid distribuiti ultimamente alla clientela”
Il declino dei ricavi in Italia è comune anche all’Europa, anche se da noi è stato più marcato. Perché l’Italia ha avuto questo risultato? Essenzialmente il declino dei tassi di interesse – che sono a 0 se non sotto zero in alcuni casi – in un mercato che ha ancora una forte dipendenza dal margine di interesse è stato piuttosto significativo. I margini italiani su alcuni prodotti erano interessanti pre-crisi e quindi il fenomeno dei tassi in calo è stato particolarmente significativo.
Quali saranno le ulteriori conseguenze per il sistema bancario?
Si verificherà un fenomeno di aumento del livello di concorrenza: lo sviluppo di nuovi modelli di business sta iniziando a erodere la base della clientela, o meglio l’intensità dell’uso delle banche tradizionali rispetto al passato. Il numero di clienti non è diminuito, ma entrano nuovi concorrenti sul mercato che erodono il numero di prodotti e servizi venduti. Per esempio le “Neo-banks” su scala europea hanno conquistato una base di clientela importante.
Il calo si vedrà anche nel settore del risparmio gestito?
Le commissioni sul risparmio gestito non sono ancora calate in modo significativo. Ma con Mifid2 è iniziata una certa inversione di tendenza, che credo proseguirà nei prossimi anni.
Banche e fintech sarà partnership o guerra?
È un tema molto dibattuto e la risposta non è univoca. All’inizio le banche tradizionali temevano la concorrenza delle fintech, adesso si va decisamente verso la strada della partnership. In realtà dipende dal tipo di fintech: ci sono società ex fintech come N26 o Revolut per esempio, che possono anche essere partner di alcune banche più piccole, ma sono in concorrenza diretta con le banche più consolidate. Nel settore del risparmio gestito è molto interessante il tema del robo advisory: dal considerarli elementi di pura disruption sono stati spesso integrati nelle offerte delle grandi banche. Rimarranno comunque in una posizione autonoma alcuni grandi players nel robo-advisory attivi su mercati esteri.
Instaurare partnership con il mondo fintech sarà la strada che gli istituti di credito italiani dovranno intraprendere per tenere il passo della produttività europea?
Non credo che il fintech sia l’unica soluzione ai problemi delle banche. Credo invece che sia necessario cambiare il modello di business. Il vero problema per le banche, soprattutto quelle di medie e piccole dimensioni, è quello di dover fare delle scelte di cambiamento, evitando di replicare tutte lo stesso modello. Se una banca si specializza in un servizio o settore avrà più probabilità di ottenere buoni risultati. Il risparmio gestito ad esempio offre opportunità di specializzazione e costruzione di un posizionamento strategico sostenibile nel medio-lungo termine.
In che senso?
L’Italia è un paese ricco di risparmio, anche se devo dire molto male utilizzato da parte dei clienti. Sicuramente per una banca distinguersi in questo settore è una delle strade per mantenere e sviluppare clientela.
A proposito di risparmio gestito, quali sono le opportunità del settore in questo momento?
Sulla base dei risultati raggiunti dalle banche-reti, che sono cresciute nel settore del risparmio gestito e che si sono dimostrate in grado di mantenere il rapporto con la propria clientela anche nei periodi di crisi, le banche devono aumentare il contenuto di consulenza con i segmenti di clientela che hanno il potenziale, oltre che l’attitudine, per utilizzare questo tipo di servizio. Per gli altri segmenti, privi di potenziale o semplicemente non inclini al rapporto consulenziale, l’evoluzione della tecnologia potrà aiutare a trovare soluzioni più efficienti.
Mifid2 non ha portato più trasparenza nel rapporto cliente-consulente?
Sì, la trasparenza viene imposta dalla legge. Il problema è andare oltre la pura applicazione della regolamentazione, che può essere stata realizzata più o meno bene dai rapporti Mifid distribuiti ultimamente alla clientela. A questo bisogna aggiungere valore attraverso maggiori servizi di consulenza alla clientela, specializzando i modelli, utilizzando le fintech.
Quanto è importante oggi il ricollocamento e la formazione dei dipendenti per una banca?
La trasformazione passa anche attraverso una riqualificazione massiccia delle risorse umane. Il taglio dei dipendenti non è inevitabile. Ci sono banche che non lo fanno, come Intesa Sanpaolo per esempio, e se si riesce ad arrivare a masse critiche di un certo tipo il taglio non è necessario. È molto più importante riqualificare il proprio personale. Essendoci un’età media piuttosto elevata nel settore, con l’andare del tempo si presenta l’occasione giusta per riconvertire e/o formare giovani secondo mestieri nuovi. C’è un percorso quasi naturale di ricambio generazionale che può andare a vantaggio delle banche.