Bond: se tornassimo indietro di 33 anni, cosa cambieremmo?

Il comparto obbligazionario ha affrontato diverse turbolenze nel corso degli ultimi 30 anni. Secondo gli esperti di T. Rowe Price, le opportunità d’investimento sono state diverse e riconoscerle è importante per affrontare al meglio il futuro

Se tornassimo indietro di 33 anni, cosa faremmo di diverso? Mark Vaselkiv, chief investment officer del comparto fixed income di T. Rowe Price, non scapperebbe davanti al fuoco provocato dalle diverse crisi finanziarie intercorse negli anni. Al contrario, correrebbe incontro al comparto obbligazionario (specie quello ad alto rendimento) mentre gli altri cercano una via d’uscita. La strategia del “porsi come un fornitore di liquidità quando tutti gli altri vendono” potrebbe quindi rivelarsi la chiave.

4 lezioni dalla storia dei bond

Gli scorsi tre decenni hanno dimostrato che avere la capacità e il coraggio di invertire la rotta e intercettare le grandi tendenze settoriali premia. Come comportarsi allora in futuro? Partiamo da quattro lezioni che ci arrivano dalla storia.

Anzitutto, un approccio opportunistico mirato all’apprezzamento del capitale è, secondo Vaselkiv di T. Rowe Price, la prima lezione da non dimenticare. A partire dalla bancarotta della banca d’investimento americana, Drexel Brunham, fallita nel febbraio 1990, fino alle crisi degli ultimi anni (l’ultima delle quali, nel marzo 2020, a seguito della pandemia da coronavirus) il comparto high yield, al pari di tutti i principali asset rischiosi, è stato oggetto di forti ribassi sulla paura di investitori che hanno risposto ai cali con le vendite. Alle turbolenze che hanno scosso i mercati, sono però seguiti periodi di ripresa vigorosa e ottime performance, specie per le attività a rapporto rischio/rendimento più elevato.

In secondo luogo, comportarsi da “residenti” per beneficare dell’interesse composto può portare benefici a lungo termine. “Chi è entrato presto ed è rimasto a lungo investito in un comparto obbligazionario ad alto rendimento ha beneficiato di performance a doppia cifra anno dopo anno: 100 dollari investiti nell’indice CSFB High Yield nel 1988 sarebbero diventati 1274 alla fine del 2020”.

In terza analisi, sottolinea Vaselkiv, è importante riuscire a individuare e sostenere gli innovatori di ogni grande tendenza settoriale: “Ricordo le resistenze dei clienti negli anni 2010 su due delle nostre posizioni, Tesla e Netflix, che bruciavano enormi quantità di cash flow”. In questi casi, le priorità di gestione del rischio potrebbero limitare l’esposizione ai settori in crescita, riducendo però al contempo anche le opportunità di più lungo periodo.

L’entusiasmo dell’innovazione non deve tuttavia sopraffare la lucidità nel riconoscere quando è il momento della ritirata, incassando nel caso la relativa perdita. E’ questa la quarta lezione che la storia insegna. Caso emblematico fu quello del settore del gioco d’azzardo, che dovette affrontare il declino provocato dal fallimento nel 1991 del casinò di lusso Taj Mahal ad Atlantic City. Un settore che non riuscì a riprendersi per via della pericolosità del modello di business in sé.

E per il futuro?

“Negli ultimi anni gli spread dell’high yield globale hanno raggiunto i minimi storici” sottolinea Vaselkiv, escludendo la possibilità di avere cedole a doppia cifra nel prossimo futuro. La graduale normalizzazione dei tassi di interesse fa sì che le prospettive per i prossimi 5 anni rimangano comunque positive. “Ci aspettiamo una moderazione dei ritorni azionari nel tempo, man mano che le allocazioni degli investitori cominciano a orientarsi di nuovo sul reddito fisso, oltre che sulle strategie a gestione attiva con un potenziale di remunerazione superiore, come il credito e il debito dei mercati emergenti, sia sovrano che societario” continua l’esperto.
Un’attenzione particolare rimane dedicata al mondo del private equity. “Il mercato high yield rappresenta una fonte di capitale molto rilevante per queste società” afferma Valselkiv. “Potremmo vedere una rinascita nel private equity nei prossimi 3/5 anni, con il mercato high yield candidato a essere un finanziatore cruciale per quelle imprese”.

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