Tutti i record del 2021 e una postilla: il 2022 sarà diverso

Con il 2021 si conclude un anno record per i mercati, a causa anzitutto di due fattori: la liquidità immessa nel sistema dalle banche centrali e le politiche fiscali generose da parte di governi e autorità. Ne parliamo con Alberto Tocchio, Head of Mutual Funds di Kairos Partners Sgr

Il mercato non poteva fare altrimenti: nel 2021, il comparto azionario, primo tra tutti, ha seguito pedissequamente la liquidità nel sistema, incanalandola verso quelle attività capaci di offrire un rendimento più soddisfacente rispetto ai tassi correnti.

I record del 2021 (senza nuova replica)

“Nel 2021 abbiamo assistito a un monte di acquisti sul mercato azionario pari a quello registrati in tutti i 20 anni precedenti sommati” commenta Alberto Tocchio, Head of Mutual Funds di Kairos Partners Sgr. L’anno che si sta concludendo è inoltre visto come un anno atipico: solo il 10% dei flussi è arrivato dalla gestione attiva con analisi fondamentale: “Il grosso degli acquisti è andato verso il canale del passivo (prodotti indicizzati e ETF), ampliando sempre più l’esposizione del mercato alle aziende più grandi nei singoli panieri. Un esempio arriva dalla tecnologia: nei primi 11 mesi dell’anno il Nasdaq ha ottenuta una performance positiva superiore al 20%; tuttavia” prosegue Tocchio, “il titolo medio, sul paniere delle 100 aziende tecnologiche a maggior capitalizzazione, ha perso l 17%. Questo è accaduto per via della complessa dinamica settoriale sottostante le singole attività e di titoli spesso lasciati in secondo piano da una analisi più alta dell’indice”. Il 2022 potrebbe invece essere diverso, lasciando maggiore spazio ai gestori per potere fare la differenza.

Il passo 2021 ancora dettato dagli Usa

Il 2021, ancora una volta, ha portato con sé la conferma della leadership statunitense sui mercati internazionali, creando tuttavia una discrepanza coi livelli di crescita economica: gli Stati Uniti pesano infatti il 60% dell’indice MSCI world, ma solo un quarto a livello di crescita economica mondiale. Il 2022? “Sarà un anno di cambiamenti” prosegue il gestore e qualche indicazione arriva dai recenti movimenti di mercato. Se si analizza l’indice Russell 2000 delle small cap americane, “esso ha perso oltre il 10% in due settimane all’inizio di dicembre, una performance che di solito si registra in più mesi. Può che al calo in sé, ciò che rileva è la velocità di reazione di un mercato che sta dando avvisaglie di cambiamento nei prossimi mesi”.

Il binomio banche centrali-pandemia

Anzitutto, sul fronte delle banche centrali. “Le banche centrali monitorano tutti i dati, fornendo a tratti messaggi anche contraddittori: la Federal Reserve si trova in una fase in cui il dato sull’unemployment benefit a dicembre ha toccato i minimi da 52 anni, i consumi proseguono incessanti foraggiati dall’impiego di liquidità risparmiata (con l’inflazione che ha toccato a novembre i massimi dal 1982) e mercati che macinano record consecutivi. Tuttavia, pur con la volontà di accelerare sul tapering, l’atteggiamento sul 2022 resta moderato”. Al momento, il mercato prezza almeno due rialzi dei tassi nel prossimo anno; “quello che però non prezza è la volatilità che ne conseguirà, che potrebbe essere accentuata dal venir meno degli afflussi verso prodotti passivi, che improvvisamente si potrebbero trovare a dover vendere” precisa Tocchio.
A ciò si aggiunge l’incognita della variante Omicron, che persisterà ancora almeno fino alla fine dell’inverno e che potrebbe rallentare il ritmo del ribilanciamento monetario.

Cosa dire in termini di posizionamento?

“Sul fronte delle dinamiche di portafoglio, potrebbero funzionare bene i titoli value, il settore dell’energia, che offre il pagamento di dividendi soddisfacenti (in assenza di rendimenti cedolari obbligazionari commisurati) e i titoli del settore finanziario, con valutazione interessanti per le banche europee (che risentirebbero positivamente di un rialzo dei tassi).
Positiva ancora la view sulla tecnologia, che resta una fonte di crescita futura certa. Tuttavia, il comparto tech potrebbe fare bene soprattutto nella seconda metà dell’anno, quando le questioni più di breve saranno riassorbite e quando una nuova, eventuale, rotazione di portafoglio potrà dirsi conclusa.”
L’Europa rimane interessante anzitutto per le sue valutazioni: “Il price/earning dei titoli del Vecchio Continente è oggi a sconto di circa il 30% rispetto a quello statunitense”. In Europa, più che negli Stati Uniti, resta cruciale il supporto offerto sul fronte fiscale e le declinazioni ch’esso avrà a livello di nuovi investimenti.
Infine, discorso a sé stante per la Cina. Dopo il giro di vite effettuato da Pechino nel corso di tutto il 2021, “ora l’economia cinese ha le carte in regola per fare bene il prossimo anno. Mentre infatti il mondo occidentale si concedeva liquidità record, “Pechino ha adottato la strategia politica della purificazione, ponendo nuove solide basi per la crescita futura”.
Ultimo tema, quello che tocca la componente ESG. “In Kairos crediamo che l’aspetto ambientale, sociale e di governance degli investimenti occupi ormai posizione prioritaria”. Tra le novità in arrivo è allo studio il primo fondo long-short articolo 9 (con un obiettivo di investimento sostenibile) per potere anche andare corti su aziende che non rispettano criteri ESG, premiando le aziende più virtuose.

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