Purè Monet e salsa Van Gogh: l’attivismo con l’arte serve?

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Quella di prendersela con le opere d’arte più conosciute al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sul cambiamento climatico è stata la moda del 2022. Un’abitudine che rischia di costare molto cara, anche in termini di premi assicurativi

Si fatica ormai a contare gli episodi di attivismo contro opere d’arte che si sono verificati in quest’ultimo anno. 

Solo per citarne alcuni, in ordine sparso: l’iconica “Ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer, esibita a L’Aja, cui i protestanti del movimento Just Stop Oil si sono incollati; “I covoni di fieno”, dipinto di Monet da 111 milioni di euro, al Barberini Museum di Potsdam, Germania, imbrattato con purea di patate; i “Girasoli” di Van Gogh della National Gallery di Londra, colpiti dalla salsa di pomodoro lanciata da alcuni protestanti per il cambiamento climatico; la “Primavera” di Botticelli alle Gallerie degli Uffizi di Firenze, vittima di due ragazze, che si sono incollate al vetro che la protegge; “Vita e Morte”, opera di Klimt del 1915, collocata al Leopold Museum di Vienna, ricoperta da un liquido nero e oleoso da due manifestanti di Letzte Generation (Last Generation); il “Seminatore al tramonto”, sempre di Van Gogh, in esposizione a Palazzo Bonaparte a Roma, cui gli attivisti di Ultima Generazione si sono incollati, dopo averlo imbrattato. 

E si potrebbe proseguire ancora, con un elenco molto più lungo… 

Opere d’arte a rischio a causa dell’attivismo ambientalista 

C’è da dire che qualche attacco è stato anche sventato: ad esempio, le guardie all’ingresso del Musée d’Orsay di Parigi hanno fermato una ragazza, dopo aver scoperto che, sotto la sua felpa, indossava una maglietta di Just Stop Oil, e che le sue intenzioni erano quelle di incollarsi al dipinto di Van Gogh “Autoritratto a Saint Remy” e di imbrattarlo. 

Alcuni sembrano schierarsi con questi movimenti, sostenendo che colpire l’arte è colpire la ricchezza e quindi risvegliare l’opinione pubblica “dormiente”, nonché i potenti in tutto il mondo, su temi di grande attualità, che, seppur ormai trattati quotidianamente, non vengono in realtà poi affrontati con misure adeguate a livello governativo internazionale. Le proteste vorrebbero perciò provocare delle reazioni immediate e più efficaci. 

Per altri, al contrario, queste proteste stanno paradossalmente diventando qualcosa di scontato e prevedibile, e, soprattutto, non hanno mai sortito alcun effetto, se non quello di accanirsi su emblemi di cultura, mettendone a rischio l’integrità e la fruibilità: di fatto, si traducono semplicemente in un danno per l’arte e per i luoghi che la ospitano. 

L’opinione prevalente sembra proprio essere quest’ultima, non solo tra i più conservatori. 

Le reazioni dei musei 

Ma quali sono le reazioni dei musei? 

È stato chiuso per 5 giorni il Museum Barberini di Potsdam, Germania: un segno di protesta, ma anche un momento di riflessione. 

Moltissime istituzioni, tra cui il Guggenheim di New York e il Louvre di Parigi, recentemente hanno rilasciato un comunicato, condannando i gesti degli attivisti e sottolineando che queste azioni sottovalutano gravemente la fragilità e unicità degli oggetti d’arte. 

La preoccupazione di tali enti va anche, però, in un altro senso: sono già diverse le richieste dei privati collezionisti che domandano la restituzione anticipata delle opere concesse in prestito… il timore è che le pareti dei musei diventino sempre più spoglie. 

Dal punto di vista più strettamente giuridico e legale, queste azioni hanno sollevato la questione della adeguatezza degli standard internazionali adottati per la tutela delle opere d’arte: tutti i dipinti erano protetti da un vetro o da uno schermo, e non sono stati danneggiati, ma … cosa bisogna aspettarsi in futuro? 

Non solo assicurazioni 

Le compagnie assicurative anticipano già possibili aumenti dei prezzi dei premi

Peraltro, a prescindere dalle manifestazioni dei protestanti, è verosimile che, nel 2023, i premi assicurativi aumentino comunque, proprio per via dell’accrescersi del rischio di incendio e inondazione, determinato dal riscaldamento globale, cui si affianca l’inflazione galoppante

Oltre a questo, potrebbe rendersi necessario aggiungere una ulteriore voce di costo, per i casi in cui le opere non vengano direttamente danneggiate, ma si renda comunque necessario ripulirle o restaurare la loro cornice o il loro supporto. Questi interventi possono richiedere una spesa di svariate centinaia di migliaia di euro. 

E ancora, il profilo di rischio dell’assicurato potrebbe cambiare, qualora le misure di sicurezza e preservazione dei beni non venissero adeguate all’ondata di azioni di protesta: ma l’adeguamento, a sua volta, potrebbe far decollare i costi destinati ad implementare le più opportune modifiche, quali quelle sui sistemi di vigilanza, anti-intrusione e tecnologici. 

Infine, la paura è quella che le proteste subiscano un’escalation: fino ad ora gli attivisti hanno inscenato interventi eclatanti e teatrali, ma senza arrivare mai a “toccare” effettivamente le opere. 

Cosa succederebbe se, in futuro, i manifestanti dimostrassero meno attenzione?

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