Il caso Cattelan-Druet: chi è l’autore? Him!

Nella produzione di opere d’arte, la partecipazione di più soggetti al processo creativo è quasi norma ed è una prassi che si perpetua dalla notte dei tempi. Ma cosa succede se un noto artista commissiona la realizzazione di un’idea a un terzo: chi è l’autore dell’opera? L’ideatore del progetto ovvero il realizzatore? A chi spettano i diritti e le fortune economiche che l’opera può generare? Il caso Cattelan-Druet

Prologo 

La storia della creatività è ricca di opere realizzate con il contributo indistinguibile e inscindibile di più autori (cosiddette “opere congiunte”: a livello letterario, si ricorda la celebre coppia Fruttero & Lucentini). Così come vi sono casi in cui un’opera risulta dall’unione di opere o parti di opere che hanno carattere di creazione autonoma (opere collettive: per esempio, un giornale), in cui convivono i diritti degli autori delle singole opere e quello di chi organizza e dirige l’opera collettiva, scegliendo e coordinando le sue singole componenti.
In ambito artistico, la collaborazione tra l’artista e i suoi allievi ovvero coloro che lavorano nella sua bottega si perde nella notte dei tempi. È spesso difficile distinguere dove sia intervenuta la mano dell’artista e dove abbiano contribuito altri artisti del suo studio, a volte più giovani ma non meno talentuosi. 

Nel caso di opere tridimensionali, la partecipazione di vari soggetti nel processo creativo è ancora più evidente: allo scultore che crea il modello in creta, qualora l’opera – per sua volontà ovvero per quella dei suoi eredi – possa essere tradotta in un diverso materiale (per esempio il bronzo), si affianca normalmente il fonditore, che – forse a torto – è a volte considerato una figura subalterna, un mero esecutore di istruzioni dell’artista, ovvero se l’artista è deceduto, dei suoi eredi.
Ma cosa succede se un noto artista commissiona la realizzazione di un’idea a un terzo, magari anche lui o lei un artista, fornendogli precise istruzioni su come realizzarla: chi è l’autore dell’opera? L’artista ideatore del progetto ovvero il realizzatore? A chi spettano i diritti e le fortune economiche che l’opera può generare?
Queste domande sono al centro di una accesa disputa tra Maurizio Cattelan e lo scultore e ceroplasta francese Daniel Druet, a cui l’artista italiano aveva commissionato nove sculture realizzate tra il 1999 e il 2006, tra cui La nona ora, che rappresenta Papa Wojtyla abbattuto da un meteorite e Him (2001), che raffigura Hitler inginocchiato con le mani giunte. 

Giuseppe Calabi

La causa è stata promossa in Francia da Druet nei confronti della Galleria Perrotin, che rappresenta Cattelan e del Musée de la Monnaie di Parigi, dove nel 2016 si è tenuta una mostra dell’artista italiano dal titolo Not Afraid of Love. Druet lamenta di non essere stato citato nemmeno come coautore delle opere dallo stesso realizzate su commissione di Cattelan, chiedendo un risarcimento di quattro milioni di euro. Non pare una scelta casuale quella di Druet di non aver intentato la causa direttamente nei confronti di Cattelan, che è residente in Italia e, quindi, avrebbe dovuto essere citato davanti ad un giudice italiano (la sentenza è stata emessa nel mese di luglio, ndr). Da un lato, la tesi di Druet che afferma che la componente creativa delle opere, necessaria anche in Francia per l’insorgenza dei diritti d’autore, è essenzialmente la sua. Lui è l’artista che ha realizzato le nove opere, mentre Cattelan si è limitato a fornire istruzioni generiche sui soggetti che il ceroplasta doveva realizzare in base al contratto sottoscritto tra le parti. 

Quindi, il suo diritto morale d’autore, ossia il diritto di essere riconosciuto come autore delle opere è stato leso. Dall’altro, la tesi della Galleria Perrotin (ed anche dell’avvocato francese di Cattelan), che ha sottolineato il ruolo attivo svolto dall’artista italiano e le precise istruzioni dallo stesso indirizzate a Druet. Sullo sfondo, il più vasto tema della tutela giuridica dell’arte concettuale, nella quale – citando Sol LeWitt – “l’idea o il concetto sono i più importanti aspetti dell’opera”. Ma come si concilia questa teoria con il consolidato principio del diritto d’autore in base al quale non sono tutelabili le idee, ma solo la loro espressione? Il giudice francese dovrà verificare se Cattelan si sia limitato a chiedere a Druet di realizzare una cera di Giovanni Paolo II sdraiato o di Hitler inginocchiato, oppure se abbia dato indicazioni più dettagliate e correzioni anche nel corso della realizzazione delle opere, ovvero se ed in quale misura sia intervenuto successivamente alla loro consegna da parte di Druet, imprimendo a tali opere la propria esclusiva autorialità. 

La difesa della Galleria Perrotin ha citato un importante precedente della Cassazione francese che nel 2021, in una causa relativa ad una riproduzione tridimensionale postuma tratta da una gouache dell’artista Georges Braques, ha confermato che la legge non richiede che un esemplare, per essere originale, “emani da un’esecuzione manuale dell’artista”, ma è sufficiente che sia realizzato su sua autorizzazione (e nei limiti dell’autorizzazione) e sotto il suo controllo o quello dei suoi aventi causa. Sulla base di questo precedente, la Galleria Perrotin ha argomentato che per essere autore di un’opera concettuale non occorre neppure che l’artista abbia messo le proprie mani sulla materia, potendosi limitare a correggere un dettaglio dell’opera. Sicuramente la decisione del Tribunale francese (nel momento in cui scriviamo non è ancora nota), quale
che ne sia l’esito, farà discutere. Se dovesse accogliere le domande di Druet, la sentenza potrebbe aprire le porte a numerose cause in cui collaboratori di artisti rinomati rivendichino un proprio posto al sole e chiedano anche di partecipare alle fortune economiche delle opere realizzate con il proprio contributo. Una soluzione di compromesso potrebbe essere quella di prevedere che l’artista, pur restando l’autore esclusivo dell’opera, riconosca pubblicamente il ruolo svolto da chi ha contribuito a realizzarla. 

Sharon Hecker

Qual è il vero rapporto tra gli artisti e gli artigiani che lavorano con o per gli artisti o che eseguono lavori commissionati per conto dell’artista? Il lavoro dell’artigiano non è necessariamente o sempre “meramente esecutivo” o privo di pensiero. A differenza di quanto è stato scritto sul caso Druet-Cattelan nel mondo giuridico, per la storia dell’arte il termine “artigiano” è molto più sfumato e complesso. Dobbiamo distinguere tra diversi livelli di competenza. Il giovane scalpellino nello studio di Canova, il cui lavoro consisteva nel rimuovere le parti grezze del marmo con uno scalpello per prepararlo per l’artista, non ha la stessa esperienza o competenza del maestro artigiano. In contrasto con la divisione legale del lavoro tra mente autoriale e mani esecutrici, esiste una lunga storia di profondo rispetto reciproco tra gli artisti e gli artigiani con cui lavorano. Le sculture di Rodin sarebbero state molto più povere senza il rapporto duraturo con i suoi patinatori, i celebri fratelli Limet, noti nella storia dell’arte per le loro inventive patine chimiche e i colori che riuscivano a produrre. 

Molte volte le scelte artistiche vengono fatte insieme all’artigiano.
Nell’arte contemporanea, Donald Judd ha lavorato intensamente per tutta la sua carriera con il maestro artigiano Peter Ballantine. Il suo ruolo era così importante che il Guggenheim Museum scelse di fare “de-commissioning” delle opere di Judd che non erano state realizzate da Ballantine, ma da artigiani che non conoscevano l’estetica di Judd. Inoltre, il concetto giuridico del primato dell’artista sull’artigiano è falso, come dimostra la storia dell’arte. Le fonderie hanno regolarmente impresso, e lo fanno tuttora, il nome della fonderia sui bronzi degli artisti, come si vede in molte sculture di Marino Marini. Su alcune opere importanti, Lucio Fontana e il suo ceramista di fiducia, Tullio d’Albissola, hanno firmato insieme le opere. La scultrice Beverly Pepper si è spinta oltre, realizzando un monumento ai saldatori delle fabbriche di Piombino, intitolato Agli operai di Piombino, per onorare la loro collaborazione con lei. In alcuni momenti della storia, la bilancia si è spostata a favore dell’artigiano. A volte il marchio della fonderia aveva un tale potere come garante della qualità da diventare più importante del nome dell’artista, che veniva eliminato. 

Una scultura della Fonderia Barbedienne alla fine del XIX secolo aveva un proprio valore artistico, economico e intellettuale che non era necessariamente legato all’artista che aveva presentato il modello da fondere. Ferdinand Barbedienne si rifiutava di fondere sculture che non riteneva degne del suo marchio. Sarebbe una buona idea elencare tutte le mani che contribuiscono a un’opera d’arte? Sì. È necessario un nuovo sistema standard di accredito, come nei titoli di coda
di un film
. Questo tipo di sistema diventa urgente per combattere la falsa eroizzazione odierna del singolo artista come genio creatore solitario (di solito maschile) rispetto al duro lavoro manuale e intellettuale che viene svolto, spesso da altri, nella realizzazione di un’opera d’arte. Il caso di Cattelan è emblematico e potrebbe essere un catalizzatore per un nuovo modo di considerare i maestri artigiani. In definitiva, è lo sviluppo di un forte rapporto di rispetto e fiducia tra artista e artigiano a essere importante. Forse se Cattelan ci avesse pensato prima, non ci sarebbero stati sentimenti di rabbia da parte di Druet e forse nemmeno bisogno di intraprendere un’azione legale.

Articolo tratto dal numero di luglio-agosto 2022 del magazine We Wealth

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