Recessione Eurozona: solo un mito o un fattore inevitabile?

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Se fino a qualche mese fa si pensava che l’Europa fosse spacciata e che la recessione fosse inevitabile, ora non è più così. Tuttavia non è ancora il momento di ignorare completamente il rischio secondo Capital Group, che indica sette domande chiave a cui trovare una risposta

Durante lo scorso autunno l’aria fredda che ha attraversato l’Europa sembrava suggerire che sarebbe arrivata a breve una recessione: le aspettative dicevano che il Pil delle principali economie europee si sarebbe contratto nella seconda metà del 2022, per poi continuare con una caduta dell’1/2% in Germania, Francia, Italia, Spagna, Olanda e Regno Unito nel 2023, senza considerare i prezzi dell’energia che avevano raggiunto vette stellari o l’alta inflazione.

Tuttavia, a posteriori, le previsioni si sono fortunatamente rivelate false. Nonostante il 2022 si sia chiuso con una inflazione su base annua del 9,2% e le pressioni geopolitiche continuino ad imporsi sul territorio, l’Eurozona è riuscita a crescere: secondo i dati dell’Eurostat l’anno passato si è chiuso con una crescita dello 0,1%, rispetto alle aspettative degli economisti di una decrescita dello 0,1%. E non si è trattato solo di una espansione economica, ma anche di una ripresa degli animi: le ricerche della Commissione europea hanno provato che il livello di fiducia dei consumatori, così come quella delle industrie, si sta piano piano rinsaldando.

Per ora le previsioni parlano di un sicuro rallentamento dell’economia nel 2023, ma i pareri discordano sulle probabilità di recessione. Secondo il Fondo monetario internazionale l’economia dell’Italia andrà sotto zero (-0,2%), mentre l’Ocse (+0,2%) e l’Unione europea sono più ottimiste. Basti pensare che la Commissione europea è passata dall’aspettarsi una crescita dello 0,3% qualche mese fa, ad un dello 0,8%. Insomma la probabilità esiste ancora, ma secondo Capital Group grazie alla diminuzione del costo dell’energia verso fine anno e al supporto fiscale che hanno offerto alcuni governi, si può iniziare ad immaginare un fine 2023 all’insegna della ripartenza.

Ma nel frattempo cosa ci si può aspettare dal mercato? Anche in questo caso i pareri sono discordanti. Robert Lind, economista di Capital Group spiega che “mentre alcuni colleghi vedono segnali negativi nel mercato obbligazionario, altri hanno sottolineato un aumento di quasi 300 punti base nei rendimenti reali nei principali mercati durante l’ultimo anno”. Per esempio i Bund tedeschi a 10 anni sono caratterizzati da un segno positivo per la prima volta dal 2014: se a marzo scorso si attestavano al -2,7% ora si aggirano intorno al +2,3%.

Le 7 domande a cui dare una risposta per capire il futuro

Per intuire cosa potrà accadere in Europa nel 2023 e negli anni a venire, secondo Capital Group, è necessario trovare risposta a sette domande chiave:

  • Il livello dei rendimenti reali determina l’economia e i mercati?
  • Quanto servirà alle banche centrali per invertire il ritmo della loro politica, da un innalzamento dei tassi a un abbassamento?
  • Gli Stati Uniti riusciranno a uscire da questa crisi grazie a un atterraggio morbido?
  • Quale sarà l’effetto della riapertura della Cina?
  • L’Europa riuscirà ad affrontare la crisi energetica facendo meglio delle aspettative?
  • Le politiche di bilancio sono diventate meno rigide?
  • Il comportamento reflazionistico del settore privato nell’Eurozona è diverso dalla mentalità deflazionistica degli anni 2010?

In una situazione ottimale si avrebbero già le risposte a tutte queste domande, ma la realtà è ben diversa, in economia non esistono certezze sempre valide, solo il tempo potrà dare una risposta. Se molti esperti sembrano sostenere che l’Eurozona sia ormai uscita dal rischio recessione, Lind preferisce rimanere cauto. Si aspetta, infatti, “una lieve recessione nell’Eurozona, che colpirà soprattutto la Germania, con il Pil annuale del 2023 che avrà un calo tra lo 0,25 e lo 0,50%. Il Regno Unito sarà probabilmente il paese a soffrirne di più, dato il grande problema dell’inflazione, il quasi assente supporto fiscale e una forte sensibilità data dagli alti tassi di interesse”.

In ogni caso prevedere una grave recessione con un grande anticipo non è semplice, molto è nelle mani del settore privato e di come questo reagirà al continuo aumento dei tassi e all’abbassamento del costo delle case, ma è innegabile che il rischio c’è e vada ancora considerato.


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