La Cina, la voglia di indipendenza e gli effetti collaterali

La stretta sulla regolamentazione cinese mira alla stabilità sociale ed economica del Paese, non senza evidenti effetti collaterali. Tra i settori più colpiti, tecnologia e istruzione privata, ma il giro di vite va ben oltre

La stretta sulla regolamentazione adottata dalla Cina ha un chiaro, comune, obiettivo: puntare alla stabilità sociale ed economica e rafforzare le capacità produttiva e di spesa interna. Il tutto, non senza effetti collaterali.
Dallo stop alla quotazione di Ant, affiliata finanziaria del gruppo Alibaba a fine 2020, alla multa da 2,8 miliardi di dollari comminata alla stessa Alibaba nell’aprile 2021 per abuso di posizione dominante, al divieto di contrattazioni e pagamenti in bitcoin di maggio: il climax di regole stringenti ha colpito i settori dell’e-commerce, dell’e-payments, della tecnologia (che ad agosto ha risentito dell’approvazione della più severa legge sulla privacy attualmente in vigore al mondo) e dell’istruzione privata (con lo stop da parte dello Stato del tutoring post scuola online).

Tecnologia, parola d’ordine: indipendenza

Ragionando sul comparto tecnologico, la Cina ambisce a fare di più per sviluppare e rafforzare indipendentemente le sue capacità, specie a fronte del riaccendersi delle tensioni con gli Stati Uniti (anche a seguito dell’uscita di scena dell’ex presidente americano, Donald Trump, che ha dato inizio alla guerra commerciale per la supremazia tecnologica nel 2018). Un obiettivo, quello dell’indipendenza cinese, rimarcato nel corso del 14esimo Piano quinquennale cinese presentato a ottobre 2020 e ribadito in occasione dei festeggiamenti del centenario del Partito comunista cinese (Pcc) lo scorso primo luglio.
Il governo cinese sta inoltre tentando di promuovere una maggiore concorrenza interna alla nazione e creare un ambiente in cui le piccole imprese abbiano lo spazio per svilupparsi. Ma procediamo per ordine.

Cina, gli effetti della Pipl

A partire dal 2017, quando è entrata in vigore la legge sulla sicurezza informatica, il governo si è concentrato in modo prioritario sui requisiti di sicurezza dei dati e privacy. Da allora, si è fatto avanti negli anni un approccio sempre più severo: dagli standard nazionali che richiedono la localizzazione dell’infrastruttura cloud in Cina, all’espansione della sicurezza e della protezione delle informazioni personali, per cui le informazioni devono essere conservate onshore in Cina. Misure, riprese dalla recente legge approvata da Pechino sulla protezione dei dati personali (Pipl, Personal information protection law), la cui ratio è chiara: autosufficienza tecnologica, controllo dei dati (specie verso l’esterno) e accesso da parte del governo ad ogni informazione relativa alla vita di aziende e persone.
Allo studio di Pechino ci sarebbe il divieto totale di quotazione negli Usa per le grandi aziende tecnologiche cinesi, che nel mese di agosto hanno registrato ribassi importanti: si va dal -19% di Alibaba e Tencent, al -16% di Didi, al -8,5% di Baidu.

Il controllo di internet e dei dati

Secondo gli esperti di Capital Group, Noriko Chen, gestore di portafoglio, e Victor Kohn, analista azionario, per gli operatori delle piattaforme internet, l’obiettivo di Pechino è quello di volerne circoscrivere il potere e il comportamento monopolistico/oligopolistico, limitando le pratiche di marketing predatorie.
“Le potenziali implicazioni per le società possono includere cambiamenti simili a quelli di recente emanati nell’Unione europea, relativi all’ottenimento e all’utilizzo dei dati personali e alla loro conservazione” spiegano gli esperti. Il risultato è che “un maggior numero di società potrebbe localizzare le infrastrutture nel paese, circoscrivere internamente la circolazione dei dati, ovvero porre limiti sui dati in modo che possano essere utilizzati solo da particolari soggetti o per particolari scopi, e persino preferire società cinesi per quotarsi sulle borse valori del paese”.
Le recenti strette normative non si limitano però alle sole big della tecnologia.

La bufera sull’istruzione privata

L’istruzione deve essere accessibile a tutti. Così il Consiglio di Stato cinese ha ordinato alle società che svolgono programmi scolastici nel settore del tutoring privato dopo-scuola (che vale, secondo fonti interne, 100 miliardi di dollari) di diventare entità senza scopo di lucro, vietando anche offerte pubbliche iniziali o acquisizioni da parte di capitale straniero. “Tali società didattiche a scopo di lucro” spiegano dalla società, “erano considerate come un fattore di ampliamento del divario economico, in quanto le scuole pubbliche stavano perdendo insegnanti di qualità a favore dell’insegnamento privato, dove gli stipendi sono più elevati. Sono quindi state percepite come penalizzanti per le famiglie a reddito medio-basso, oltre che troppo impegnative dato che avevano portato a giornate scolastiche molto lunghe”.

Gaming e streaming sotto assedio

Quello che è accaduto nel settore dell’istruzione privata potrebbe estendersi anche ad altri comparti, tra cui il video gaming e i servizi di streaming, dove già sono presenti restrizioni per ridurre il tempo che studenti e giovani trascorrono giocando online e con lo streaming.
Nel 2019, la Cina aveva infatti introdotto regole per vietare ai minori di 18 anni di utilizzare i giochi online tra le 22 e le 8 del mattino, limitando inoltre la quantità di tempo complessiva del loro gioco a 90 minuti nei giorni non festivi e 3 ore nei giorni festivi.
Ulteriori restrizioni sono oggi in arrivo: dopo la pubblicazione sull’Economic Information Daily, pubblicazione statale cinese affiliata al giornale ufficiale Xinhua, di un articolo che definiva il gioco online come ‘oppio’, la multinazionale dell’entertainment cinese Tencent è sulla strada per ridurre ulteriormente a un’ora la quantità di tempo in cui i minori di 18 anni possono giocare nei giorni non festivi; 2 ore nei giorni festivi.

Gli altri settori invisi al Partito

In linea generale, Pechino ha infine puntato il dito su una serie di attività legate alle spese accessorie. Esse vanno dalla moda (spesso di importazione), alle spese di rappresentanza (gioielli, accessori e liquori, analogamente su scala internazionale). Nuove strette potrebbero riguardare la chirurgia estetica.
Tra gli altri settori toccati dal giogo della regolamentazione, quello immobiliare e delle costruzioni, con i player del comparto che si trovano ora a fare i conti con un Governo che cerca di arginare il rischio legato all’indebitamento eccessivo delle famiglie nel sistema finanziario nazionale (sospinto anche dall’acquisto di proprietà immobiliari).

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