Transizione energetica: è ora di investire sui vincitori di domani

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Abbandonare i combustibili fossili non può essere solo un’opzione, eppure sembra che la discussione sulla transizione energetica sia passata in secondo piano nel 2023. Nuovo anno, nuovi obiettivi. Secondo Vontobel, ora è il momento migliore per selezionare i vincitori di domani

Tra tensioni geopolitiche, cambio di rotta delle banche centrali e rischio recessione, c’è tempo per pensare al cambiamento climatico che, invece, sembra un fenomeno così lontano? Considerando che il 2023 è stato ufficialmente uno degli anni più caldi della storia, il tema forse sta diventando troppo scottante per essere ignorato. Anche per gli investitori che vogliono sfruttare le opportunità associate alla sfida più complessa sul fronte del clima: la transizione energetica. Ne sono convinti gli esperti di Vontobel Asset Management, secondo cui ora è il momento giusto per individuare i vincitori di domani: “Il posizionamento per la transizione energetica potrebbe differenziare tra vincitori e vinti nel prossimo decennio”, avvertono.

Chiusa la Cop28 si aprono nuove sfide

Con la Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite di Parigi nel 2015 si era deciso di limitare il riscaldamento globale a 2 gradi e di azzerare le emissioni entro il 2030. Mentre gli anni passano, però, l’obiettivo sembra sempre più lontano: a otto anni dall’Accordo di Parigi, le politiche rimangono insufficienti per stabilizzare le temperature ed evitare i peggiori effetti del cambiamento climatico. Secondo le ricerche del Fondo Monetario Internazionale, il percorso verso l’azzeramento delle emissioni entro il 2050 richiede che gli investimenti a basse emissioni di carbonio passino dai 900 miliardi di dollari nel 2020 a 5.000 miliardi di dollari all’anno entro il 2030.

Durante la più recente riunione della Cop28, che si è tenuta a Dubai, molti speravano in azioni urgenti e impegni concreti, soprattutto da parte dei 20 Paesi che da soli contribuiscono all’80% alle emissioni globali, capitanati da Cina, Stati Uniti e India. Grandi passi avanti non sono stati fatti, ma Veronila Stolbova, Esg Analyst di Vontobel AM, sottolinea che sono stati raggiunti due importanti punti di riferimento, ovvero “il primo «bilancio globale» del percorso per raggiungere gli obiettivi di Parigi e l’accordo sull’operatività del «fondo per le perdite e i danni» per aiutare le nazioni a riprendersi dagli impatti dei cambiamenti climatici”. Insomma, è ora di agire e, per farlo, sono necessari almeno tre step: abbandonare i combustibili fossili, raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030 e triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2050.

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Transizione energetica: cambiamento lento o svolta rapida?

È vero che una rivoluzione non può accadere in una notte, ma è innegabile il fatto che il drastico cambiamento nel consumo di carbone, petrolio e gas naturale durante la rivoluzione industriale o l’introduzione dei veicoli passeggeri, siano stati incredibilmente rapidi, perché questa logica non dovrebbe funzionare anche per la nuova transizione energetica?
Le tecnologie a basso impatto di carbonio, come l’utilizzo di fonti eoliche o solari, sono state sviluppate molto rapidamente e nel giro di dieci anni i loro costi si sono abbassati drasticamente
. Anzi, gli incentivi pubblici che le principali economie hanno creato negli ultimi anni stanno proprio spingendo nella direzione di un cambiamento rapido.

Ma cosa significa per gli investitori il fatto che la transizione energetica stia avvenendo così velocemente? Nonostante i tempi incerti, è arrivato il momento per loro di scovare le nuove opportunità e di prendere veramente posizione nella transizione energetica, così da sostenere già dall’inizio quelli che saranno i nuovi vincitori.

Il tempo, infatti, gioca un ruolo cruciale e sono varie le società che già oggi sono attive nel cambiamento. Per fare solo qualche esempio, l’esperta parla di investimenti in aziende proprietarie di tecnologie di stoccaggio del carbonio, oppure nelle cosiddette ‘Climate Laggard’, ovvero “società che non hanno indicatori climatici soddisfacenti, ma si impegnano a ridurre la CO2 o stanno sviluppando soluzioni per il clima”.

È già troppo tardi?

Non sono solo gli investitori a venir distratti dalle incertezze che arrivano da ogni angolo, gli stessi Stati sembrano aver messo la questione climatica in secondo piano per troppo tempo: le misure adottate finora non sono neppure lontanamente sufficienti a ridurre le emissioni, anzi. Nel 2022 la produzione di petrolio, gas naturale e carbone è salita del 4% invece che diminuire, eppure per allinearsi agli obiettivi dell’Accordo di Parigi saranno necessari dei tagli di almeno il 20% entro il 2030, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia Iea.

Se a questo si aggiunge il timore che le imminenti elezioni americane possano scombussolare ulteriormente gli equilibri, la situazione sembra ben lontana dall’essere rosea.

Anche in situazioni così incerte, però, vi è sempre un outlier, un campo che riesce a crescere e migliorare nonostante le ondate e, il titolo di campione della transizione energetica lo vince il settore dei veicoli elettrici. Infatti sembra che la domanda si stia mantenendo solida nonostante la volatilità, dal 2020 in Cina la quota di VE venduti in tutti i segmenti, dal lusso al low cost, è in costante crescita e l’Iea stima che in Europa entro il 2030 il 65% delle auto vendute saranno elettriche. Insomma, a buon intenditore – investitore in questo caso – poche parole.

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