La scorsa estate la Russia ha deciso di non rinnovare il ben noto accordo sul grano, mettendo in pericolo la sicurezza alimentare dei paesi più poveri. Si tratta solo dell’esempio più recente che non ha fatto altro che mettere in luce il profondo gap alimentare tra le diverse aree del mondo.
Un gap destinato ad espandersi nei prossimi anni. Infatti, secondo le stime delle Nazioni Unite, entro il 2050 la popolazione mondiale conterà 9,7 miliardi di persone. In un simile contesto, la richiesta di alimenti dovrà crescere rapidamente, mettendo ancora più in pericolo la sicurezza alimentare. Ad esempio, se nel 2021 la produzione giornaliera di cereali era di 2,1 miliardi tonnellate, questa dovrà salire fino a 3 miliardi. In generale, sarà necessario aumentare la produzione di cibo di ben il 70% dai livelli attuali.
Un aumento di questa portata non sarà semplice da raggiungere. Saranno quindi necessari investimenti mirati e politiche agricole adeguate che, d’altro canto, non potranno cadere in un’agricoltura intensiva e dannosa per la sostenibilità. Un’agricoltura di questo tipo, infatti, avrebbe un impatto ambientale devastante. Basti pensare alle emissioni di carbonio dei macchinari ancora dipendenti dai combustibili fossili, alla perdita di biodiversità o alle emissioni di fertilizzanti sintetici.
Insomma, per favorire una transizione del sistema alimentare, la sostenibilità non può cadere in secondo piano. Questa dovrà essere la base del cambiamento, ricordando che la gestione delle risorse deve essere compatibile e rispettosa delle esigenze del presente, ma anche delle generazioni future.
Quantità o qualità?
Fin troppo spesso, quando si pensa alla sicurezza alimentare, il primo pensiero va alla quantità del cibo, piuttosto che alla sua qualità. Secondo MainStreet Partners, però, questo non basta. Anzi, “questo potrebbe portare all’allocazione di capitale nei confronti dei più grandi monopolisti alimentari che storicamente non hanno però portato alla produzione sostenibile di cibo nutriente”.
Ecco perché investire in modo sostenibile nel settore alimentare, producendo cibo nutriente, ma allo stesso tempo evitando la corrosione delle risorse naturali, deve essere la priorità. Eppure sembra che negli ultimi anni il focus sia stato ben diverso. Secondo una recente ricerca “Temporal Change in Iron Content of Vegetables and Legumes in Australia: A Scoping Review”, dal 1989 ad oggi, il cibo sta perdendo progressivamente il suo valore nutrizionale.
Investimenti mirati che si prendono cura delle persone e del pianeta
Sempre più spesso al supermercato i consumatori cercano prodotti biologici, pensando di fare del bene al pianeta e, lo stesso, avviene anche tra i gestori che vedono il cibo biologico come misura di una produzione alimentare sostenibile. Purtroppo questo non è abbastanza.
Con la richiesta di cibo destinata a crescere rapidamente nei prossimi anni, limitarsi ad alcune tipologie di alimenti potrebbe non essere sufficiente ma, anzi, rischierebbe di rallentare le innovazioni in altri settori che riservano interessanti opportunità. Un esempio? L’agricoltura rigenerativa. Si tratta di pratiche completamente diverse dalle monoculture e dalle pratiche di gestione intensiva. L’agricoltura rigenerativa si basa su diverse pratiche, come le rotazioni colturali, la riduzione dell’utilizzo di fertilizzanti e l’integrazione del bestiame nella gestione delle colture, utili per prevenire l’erosione del suolo.
L’effetto sociale positivo dell’investire nelle giuste pratiche agricole è misurabile e ben quantificabile. Ad esempio, secondo lo studio “Salute del suolo e densità dei nutrienti ” che ha analizzato il mais prodotto in sei fattorie negli Stati Uniti, di cui tre rigenerative e tre convenzionali, è emerso che i prodotti delle prime presentano un valore nutrizionale medio più alto.
Ma non si tratta solo di cibo di migliore qualità, bensì anche di un terreno più sano.
In generale, “i gestori di fondi dovrebbero guardare oltre l’efficienza agricola e la scala della produzione alimentare. Dovrebbero invece cercare di comprendere profondamente il ruolo che queste aziende giocano nel rapporto tra l’umanità e il pianeta e quantificare l’impatto positivo della nostra relazione simbiotica”, spiegano da MainStreet.
Esistono già fondi che hanno questo focus, come il Lombard Odier New Food System, che investe in aziende legate a pratiche agricole e alimentari rispettose dell’ambiente e di diete alimentari sempre più allineate alla transizione verso un mondo circolare, inclusivo e pulito. Oppure come il Pictet Regeneration, che si sviluppa intorno ai concetti di biodiversità ed economica circolare, cercando imprese che contribuiscano alla mitigazione del cambiamento climatico, spingendo verso una protezione delle risorse naturali.