Private debt: come cogliere le opportunità e limitare i rischi

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Perché e come inserire in portafoglio il private debt, ovvero il mercato del credito non quotato, considerando il contesto attuale, in cui i tassi di interesse ancora elevati potrebbero rendere vulnerabili alcune imprese indebitate

Il private debt rappresenta una valida opzione in questo momento per diversificare il portafoglio di investimento? La domanda è lecita e la risposta non scontata, considerando che le imprese oggi per rifinanziarsi devono confrontarsi con tassi decisamente elevati, in attesa della sforbiciata da parte delle banche centrali. E se finora l’impatto della poderosa stretta monetaria sull’economia reale non si è fatto sentire, chissà che non arrivi proprio nel corso del 2024. Partendo proprio da qui, Davide Cingi, portfolio manager di Ver Capital SGR, illustra rischi e opportunità di questa classe di attività per capire se e come inserirla in un portafoglio diversificato.

Considerando il contesto attuale, quali rischi per le imprese indebitate e che devono rifinanziarsi?

Dopo un decennio a tassi a zero, oggi ci troviamo di fronte a un costo del denaro decisamente più elevato, dopo una stretta monetaria molto rapida e forte che inevitabilmente produrrà degli effetti sull’economia reale. Se finora la recessione non si è verificata, con gli Stati Uniti che addirittura hanno evidenziato una espansione del 3,3% nell’ultimo trimestre del 2023, dopo un poderoso +4,9% nel trimestre precedente, bisogna comunque rimanere cauti, in particolare in Europa. La stretta monetaria va infatti a trasferirsi all’economia reale attraverso un processo lento e cumulativo; per questo ci aspettiamo una debolezza economica nel Vecchio Continente per almeno i primi sei mesi dell’anno e probabilmente per tutto il 2024, anche nel caso in cui venissero tagliati i tassi nel secondo semestre. Il vero rischio, però, almeno nel breve termine, riguarderà quasi esclusivamente quelle imprese il cui debito si avvicina alla scadenza e che quindi hanno necessità di rifinanziarsi ora, con questi livelli di costo del denaro e in un mercato decisamente meno borrower friendly rispetto al decennio passato.

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Fatta questa premessa, il private debt è un’opzione interessante per diversificare il portafoglio?

Il private debt, ovvero la parte non quotata del mercato del credito, sta vivendo a tutti gli effetti un periodo d’oro. In particolare, la parte del private dept più liquida, i Corporate Loans sindacati europei, presentano degli aspetti molto interessanti nell’attuale contesto di mercato. Innanzitutto, si tratta di prestiti sindacati emessi da imprese multinazionali resilienti, solide e ben equipaggiate per affrontare periodi macro complicati e incerti come quello attuale. Inoltre, un’altra caratteristica di questa classe di attività, è il fatto di essere completamente a tasso variabile, fungendo quindi da hedging naturale nei confronti dell’inflazione.

Un altro aspetto da tenere in considerazione è che, seppur di fronte a una fase chiara di disinflazione, il processo di discesa dei prezzi potrebbe essere più lento del previsto, determinando quindi tassi più elevati per un periodo più lungo di tempo. Di conseguenza non c’è da stupirsi che i Corporate Loans europei abbiano performato molto bene nel corso del 2023, riportando una performance annuale a doppia cifra (+13.4%).

Guardando invece al private debt più illiquido, la caratteristica più apprezzata dagli investitori riguarda proprio la diretta conseguenza dell’illiquidità, ossia l’assenza di volatilità. Questa classe di attività permette quindi di inserire in portafoglio asset decorrelati rispetto al mercato, che non subiscono quindi impatti dalle variazioni nei prezzi di mercato tipiche degli attivi quotati.
Tirando le fila, il private debt risulta indubbiamente un’opzione molto interessante in termini di diversificazione per gli investitori istituzionali e lo rimarrà a mio parere anche per il 2024, proprio per tutti i fattori di incertezza considerati.

Come orientarsi per cogliere le migliori opportunità nel private debt?

Considerando un quadro macro ancora a tinte fosche, a causa di tassi e inflazione ancora elevati, meglio evitare i settori più esposti alla spesa discrezionale, in particolare l’abbigliamento, il beverage, ma anche electronics e real estate commerciale. Da guardare con maggior interesse invece i settori più difensivi, come il pharma e l’healthcare. Interessanti anche le imprese software, in quanto generalmente vantano una struttura dei costi molto flessibile e riescono quindi ad adattarsi velocemente a differenti contesti macro.

Quali considerazioni fare in fase di selezione per limitare il rischio?

Sicuramente rispetto al passato è aumentata l’attenzione per l’Interest Coverage Ratio (tradotto: il tasso di copertura degli interessi, ovvero quell’indice utilizzato per determinare la capacità di un’azienda di pagare gli interessi sul debito residuo, ndr). Se nel decennio precedente il livello di stock di debito presente all’interno della struttura finanziaria delle aziende generalmente non preoccupava troppo, perché i tassi a zero rendevano sostenibili alti livelli di leva finanziaria, oggi il mutato contesto macro impone di porre molta attenzione alla generazione di cassa e alla capacità di coprire gli oneri finanziari. Credo che questa sia la considerazione più importante e la valutazione trasversale da fare quando si tratta di analizzare i fondamentali delle imprese su cui intendiamo investire, indipendentemente dal settore di appartenenza.

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