Il ritiro di Joe Biden dalla corsa elettorale è un evento di portata politica fondamentale per determinare i toni della campagna presidenziale, ma il suo impatto di mercato potrà essere stimato solo sulla base delle maggiori chance di vittoria che raccoglierà il nuovo candidato democratico. La vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, è stata ufficialmente appoggiata da Biden, ma la sua eventuale conferma alla guida del partito Democratico non parte con la premessa di poter ribaltare il vantaggio che Donald Trump ha accumulato su Biden. Secondo le medie dei sondaggi elaborate da FiveThirtyEight, uno dei siti più autorevoli in statistiche e previsioni, il tasso di approvazione di Biden al 18 luglio si attestava al 38,5% contro il 38,6% rilevato per Harris.
Nella settimana successiva al tentato assassinio di Donald Trump, il divario nei sondaggi si è ulteriormente allargato a favore del candidato repubblicano, come attestano le elaborazioni di Goldman Sachs su dati della media dei sondaggi RealClear Politics, il che potrebbe aver ulteriormente accresciuto la pressione su Biden.

L’impatto di mercato: ancora minimo
La rinuncia alla ricandidatura, comunicata il 21 luglio, ha avuto un modesto impatto sul dollaro (il cui indice è calato leggermente) e sui rendimenti del Treasury Usa decennale le cui oscillazioni sono state molto contenute. “L’impatto sui mercati della decisione di Biden di ritirarsi è stato davvero minimo sia perché gli investitori scontavano questo scenario sia per il fatto che le probabilità di vittoria di Donald Trump non sono al momento diminuite (secondo molti potrebbero aumentare nel breve visto l’incertezza all’interno del partito democratico)”, ha commentato il senior market strategist di IG Italia, Filippo Diodovich, “crediamo che una valutazione più accurata sugli effetti sui mercati possa essere effettuata solamente dopo la conoscenza del ticket completo dei democratici per la corsa alle presidenziali”.
“I mercati valutano costantemente gli eventi in anticipo e anticipano quelli futuri. “Dopo il dibattito presidenziale di giugno, i mercati hanno iniziato a valutare la possibilità che il Presidente Biden non si ricandidasse ed è per questo che, dal punto di vista del mercato, le contrattazioni di lunedì sembrano un non-evento”, ha dichiarato a We Wealth Bret Kenwell, US investment analyst di eToro, “se Kamala Harris dovesse diventare effettivamente la candidata democratica, tuttavia, i dati relativi alla sua popolarità potrebbero avere un impatto sui titoli azionari, in particolare in una fase dell’anno difficile e debole”.
A motivare il ridotto movimento dei mercati americani, nonostante il forte impatto politico dell’avvicendamento alla testa dei democratici, sono anche le aspettative di continuità politica per chiunque dovesse sostituire Biden per le prossime elezioni. Harris, la candidata in testa per la nomina ufficiale in vista della convention del partitoin calendario ad agosto sarebbe vista come il volto della continuità rispetto all’attuale esperienza di governo. A favorire Harris è, inoltre, la possibilità di dirottare i 96 milioni di fondi elettorali raccolti fin qui dalla campagna Biden con minori ostacoli legali, essendo il suo nome incluso nella documentazione programmatica (ancorché in una posizione di vice). Nel frattempo nelle ore successive al ritiro di Biden sono arrivati altri 50 milioni di dollari di fondi a favore di Harris, oltre che appoggi eccellenti come quelli di Bill e Hillary Clinton, gli ex contendenti alle primarie democratiche Elizabeth Warren, Pete Buttigieg e, dal mondo finanziario, George Soros.
I settori che potrebbero beneficiare di migliori chance per i democratici
Nell’ipotesi che i democratici possano recuperare terreno su Trump, una delle principali differenze potrebbe osservarsi nelle scelte azionarie a livello di settori: “Un’amministrazione democratica probabilmente continuerebbe a sostenere iniziative a favore dell’energia verde, dell’efficienza e dei produttori di veicoli elettrici”, ha sottolineato una nota degli economisti di Ubs del 22 luglio. Si tratta di una delle differenze più rilevanti rispetto alle politiche osservate durante l’amministrazione Trump, durante la quale gli Stati Uniti hanno abbandonato l’adesione agli accordi di Parigi sul clima.
Sotto il profilo finanziario, le maggiori conseguenze si potranno verificare in caso di una vittoria alle presidenziali associata a una maggioranza conquistata al Congresso, che è necessaria per far passare riforme fiscali il cui impatto sugli utili aziendali potrebbe essere molto rilevante. “Una vittoria di Trump — soprattutto se sostenuta da una maggioranza repubblicana al Congresso — probabilmente aumenterebbe le aspettative di tagli fiscali e una regolamentazione più leggera per le imprese, aggiungendo però preoccupazioni per tariffe commerciali più elevate”, ha commentato Ubs, “i principali beneficiari dei cambiamenti regolamentari potrebbero includere il settore dei servizi finanziari, mentre tariffe più alte sulle importazioni potrebbero danneggiare le aziende statunitensi con catene di approvvigionamento globali”.
Non dovrebbe cambiare, invece, la prospettiva per i detentori di debito pubblico americano: che vincano i democratici o i repubblicani, l’ipotesi di un deterioramento delle finanze federali resta quella più comune fra gli analisti. Questo supporta l’idea di un aumento dei rendimenti a lungo termine per i Buoni del Tesoro Usa.