Il 55% del Prodotto interno lordo mondiale dipende dalla natura e dalla sua biodiversità, stando ai dati del World Economic Forum (Wef), dimostrando come economia e ambiente siano strettamente connessi. Siamo veramente disposti a perdere più della metà del nostro Pil nei prossimi anni? La domanda non è irrealistica, perché secondo il Wef la perdita di biodiversità rappresenta la terza minaccia più grave che l’umanità dovrà affrontare nei prossimi dieci anni. Il primo passo per affrontare questa sfida è quantificare il danno, così da sapere dove e come intervenire. Ma se calcolare l’impatto che le singole aziende hanno sul cambiamento climatico è ormai abbastanza semplice, attraverso le emissioni, valutare l’impatto che le imprese hanno sulla perdita di biodiversità è ancora molto complicato.
Cercare porto sicuro tra un mare di dati
Tracciare e misurare la perdita di biodiversità è un compito molto complesso, contando anche che i dati a disposizione sono molti, spesso basati su supposizioni e talvolta discordanti. Sono tre le fonti principali che raccolgono questi dati: le organizzazioni non governative (Ong), i fornitori di dati Esg e le corporate disclosure.
L’obiettivo è ora quello di creare un unico metro di misura che unisca i dataset prodotti dalle Ong, le immagini satellitari che analizzano in tempo reale gli effetti della perdita di biodiversità, e altri fonti, per ottenere un punteggio preciso che indichi l’impronta di biodiversità di una azienda.
“Riteniamo che un approccio dal basso verso l’alto sia più utile per l’analisi e l’impegno fondamentali” spiega Jennifer Anderson, Managing Director, Co-Head of Sustainable Investment and ESG di Lazard Asset Management. “A nostro avviso, i set di dati sulla biodiversità più preziosi e rilevanti provengono da Ong che si sono concentrate sulla ricerca di un particolare aspetto della biodiversità”, continua l’esperta.
La piattaforma intergovernativa di politica scientifica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (Ipbes) sembra offrire una risposta. Ha infatti provato a dividere il concetto di perdita di biodiversità in cinque cause scatenanti: sfruttamento del suolo e dell’acqua, cambiamento climatico, sovra-utilizzo delle risorse, inquinamento e presenza di specie esotiche invasive.
Il 55% del Prodotto interno lordo mondiale dipende dalla natura e dalla sua biodiversità, stando ai dati del World Economic Forum (Wef), dimostrando come economia e ambiente siano strettamente connessi. Siamo veramente disposti a perdere più della metà del nostro Pil nei prossimi anni? La domanda no…