La longevità rappresenta oggi una delle più grandi conquiste della nostra epoca, ma anche una delle sfide più complesse per la società e per l’economia. Vivere più a lungo e in buona salute implica una profonda ristrutturazione dei modelli di welfare, della gestione del patrimonio e delle abitudini di risparmio. Ecco perchè in occasione del Salone del Risparmio 2025, Fidelity International ha voluto promuovere un articolato confronto tra esperti, accademici e operatori finanziari per analizzare le implicazioni finanziarie della longevità e le risposte possibili per il settore della consulenza.
Un nuovo paradigma demografico
Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia all’Università Cattolica e Senior Associate Research Fellow di ISPI e primo speaker della conferenza, ha tracciato la cornice generale all’interno del quale si sviluppa il megatrend della longevity: “Stiamo vivendo un cambiamento senza precedenti. L’aspettativa di vita media ha superato gli 80 anni, e nel 2050 l’“italiano tipo” non sarà più un trentenne, ma un settantacinquenne. Questo stravolgimento della struttura per età impone di ripensare i modelli economici e sociali. I sistemi di welfare nati nel dopoguerra, basati su una popolazione giovane e su un forte supporto familiare, non sono più sostenibili”.
L’umanità, ha aggiunto il professore, ha vissuto per millenni con una prospettiva di vita limitata e una condizione materiale precaria. “Solo recentemente, grazie alla rivoluzione industriale e a progressi sociali ed economici, abbiamo raggiunto una fase storica in cui è possibile vivere a lungo e in condizioni dignitose. Tuttavia, non esiste alcuna legge naturale che garantisca che questo progresso continuerà automaticamente. Per questo si rende necessaria una gestione consapevole della relazione tra longevità e risorse”.
Ma non è tutto: il cambiamento demografico comporta anche uno squilibrio nella composizione per età della popolazione. I grafici mostrati da Rosina evidenziano come la curva della popolazione over 65 stia superando quella degli under 5. In Italia, entro il 2050, la classe demografica più numerosa sarà quella dei 75enni.
“Questo implica la necessità di ripensare completamente il modello di welfare, le politiche pubbliche e l’organizzazione dell’economia. Il vecchio sistema di welfare assistenziale e familiare è oggi infatti inadeguato per affrontare le sfide del cambiamenteo demografico. Le famiglie non sono più in grado di supplire alle carenze dello Stato: aumentano i single, le separazioni, la mobilità geografica, mentre le donne – tradizionalmente pilastro del welfare informale – sono ora attivamente impegnate nel mondo del lavoro”.
Infine, il professore della Cattolica ha sottolineato che le preoccupazioni principali delle persone tra i 65 e i 74 anni riguardano l’accesso alla sanità, le pensioni, ma anche il desiderio di non diventare un peso per i figli e le generazioni successive. “La longevità deve essere dunque vissuta come un’opportunità, ma affinchè ciò sia possibile sono necessari nuovi strumenti, nuove relazioni tra le generazioni e la capacità di costruire un “patto con sé stessi”, ossia di pianificare per tempo il proprio futuro”.
…in un nuovo e incerto contesto macroeconomico
Dal punto di vista macroeconomico, il megatrend della longevity si sviluppa ora in un contesto segnato da inflazione, tensioni internazionali e instabilità delle catene produttive e all’interno del quale ragionare sul lungo periodo è diventato controintuitivo. Ne è convinta Donatella Principe, Director, Market and Distribution Strategist di Fidelity. “La ricerca di AIPB del 2024 lo conferma: solo il 15% degli under 45 è disposto a vincolare parte dei propri asset per garantirsi tranquillità in futuro. La finanza comportamentale spiega la difficoltà di rinunciare oggi per ottenere un beneficio domani. Ma la posta in gioco è alta. Se negli ultimi vent’anni l’inflazione media è stata contenuta, i suoi effetti cumulati hanno eroso oltre un terzo del potere d’acquisto“. La longevità, se priva di un adeguato meccanismo di protezione patrimoniale, diventa così un fattore di vulnerabilità.
Ecco perchè, rispetto a vent’anni fa, gli obiettivi degli investitori sembrano essere mutati drasticamente. Se prima rendimento e sicurezza convivevano, oggi la seconda componente prevale nettamente. “È un cambio di paradigma che riflette una crescente sfiducia nel futuro, ma che finisce per depotenziare la funzione della pianificazione. Parlare di previdenza in un contesto percepito come incerto diventa più difficile, ma anche più necessario“.
Una delle grandi fragilità emerse negli ultimi anni è la tenuta dello Stato sociale. L’Italia ha progressivamente sostituito la spesa privata con quella pubblica per garantire il benessere collettivo. “Tuttavia, i costi di questo modello sono diventati insostenibili. Invecchiamento della popolazione, crescita del debito pubblico e carenza di risorse stanno compromettendo la qualità dei servizi. L’accesso alla sanità, per esempio, è sempre più critico: una diagnosi di Alzheimer può richiedere fino a 20 mesi, mentre oltre un milione e mezzo di italiani è affetto da questa patologia. Il carico economico, quasi totalmente a carico delle famiglie, rende evidente che il pubblico non può più essere l’unico garante della qualità della vita in età avanzata“.
A peggiorare il quadro si aggiunge il nodo dell’aumento della spesa pubblica in altri settori, in particolare di quella per la difesa. “Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, la maggior parte dei Paesi europei ha aumentato gli investimenti militari. L’Italia, ancora sotto la soglia del 2% del PIL, ha promesso di adeguarsi. Ma con un debito che già pesa per oltre l’11% del PIL in interessi, ogni euro destinato alla difesa è un euro sottratto a sanità, scuola e cultura. La spesa pubblica è un gioco a somma zero. E a pagare il prezzo sono, spesso, proprio i servizi più necessari a garantire una longevità dignitosa“.
Tuttavia, il problema non è solo quanto si spende, ma quanto rende ciò che si spende. Oggi, ogni euro di nuovo debito genera appena 17 centesimi di PIL, contro l’1,22 euro degli anni ’90. Il sistema è diventato inefficiente, incapace di trasformare il debito in crescita sostenibile. “Eppure lo Stato continua a proporre ai cittadini di investire nel proprio debito tramite titoli pubblici, raccontandolo come un gesto di responsabilità patriottica. Ma in termini reali, con rendimenti nominali spesso inferiori all’inflazione, il risultato è una perdita di valore certa“.
Nel frattempo, le famiglie italiane stanno perdendo potere economico. “La deindustrializzazione ha trasformato l’economia, riducendo l’occupazione stabile e facendo crescere il lavoro povero. Gli stipendi reali sono diminuiti del 9% in 25 anni, mentre in Europa crescevano del 12%. Anche la spesa reale si è contratta: negli ultimi vent’anni del 10%, al punto che si parla, con preoccupazione, di alimentazione di sussistenza. E non si tratta di una nuova cultura del risparmio: oggi il tasso di risparmio è sceso sotto il 10%, rispetto a oltre il 20% degli anni ’90. Le famiglie spendono meno perché possono meno, non perché scelgono di mettere da parte”.
Dall’altra parte dell’Atlantico, tuttavia, il comportamento è opposto. “Negli ultimi vent’anni, i consumi delle famiglie americane sono cresciuti del 269%, il debito privato è calato, e l’esposizione ai mercati azionari è arrivata al 67% del patrimonio finanziario. Malgrado tre crisi significative – quella finanziaria del 2008, il Covid e le tensioni politiche interne – i risparmi investiti in azioni sono passati da 13 a oltre 42 mila miliardi di dollari. Questo dimostra che una cultura del rischio matura, accompagnata da pianificazione e costanza, può rendere il tempo un alleato, non un avversario“.
Il ruolo trasformativo della consulenza finanziaria
In questo scenario, la consulenza finanziaria ha l’opportunità – e la responsabilità – di guidare il cambiamento. “Non si tratta solo di scegliere prodotti – spiega Cosmo Schinaia, Head of South Region di Fidelity e moderatore della tavola rotonda dedicata agli intermediari finanziari tenutasi nella prima parte della conferenza – ma di aiutare le persone a ripensare il rapporto con il tempo, con il rischio, con il proprio futuro. Educazione finanziaria, approccio olistico e trasparenza diventano gli strumenti fondamentali per supportare i clienti nel costruire una longevità sostenibile e serena”.
La longevità comporta un rischio reale: vivere più a lungo delle proprie disponibilità economiche. Questo rischio è spesso sottovalutato. “La pianificazione finanziaria deve quindi tenere conto di orizzonti temporali sempre più lunghi. Nel modello tradizionale, la vita finanziaria si divideva in due fasi: accumulo (durante la carriera lavorativa) e decumulo (a partire dalla pensione). Con un’aspettativa di vita più lunga, questa seconda fase si allunga a dismisura. Ad esempio, un individuo di 65 anni oggi può aspettarsi di vivere altri 30-35 anni”.
Questa trasformazione rende più complessa anche la questione del passaggio generazionale. “La ricchezza rimane nelle mani dei senior più a lungo, rallentando il trasferimento ai figli e ai nipoti. Secondo AIPB, oltre l’80% delle masse patrimoniali in Italia è detenuto da clienti over 65. Questo implica che i consulenti dovranno saper gestire parallelamente sia clienti anziani molto attivi, sia coinvolgere nuove generazioni con strumenti e linguaggi diversi“.
Le indagini citate da Fidelity mostrano due dati apparentemente in contraddizione: il 60% degli italiani non si preoccupa dell’impatto finanziario di una vita più lunga, ma il 90% indica come priorità il pensionamento in condizioni dignitose. Solo un terzo degli italiani si dichiara soddisfatto della propria pianificazione previdenziale. E solo il 18% ha una pensione integrativa, mentre il 17% non ha mai preso in considerazione il tema. Molti sembrano affidarsi più alla fortuna che a una strategia consapevole.
Che tipo di risposte e quali strategie sono quindi chiamati a mettere in campo gli intermediari finanziari?Marianna Platoni, Head of Retail di Unicredit e prima voce della tavola rotonda tenutasi nel corso della conferenza e dedicata agli intermediari finanziari, ha posto l’accento sulla necessità di un approccio patrimoniale realmente integrato. “La consulenza oggi deve occuparsi non solo di asset allocation, ma anche di pianificazione successoria, immobiliare, creditizia e di protezione. I clienti sono sempre più diversificati: dai Millennials e Gen Z che vedono la pensione come un tema lontano, ai “giovani Boomers” che si avvicinano all’età pensionabile con bisogni complessi”.
Paolo Magnani, Direttore Centrale e Coordinatore Area Wealth Management del Gruppo Credito Emiliano, ha messo in discussione il tradizionale paradigma del ‘cumulo e decumulo’. “La longevità impone una nuova segmentazione della clientela e un modello consulenziale fondato non solo sul rischio, ma sugli obiettivi individuali“. Magnani ha citato esperienze internazionali: negli Stati Uniti alcune società offrono servizi pensati appositamente per donne divorziate, con percorsi finanziari dedicati. “Questo dimostra quanto il concetto di ‘futuro’ debba essere ridefinito su base personale. E la comunicazione gioca un ruolo centrale: Il termine ‘previdenza’ è cercato online molto meno rispetto a ‘pensione’, segno di una distanza tra il linguaggio dell’industria e quello dei clienti. I consulenti devono essere formati non solo tecnicamente, ma anche per utilizzare tutti i canali: social, video, eventi, incontri diretti”.
Edoardo Fontana Rava, Group Head of Investment and Insurance Services di Mediolanum, ha infine richiamato l’importanza di un approccio fondato su tempo, metodo e diversificazione. La banca ha analizzato i dati dei clienti che investono con metodo PAC (Piani di Accumulo): questi clienti tendono a mantenere gli investimenti più a lungo, ottengono rendimenti mediamente doppi rispetto a quelli che investono in un’unica soluzione, e subiscono meno volatilità. Fontana Rava ha poi indicato tre strumenti fondamentali: la previdenza complementare, la protezione assicurativa e l’investimento in Pir, per compensare il “bias domestico” degli investitori italiani.