Green bond: la nuova regola aurea per combattere il greenwashing

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La richiesta e l’emissione di green bond continua a crescere. Per rendere il processo sempre più trasparente, l’Unione europea ha approvato lo European Green Bonds Standard. Come funziona?

Nel 2020 il 38% dei green bond immessi dalla Cina non ha soddisfatto la definizione di green bond, secondo il Climate Bonds Initative, ma come è possibile? La realtà è che il mercato delle obbligazioni verdi, ovvero bond che finanziano progetti nuovi ed esistenti che generano un impatto ambientale positivo, contribuendo alla transizione ecologica, è letteralmente esploso: solo nel 2022 sono stati emessi 63,4 miliardi di dollari in green bond, rappresentando il 5% del mercato obbligazionario globale. Ma i controlli non sono sufficienti.
Al momento, le obbligazioni verdi sono regolate da alcuni standard, ma l’allineamento con questi è solo su base volontaria. “Dal lancio del primo green bond europeo nel 2007, le definizioni, gli standard e gli obiettivi si sono modificati, spesso allontanandosi dalla sostenibilità”, spiegano Malika Takhtayeva, Xuan Yong e Arnaud-Guilhem Lamy, esperti di BNP Paribas Asset Management.

European Green Bonds Standard

In risposta a questo problema, l’Unione europea ha deciso di scendere in capo, creando una nuova serie di norme, lo European Green Bonds Standard (EUGBS), con l’obiettivo di fare un passo avanti verso la trasparenza e dare credibilità a un sistema molto complesso. L’entrata in vigore del regolamento è prevista per la fine del 2024 e rimarrà su base volontaria. Per ottenere l’etichetta di EUGBS, gli emittenti di green bond dovranno garantire che almeno l’85% delle attività economiche finanziate siano in linea con la tassonomia europea per le attività sostenibili.

I progetti ammissibili per l’emissione di green bond sono molti e toccano più settori, dalle energie rinnovabili, ai trasporti puliti, passando anche per l’edilizia verde e la gestione efficiente delle acque. Ma per essere considerati in linea con lo EUGBS è necessario, per prima cosa, allinearsi ai sei obiettivi ambientali della tassonomia europea:

  • Mitigazione dei cambiamenti climatici
  • Adattamento ai cambiamenti climatici
  • Uso sostenibile dell’acqua e del mare
  • Biodiversità
  • Economia circolare
  • Controllo dell’inquinamento

Successivamente gli emittenti di green bond devono fornire informazioni complete sull’uso dei proventi e dettagli su come l’investimento contribuirà alla transizione, provando, nuovamente, l’allineamento con la tassonomia.

“È prevista – spiegano gli esperti di BNPP AM – una certa flessibilità che consente di destinare il 15% dei proventi ad attività economiche in linea con gli obiettivi dell’UE, ma non con la tassonomia. In questo modo si lascia spazio alle attività che negli anni a venire potrebbero emergere come sostenibili. In altre parole, gli investitori possono finanziare progetti innovativi prima che la legislazione li raggiunga, come ad esempio la bioagricoltura”.

Per essere sicuri che lo standard sia seguito, prima e dopo l’emissione dei green bond un organismo indipendente avrà la responsabilità di valutare se un’obbligazione è davvero verde e se vi sono eventuali conflitti di interesse.

Grazie all’European Green Bonds Standard, nei prossimi anni, in Europa il mercato delle obbligazioni verdi potrà, finalmente, diventare più trasparente, contrastando anche l’ombra del greenwashing. Grazie all’etichetta EGBS questo segmento dovrebbe guadagnare sempre più credibilità e, si spera, anche emittenti extra-europei si sentiranno incoraggiati ad adottare un quadro di riferimento più puntuale per i loro green bond.

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