Investire sapendo ‘cosa hai e cosa otterrai’ è ancora più importante quando gli elementi di incertezza del mercato sono tanti. Gli Etf (Exchange Traded Funds) sono fondi negoziati in Borsa come normali azioni e che hanno come obiettivo primo quello di replicare fedelmente l’andamento di un determinato indice. Gli Etf sono rimasti un prodotto interessante nei vari cicli di mercato, anche i più avversi, questo è stato fondamentale per lo sviluppo di nuovi prodotti. Dal 2003 a oggi, secondo i dati di Statista, il numero di Etf nel mondo è cresciuto del 3.000%, con asset totali arrivati a quota 9,6 mila miliardi di dollari.
Evoluzione con due capisaldi fondamentali
Il primo Etf è stato negoziato nella borsa newyorkese nel lontano 1993. Se inizialmente il focus era unicamente la replica passiva di indici azionari, ora coprono in maniera capillare anche l’universo obbligazionario e sono presenti anche Eft che adottano uno stile di gestione attiva; i flussi su questi ultimi sono quadruplicati negli ultimi 5 anni. Nel 2022 il segmento degli Etf attivi rappresentava solo il 5% degli Etf negli Stati Uniti, catturando però il 15% dei flussi netti. In Europa la crescita è più lenta, ma i numeri continuano a crescere e sempre più investitori decidono di utilizzarli per le loro allocazioni.
Ma come mai gli Etf hanno guadagnato così tanto spazio nei portafogli d’investimento? Secondo Guido Stucchi, Investment Specialist ETF & Index di BNP Paribas Asset Management, il segreto è duplice: da una parte offre costi relativamente bassi e, dall’altra, offre un’altissima trasparenza, proprio per questo gli Etf si sono meritati il soprannome di “sai cosa hai e cosa otterrai”.
Gli asset in gestione (AuM) degli Etf sono aumentati del 16% annuo negli ultimi dieci anni e in prospettiva l’ulteriore crescita dovrebbe essere trainata proprio dagli Etf attivi. Stando alle proiezioni di Brown Brothers Harriman (BBH), gli Etf più che triplicheranno gli asset portandosi in area 30 mila miliardi di dollari entro i prossimi 10 anni.
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Etf attivi sostenibili
Un’importante fonte di crescita dell’intera industria potrebbero essere gli Etf attivi sostenibili. “Garantire il rispetto dei criteri di sostenibilità implica molto più che limitarsi a replicare un indice. Valutare quali aziende possono essere incluse e dove potrebbero esserci potenziali controversie richiede uno stile di gestione attivo piuttosto che passivo”, rimarca Stucchi.
Non va trascurato che i confini tra Etf attivi e passivi possono comunque essere labili. Questo accade quando una strategia applica un approccio di ottimizzazione per la replica, in cui si acquista gran parte, ma non tutti, dei componenti di un indice per garantire la diversificazione. Tale processo di selezione è effettivamente una forma di gestione attiva.
Esistono centinaia di Etf sostenibili adatti per ogni interesse e in grado di allinearsi alle necessità di portafogli molto differenti. Dall’ultimo barometro degli ETF ESG europei di BNP Paribas Am, pubblicato a novembre 2022, emerge che la maggior parte degli investitori intervistati prevede che il mercato europeo degli ETF sostenibili continuerà ad espandersi nel 2023, con particolare interesse per le strategie a basse emissioni di carbonio e per quelle allineate all’Accordo di Parigi.
BNP Paribas AM ha recentemente emesso il suo primo Etf irlandese che va a replicare la performance dell’indice azionario S&P 500 ESG “e soddisfa la domanda degli investitori europei che preferiscono un’esposizione all’indice rispetto a possedere direttamente parte del mercato azionario statunitense”, spiega Stucchi.
Tra le novità più recenti di BNP Paribas AM c’è anche un Etf sui titoli di Stato SRI fossil free in euro aggregati e un Etf sui titoli di Stato investment grade ESG EMU da 1 a 3 anni, così ora la gamma copre l’intero spettro del reddito fisso, dai titoli di stato alle obbligazioni societarie e ai green bond.