Consumi interni sostenuti, export in crescita e un aumento dell’inflazione inferiore rispetto a quello dei Paesi occidentali sembrano in grado di proteggere l’economia indiana dai contraccolpi conseguenti all’invasione ucraina. Ma attenzione alla volatilità nel breve.
Secondo Praveen Jagwani, Chief executive officer di UTI International, l’economia indiana non risulta particolarmente esposta alle conseguenze dell’attuale conflitto in Europa orientale, per tre ordini di motivi.
Anzitutto, perché la recente storia dimostra che all’occorrere di situazioni di conflitto internazionale (prima Guerra del Golfo, 11 settembre, occupazione della Crimea) il mercato indiano è stato soggetto ad una forte volatilità nel breve periodo, andando però a stabilizzarsi già a 3-6 mesi dall’inizio delle ostilità e facendo poi registrare una crescita più che doppia rispetto allo status quo ante bellum.
In secondo luogo, India e Russia sono oggi potenze concorrenti, caratterizzate da un interscambio commerciale marginale: alla luce di ciò, un isolamento economico della Russia potrebbe costituire un’opportunità per l’India di sostituirsi a quest’ultima, ad esempio, nel settore delle commodities, come per altro già accaduto all’inasprirsi dei precedenti pacchetti di sanzioni occidentali contro Mosca. “Con l’intensificarsi delle sanzioni applicate alla Russia dal resto del mondo, l’India potrebbe trarre vantaggio da eventuali deviazioni della domanda globale, in particolare per quel che riguarda materie prime come acciaio e grano”.
Terzo, la forte domanda interna e l’aumento delle esportazioni continuano a sostenere l’economica indiana, che presenta ancora la crescita più alta a livello globale. Questo, nonostante l’impatto inflazionistico delle materie prime potrebbe danneggiare, come per il resto del mondo, parte della crescita potenziale di Delhi.
A livello numerico, “ad ogni aumento di $10 del prezzo del petrolio (prima voce a spingere sul rialzo globale dei prezzi, ndr), corrisponde un calo di circa 30 punti base nel Pil indiano” calcola Praveen. Il rischio inflativo, tuttavia, non dovrebbe rappresentare un’eccessiva preoccupazione: la Banca Centrale Indiana, al momento, non prevede infatti un rialzo dei tassi di interesse a stretto giro. Rispetto alle stime aggiornate a gennaio 2022 dalla World Bank, le prospettive di crescita indiana per il 2022 potrebbero solo ridimensionarsi, passando dal 9% all’8,5%.
Quanto sinora emerso non permette infine di escludere che nel breve periodo il mercato possa reagire, anche sensibilmente, alle scelte che l’India prenderà sul piano internazionale: alla luce di ciò, secondo Praveen, una strategia resiliente incentrata su asset fisici permetterebbe di superare l’attuale momento di incertezza e di andare a cogliere nel medio-lungo termine nuove opportunità.
Rifacendoci ancora una volta ai numeri, tra gli aspetti interessanti caratterizzanti del mercato indiano nel conflitto internazionale, per Delhi la Russia rappresenta un partner commerciale marginale: secondo i dati dell’ambasciata indiana, nel 2020 l’import indiano dalla Russia è pesato per l’1,4% del totale e per circa lo 0,9% delle esportazioni.