La Cop28, quest’anno tenutasi a Dubai, ha segnato l’accordo storico per l’uscita dai combustibili fossili entro il 2050. Un’intesa arrivata dopo giorni di faticose trattative per convincere il manipolo di Paesi produttori di combustibili fossili. “E’ uno straordinario risultato perché era complicato mettere insieme” tutte le istanze e “ottenere il consenso”, sono state le parole dell’inviato Usa per il clima John Kerry in plenaria alla Cop28 a Dubai. Esulta anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen: “Una parte cruciale di questo storico accordo è davvero ‘made in Europe’. Tutto il mondo ha approvato i nostri obiettivi al 2030: triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica. L’accordo di oggi segna l’inizio dell’era post-fossile”.
La Conferenza sul Clima dell’Onu ha accentrato le attenzioni quest’anno anche a causa delle tensioni geopolitiche che sono esplose nell’ultimo anno, ma il motivo principale è che il cambiamento climatico è un tema sempre più sentito, attirando anche l’attenzione degli investitori. Ma come scegliere gli investimenti sostenibili più adeguati quando la proposta è sempre più ampia?
Uscire dalla comfort zone per trovare nuove opportunità
Tradizionalmente, pensando agli investimenti sostenibili, la mente vola subito alle auto elettriche, alle turbine eoliche, ai pannelli solari, in generale alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Ma si tratta di un focus troppo ristretto, queste opportunità rappresentano solo la punta dell’iceberg. Raj Shant, Managing Director e Client Portfolio Manager di Jennison Associates, gestore specializzato in growth equity di PGIM, spiega che “investire in aziende il cui contributo al percorso di carbonizzazione è poco apprezzato dal mercato è un passo fondamentale per raggiungere questo obiettivo. Un esempio potrebbe essere un grande produttore di petrolio e gas naturale che si concentra anche sullo sviluppo di parchi eolici offshore”.
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Calcolare le emissioni non è semplice, infatti non esiste un metodo standardizzato per misurarle, ma ignorarle potrebbe creare problemi ben più gravi. Iniziando anche a considerare le emissioni evitate, l’insieme di opportunità di investimento si amplia molto rapidamente. Eppure, gli investitori da soli non possono trasformare l’economia. Le aziende energetiche tradizionali, in particolare i produttori di gas naturale, stanno giocando una partita fondamentale: ad oggi il 30% del fabbisogno energetico mondiale è ancora soddisfatto dal carbone, che è responsabile del 50% delle emissioni di carbonio. “Senza un combustibile sostitutivo del carbone, non c’è dubbio che la transizione energetica a basse emissioni di carbonio non avrà successo nel breve/medio termine”, spiega Shant. Inoltre, mentre la transizione è già avviata e si trova a buon punto in Olanda, o nel Regno Unito, la situazione è molto più critica in paesi come l’India o la Cina, dove il carbone è abbondante e molto conveniente. La sfida, secondo Shant, è quella di offrire proprio a questi Stati una fornitura consistente di gas naturale a prezzi competitivi.
La transizione verso un mondo sostenibile non è un evento finito, si tratta di un viaggio lungo e complesso, composto da piccoli, ma consistenti, passi. Secondo le stime più ottimiste, da qui al 2030 saranno necessari 2.500 miliardi di dollari per raggiungere un’economia a basse emissioni di carbonio, ovvero quasi il 30% delle entrate di un’azienda dovrebbe essere destinato alla decarbonizzazione. Si tratta di un’enorme quantità di denaro, che nasconde grandi opportunità per gli investitori.