Dopo anni di rapida crescita, fino a diventare la seconda economia mondiale, sembra che la Cina si trovi ora davanti ad un muro invalicabile. Una storia già sentita e ancora fresca nella mente del vicino di casa del Dragone, il Giappone.
Dopo la seconda guerra mondiale, fino agli anni Novanta, il Sol Levante era visto come una vera fenice risorta dalle sue ceneri. Basti pensare che alla fine degli anni Ottanta, alcune tra le grandi società giapponesi hanno anche avuto il coraggio di espandersi all’estero, verso gli Stati Uniti. Eppure questo non è bastato. La Bank of Japan sulla soglia degli anni ’90 inizia infatti a preoccuparsi per il surriscaldamento dell’economia e Yasushi Mieno decide di iniziare una serie di rialzi dei tassi di interesse, finché la bolla degli asset nipponici non scoppiò. Nel giro di pochi anni, nel 1992, l’indice Nikkei 225 aveva perso quasi due terzi del proprio valore e, da lì a poco, le quotazioni immobiliari avevano ceduto circa il 70%.
Confrontando il Giappone di un tempo e la Cina di oggi è naturale domandarsi se il Dragone stia volando verso un destino simile.
Molte similitudini…
Stefan Eppenberger e Michaela Huber, rispettivamente Head Multi Asset Strategy e Cross-Asset Strategist di Vontobel Asset Management, sottolineano che le analogie non mancano, anzi ne ritrovano cinque:
- Indebitamento elevato. “Negli anni ’90, il debito delle famiglie giapponesi ammontava quasi al 70% del Prodotto interno lordo, mentre in Cina il debito è salito al 62% nel terzo trimestre 2023 dall’11% dei primi anni Duemila”.
- Mercato immobiliare stagnante. Dopo anni di impennate dei prezzi in Cina, il settore immobiliare sembra ora immobile, situazione che ha obbligato il tribunale di Hong Kong a disporre la liquidazione di Evergrande a gennaio. Considerando che questo comparto, da solo, rappresenta quasi il 30% del Pil cinese, è semplice capire le possibili conseguenze nefaste di un ulteriore rallentamento. Anche in questo caso, la situazione non sembra nuova, ma ricorda molto le condizioni del mercato immobiliare giapponese negli anni ’90.
- Calo dei prezzi. Questo può essere visto come un segnale positivo, che incita i consumatori a spendere e far crescere i consumi, ma la realtà è molto diversa. Il calo dei prezzi espone infatti l’economia al rischio che i consumatori rimandino nuovamente gli acquisti in previsione di prezzi ancora più bassi, dando il via ad una spirale deflazionistica. Proprio come quella che ha afflitto il Giappone per decenni e dalla quale sembra stia uscendo solo recentemente.
- Tendenze demografiche sfavorevoli. Lo scorso anno l’India ha rubato lo scettro di paese più popoloso alla Cina. Non si tratta di un dato sorprendente, infatti dal 2016 il governo cinese osserva con preoccupazione il trend della denatalità. Ma recentemente il tasso di fertilità del Dragone è crollato rapidamente, fino all’1,2. Un dato, anche in questo caso, che ricorda la situazione giapponese dove, da un tasso di fertilità del 2,2 nel 1967, questo si è stabilizzato all’1,3.
- Deterioramento dei rapporti con gli Stati Uniti. Negli anni ’80 il Giappone è stato spesso accusato dagli Usa di portare avanti pratiche commerciali sleali, ledendo al loro rapporto. Oggi, invece, non ci sono dubbi sul fatto che le relazioni tra Il Dragone e l’Aquila siano sempre più deteriorate, soprattutto post pandemia.
…ma anche grandi differenze
Non solo punti in comune però. È importante analizzare anche le profonde differenze che, secondo gli esperti di Vontobel AM, potrebbero evitare che la Cina diventi il Giappone 2.0. Se, da un lato, il problema legato al mercato immobiliare è innegabile, dall’altro il mercato azionario non si sta espandendo ad una velocità preoccupante. Infatti, “il Nikkei 225 era trattato a 70 × il rapporto prezzo/utili (P/E) al culmine della bolla giapponese, mentre lo Shanghai Composite è scambiato a circa 12 ×”.
Inoltre, la storia è maestra di vita, quindi i decisori cinesi hanno dalla loro tutte le informazioni necessarie realtive agli eventi che hanno scosso l’economia giapponese e potranno prenderli come esempio, così da non cadere negli stessi errori.
É anche importnate sottolineare che la Cina, diversamente dal Giappone, da un contributo decisivo sull’economia e sul Pil mondiale, soprattutto per quanto riguarda le materie prime. Ciò significa che se il Dragone cadesse veramente nella stessa trappola in cui era finito il Paese del Sol Levante, le conseguenze si riperquoterebbero rapidamente sull’economia globale.