Btp o polizza vita? Come scegliere, tra fisco, rendimenti e costi

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Rimborso del capitale a scadenza e rendimenti prefissati possono far pensare a strumenti molto simili, ma le differenze sono assai rilevanti

Quando si trattano gli investimenti preferiti dalle famiglie italiane, la parola “Btp”, di solito, affiora molto presto nella conversazione. Eppure, un’altra parte importante degli asset finanziari degli italiani è investita in un’altra famiglia di prodotti: le polizze vita. Secondo i dati Ocse aggiornati al 2021, il 16,9% della ricchezza finanziaria delle famiglie tricolore è parcheggiata in polizze vita, la percentuale più alta fra i Paesi sviluppati, dopo quelle di Francia e Danimarca.

In verità, la tipologia di polizza vita più diffusa, la ramo I, ha più di un elemento comune con il Btp e i titoli di Stato in generale. Innanzitutto, perché la gran parte del portafoglio delle compagnie assicurative è investito proprio in titoli governativi, in particolare italiani. Secondo l’ultimo rapporto annuale dell’Ivass, l’Autorità di vigilanza sul settore assicurativo nazionale, le compagnie investono in titoli di Stato il 50,9% dei loro asset, se si escludono le gestioni relative alle polizze di ramo III (che hanno caratteristiche decisamente più rischiose). Più nel dettaglio, i titoli di Stato italiani rappresentano il 38,4% di tutto il portafoglio delle compagnie assicurative nazionali.

La polizza vita di ramo I, che offrono la garanzia di restituzione del capitale ed eventualmente un rendimento definito in sede di sottoscrizione, vedono dunque nei titoli di Stato e nei Btp il loro “sottostante” principale. Cosa cambia per l’investitore esporsi “indirettamente” a questi titoli, attraverso la sottoscrizione di una polizza, rispetto a metterli in portafoglio senza l’intermediazione di un attore assicurativo? 

Una prima differenza fondamentale consiste nella durata del contratto. Per i titoli di Stato la scadenza è prestabilita (il Btp prevede scadenze fino a 50 anni), mentre la polizza vita di ramo I fa scattare il pagamento in seguito al decesso dell’assicurato. Come vedremo, l’eventualità di dover rientrare in possesso delle somme in anticipo mostra importanti differenze fra titoli di Stato e polizze vita. La garanzia del trasferimento del capitale agli eredi, in seguito al decesso viene remunerata all’assicurazione sotto forma di costi che erodono parte dei rendimenti generati dagli investimenti sottostanti, quelli dell’assicurazione. In generale, la polizza vita di ramo I è una soluzione più costosa, meno flessibile, ma anche più garantita. Ecco alcune differenze e similitudini fra titoli di Stato e polizze vita. 

Il trattamento fiscale

L’esenzione dall’imposta di successione. Sia per i titoli di Stato (e dunque anche per i Btp) sia per le polizze vita non viene applicata l’imposta sulle successioni. Si tratta di un elemento che può rendere entrambi i prodotti interessanti per i grandi patrimoni. L’imposta al 4%, infatti, si applica solo oltre la soglia del milione di euro sul valore complessivo netto per ciascun erede in linea retta (figli, genitori) o per il coniuge..

Le polizze vita sono esenti dal pagamento annuale dello 0,2% come imposta di bollo sul deposito titoli. Per la componente che le assicurazioni investono in titoli di Stato, è prevista la medesima tassazione sulle rendite applicata agli investitori finali, ossia 12,5%. 

La restituzione del capitale alla scadenza. L’investimento in titoli di Stato e la polizza vita di ramo I prevedono, nel momento della scadenza del contratto, la restituzione del capitale investito/assicurato. In questo caso, però, ci sono alcune differenze da considerare. Nel caso dei titoli di Stato l’investitore si assume direttamente il rischio che la controparte (lo Stato italiano nel caso dei Btp) possa essere insolvente e non riesca a restituire il capitale. Questo rischio, quando si sceglie la polizza vita di ramo I, viene trasferito sull’assicurazione che è vincolata alla restituzione del capitale assicurato. Investire in un portafoglio diversificato in titoli di Stato, al di là delle considerazioni sul rendimento generato, potenzialmente superiore, non protegge dall’eventualità che uno o più emittenti vadano in default e non rimborsino quanto dovuto.

Capitale assicurato e capitale investito

Una differenza importante fra il capitale investito in un Btp (o altro titolo di Stato) e quello assicurato in una polizza vita è che quest’ultimo non corrisponde interamente a quello versato dal cliente, ma è un po’ più basso. Ad esempio, il contratto potrebbe prevedere un costo di acquisto dell’1% che indicherebbe un capitale iniziale assicurato pari al 99% del premio versato.

Liquidare l’investimento in anticipo

L’eventualità di dover recuperare le somme investite o assicurate prima della scadenza del contratto configura situazioni decisamente diverse, quando si confronano titoli di Stato come il Btp e le polizze vita. Nel primo caso il titolo può essere venduto sul mercato secondario in modo piuttosto semplice: il prezzo di mercato dell’obbligazione, però, varia nel tempo. Pertanto la vendita anticipata potrebbe comportare una perdita, o un guadagno a seconda dell’andamento del mercato. Nel caso della polizza vita, il riscatto anticipato dei premi assicurativi versati comporta sempre una penalizzazione (e nei primi tre anni di sottoscrizione è spesso vietato). Di norma, è prevista la rinuncia a ogni rendimento maturato – al contrario di quanto avviene con le cedole versate periodicamente da Btp e altri titoli di Stato, che rimangono all’investitore anche se quest’ultimo dovesse vendere il titolo in anticipo. Per quanto riguarda eventuali penalizzazioni o divieti di riscatto anticipato, ogni contratto assicurativo prevede condizioni variabili. In sintesi, liquidare un titolo di Stato è più semplice, in alcuni casi può essere redditizio, in altri no; per una polizza vita si va sempre incontro a una perdita.

Impignorabilità e insequestrabilità delle polizze

Le polizze vita, secondo quanto prevede l’articolo 1923 del codice civile, hanno alcuni vantaggi importanti per i soggetti ad elevato rischio legato ad imprese imprenditoriali: infatti “le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare”. Eventuali creditori dell’assicurato, dunque, non potranno entrarne in possesso a meno che i premi versati non “siano qualificabili come atti compiuti in pregiudizio dei creditori” (ossia, che si dimostri che tali premi siano stati conferiti su una polizza appositamente per sottrarli ai creditori).

Questa caratteristica del contratto della polizza vita deriva dalla natura sua natura previdenziale, che punta a garantire un trasferimento di ricchezza agli eredi dell’assicurato. Il portafoglio di titoli, invece, non prevede questo genere di protezione e può essere, dunque, soggetto a pignoramento.

Gli articoli pubblicati sono stati realizzati da giornalisti e contributors di We Wealth e vengono forniti a Poste Premium a scopo informativo.


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