Btp, cosa succede quando aumentano i tassi (e quando diminuiscono)

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Perché le aspettative sull’andamento dei tassi influenzano il valore dei Btp e perché ogni virgola pronunciata dai banchieri centrali finisce sotto la lente

La Banca centrale europea, nel momento in cui scriviamo, è ancora impegnata in un ciclo di rialzi dei tassi che, probabilmente, proseguirà fino a quando le condizioni economiche dell’Eurozona non si saranno deteriorate con evidenza. Questa fase di inasprimento monetario finora ha avuto un forte impatto sui rendimenti delle obbligazioni, comprese quelle governative italiane. In questo articolo cercheremo di capire come i tassi di riferimento, fissati dalla Bce, possano influenzare il valore dei Btp e il loro rendimento. E, di conseguenza, cosa fare se si è interessati a comprarli (o a venderli prima della loro naturale scadenza).

Innanzitutto, è utile ricordare come il rendimento e il prezzo dell’obbligazione siano inversamente correlati: quando il primo sale, il secondo scende e viceversa. Il prezzo di un’obbligazione, infatti, esprime il valore del reddito che essa produce attraverso il pagamento delle cedole. Se i tassi di interesse sono in calo, le obbligazioni più vecchie acquistano valore, poiché offrono rendimenti periodici più alti rispetto a quelli offerti dai titoli di nuova emissione. Pertanto, l’investitore che detiene queste obbligazioni dalle cedole più “generose” può chiedere, agli operatori interessati ad acquistarle, un prezzo più elevato rispetto alla somma che sarà rimborsato a scadenza.

Rendimento e tassi di riferimento

Una volta compreso il rapporto fra prezzo e rendimento di un’obbligazione, è necessario capire quali fattori possano influenzarne l’andamento. Per semplificare escluderemo, nel caso dei Btp, il cosiddetto rischio-Paese, ossia quanto il rendimento sia influenzato da politiche nazionali che riducono o aumentano la sua capacità di rimborsare i suoi creditori. Ci limiteremo a parlare dell’impatto dei tassi d’interesse fissati dalla banca centrale, che costituiscono una base che orienta verso l’alto o verso il basso tutti costi di finanziamento nell’Eurozona (ad esempio, i mutui).

Un elemento che, da manuale, si tende a dare per acquisito è che se i tassi di riferimento decisi dalla banca centrale aumentano, non possono che aumentare, indirettamente, anche i rendimenti dei titoli di Stato denominati nella stessa moneta. Come spesso accade, però, non tutto è così lineare: oltre al rialzo dei tassi vero e proprio, infatti, va considerata l’aspettativa che gli investitori hanno sul futuro andamento dei tassi. Per questo ogni parola espressa dai banchieri centrali viene sempre attentamente esaminata, quasi come se ogni virgola spostasse miliardi (in un certo senso è proprio così).

Intorno alla metà di ottobre We Wealth aveva chiesto ai suoi lettori su Linkedin, di ipotizzare quando sarebbe arrivato il picco nei rendimenti dei Btp. In quel momento era stato raggiunto un rendimento del 4,9% per il titolo decennale, un livello elevato al confronto con quanto offerto dal titolo di Stato italiano nel recente passato. Per una forte maggioranza dei lettori di We Wealth il picco dei rendimenti sarebbe stato raggiunto dopo febbraio (46%), mentre solo il 13% aveva ritenuto che fosse già stato raggiunto a ottobre. Due mesi dopo quel sondaggio, prima della riunione del board Bce di dicembre, si poteva dire che le cose fossero andate in un modo un po’ diverso rispetto a quanto si aspettava la maggioranza dei nostri lettori.

Infatti, il rendimento del Btp decennale non ha mai superato quel 4,9% nei due mesi successivi, nonostante i tassi d’interesse della Bce fossero previsti in salita, secondo le stesse comunicazioni ufficiali della Bce. Anzi, prima della riunione del 15 dicembre, il rendimento del Btp decennale era sceso al 3,8%, più o meno il livello di fine agosto. Questo movimento poteva apparire un po’ controintuitivo: rispetto a ottobre i tassi di riferimento erano già aumentati di 75 punti base, ma i rendimenti dei Btp, stranamente, erano scesi anziché salire.

Probabilmente, questo ribasso dei rendimenti era motivato dall’aspettativa che la recessione in arrivo in Europa avrebbe portato presto la Bce a fermare il suo inasprimento. Nella sua riunione del 15 dicembre la Banca centrale europea ha esattamente lanciato un messaggio opposto agli investitori, affermando con chiarezza che i rialzi dei tassi sarebbero proseguiti in modo “significativo”. Questo ha nuovamente cambiato le aspettative degli investitori che non sono stati di certo spiazzati dal rialzo di dicembre, ma dall’idea che vari altri inasprimento seguiranno. Risultato: al 19 dicembre, il rendimento del Btp decennale è risalito al 4,36%, ossia di circa un punto percentuale rispetto al pre-riunione. 

Btp, come muoversi nelle diverse fasi

Se tale previsione sarà corretta, ci si troverebbe innanzi a una buona opportunità di acquisto, perché se i tassi andranno a scendere, il valore dell’obbligazione salirà e potrà essere venduta con profitto anche prima della sua naturale scadenza.Questa ricostruzione dei fatti più recenti può essere utile per ricordare, ancora una volta, quanto sia complesso formulare previsioni corrette. Se si potesse conoscere in anticipo l’andamento futuro dei rendimenti (ed è un grosso ‘se’), il momento migliore per acquistare un Btp dovrebbe coincidere con il momento in cui il rendimento è quello più elevato rispetto ai successivi anni di durata del titolo. 

Intorno alla fine del 2022 i gestori di fondi si stanno orientando proprio sui titoli di Stato come il Btp, perché si prevede che i rialzi dei tassi proseguiranno ancora per un periodo di tempo non troppo lungo e che, dunque, nei mesi/anni successivi i tassi non potranno che scendere rispetto ai livelli cui si arriverà a inizio 2023. Se tale previsione sarà corretta, ci si troverebbe innanzi a una buona opportunità di acquisto, perché se i tassi andranno a scendere, il valore dell’obbligazione salirà e potrà essere venduta con profitto anche prima della sua naturale scadenza.

Opposto, invece, è il caso di chi, in questo momento, volesse vendere un Btp che detiene in portafoglio – magari perché ha bisogno di liquidità nell’immediato. Dal momento che il rendimento del Btp è relativamente elevato, è assai probabile che il titolo in portafoglio abbia subito una forte perdita di valore e che, pertanto, non convenga venderlo in anticipo. Se i tassi dovessero scendere nuovamente a fine 2023 o nel 2024, si potrebbe aprire una migliore finestra per vendere il titolo.

Gli articoli pubblicati sono stati realizzati da giornalisti e contributors di We Wealth e vengono forniti a Poste Premium a scopo informativo.


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