Arriva l’inverno demografico: cosa succede al mercato?

La popolazione è sempre più vecchia e, con il tempo e le migliori condizioni di vita, i tassi di natalità sono sempre più bassi. Si tratta davvero di un problema? Quali effetti avrà il crollo demografico sul mercato? Parola a Capital Group

Quella che il mondo si trova davanti è una vera e propria tendenza al declino della popolazione: in Europa, secondo il Parlamento europeo, il numero degli abitanti si trova già in netto calo ed entro il 2050 l’età media salirà a 49 anni, quando più di un europeo su dieci sarà over 80. Ma l’Occidente non è l’unico ad affrontare un crollo demografico. La Cina, infatti non solo ha perso lo scettro come Paese più popoloso del mondo a favore dell’India, ma nel 2023 si è aggiunta alla lista di stati con più morti che nascite in un anno, segnando una tendenza al declino della popolazione. Anche in questo caso non si tratta di una novità, infatti dal 2016 il governo cinese osserva con preoccupazione il trend della denatalità, ma recentemente il tasso di fertilità del Dragone è crollato rapidamente, fino all’1,2.
Guardando, in generale, anche ad alcuni Paesi dell’Africa o dell’America Latina, dove i tassi di natalità sono storicamente elevati, il numero di nuovi nati si sta abbassando rapidamente, scendendo intorno a 2,1 figli per donna. In questa logica, l’idea delle Nazioni Unite che il mondo raggiungerà il picco demografico intorno al 2086 potrebbe essere troppo ottimista, forse basterà solo aspettare fino al 2050.

Crollo demografico: un problema per la popolazione o per il mercato?

Per capire gli effetti di un trend di denatalità, basta guardare al Giappone. Il Paese del Sol Levante ha visto la sua popolazione ridursi per diversi decenni, “se ha chiuso il 2008 con un negativo di 20.000 persone, da allora la cifra è cresciuta fino ad arrivare a 831.872 persone in meno nel 2023”, spiega Jared Franz, economist di Capital Group.

Ma cosa succede quando vi è un rapido crollo demografico? Continuando con l’esempio del Giappone, ogni giorno ci sono sempre meno persone e quindi si abbassa anche la domanda per beni e servizi, imponendo una pressione al ribasso sui prezzi. Storicamente, quando questo accade, è più probabile che si verifichino recessioni e gli strumenti tipici che le banche centrali utilizzano per combattere queste flessioni, come la riduzione dei tassi, non sono più così efficaci. Insomma, non si tratta di un rischio da prendere sottogamba, anzi il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha definito questa tendenza come “la crisi più grave che il nostro Paese deve affrontare”.

Insomma, è chiaro come i dati demografici possano influenzare gli acquisti e quindi il potenziale di guadagno di un’azienda e, in generale, del Paese intero. Il profondo cambiamento del trend demografico avrà quindi un effetto diretto sul prodotto interno lordo globale. Pensiamo al declino demografico della Cina: i Paesi che dipendono da essa per gli scambi commerciali, come l’Australia o i Paesi del Sud-Est asiatico, potrebbero subire un rapido rallentamento della crescita economica.

Chiaramente non è impossibile invertire la tendenza, ma guardando ai Paesi che già ci hanno provato, i risultati non sembrano luminosi. L’esperto prende l’esempio dei paesi del nord Europa dove i governi hanno tentato di arginare il trend negativo offrendo incentivi finanziari ai programmi di assistenza all’infanzia, ma l’ago della bilancia è rimasto pressoché immobile.

Demografia e mercato: l’economia rallenta, ma non le opportunità

Come appena visto, demografia e mercato non sono due sfere a sé stanti, bensì una definisce ed è in grado di trasformare l’altra. Dovrebbe essere chiaro che il tasso di crescita economica di lungo periodo di un Paese dipende in larga misura dalla crescita della popolazione. A questo però, si può aggiungere un ulteriore pezzo di puzzle: la produttività. In poche parole, “se la popolazione cresce del 2% e la produttività dell’1% circa, il prodotto interno lordo di un Paese si aggira intorno al 3%”, riassume Franz.
Calo demografico, significa meno lavoratori e meno lavoratori implicano un crollo della produttività. Oltre questo, è anche necessario considerare che l’età media continua ad alzarsi, portando così all’aumento delle persone in pensione, il che porta ad un profondo squilibrio tra le entrate fiscali e le spese per i pensionati.

Le conseguenze di questo nuovo trend di natalità sono visibili anche in diversi settori, dai beni di consumo all’assistenza sanitaria, passando anche per l’edilizia abitativa. Per le aziende sarà fondamentale adattarsi a questo nuovo scenario e, per gli investitori, sarà fondamentale riconoscere le imprese al passo con i tempi.

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