Guy Wildenstein e l’arte delle scatole cinesi per l’evasione fiscale
Alla fine di un lungo iter giudiziario, la Corte d’Appello di Parigi si è pronunciata sul caso di Guy Wildenstein, il famoso mercante d’arte, ritenendolo colpevole di riciclaggio e frode fiscale; i giudici lo hanno condannato a quattro anni di carcere, concedendogli però il beneficio di trascorrere i primi due anni agli arresti domiciliari e sospendendo l’altra metà della pena.
La condanna fa seguito all’accusa di evasione fiscale, relativa all’eredità del padre di Wildenstein, Daniel, avvenuta nel 2001; la famiglia Wildenstein era stata infatti accusata di aver sottostimato il valore della proprietà oggetto di successione, al fine di evitare il pagamento di milioni di tasse, attraverso la creazione di trust e scatole cinesi in cui era confluita la collezione d’arte.
Uno strumento che complica l’individuazione della proprietà
Le cd. scatole cinesi rappresentano uno strumento societario con il quale una serie di società viene strutturata in modo tale da nascondere – o complicare – la ricerca della proprietà effettiva o della catena di comando di un’azienda o di una compagine finanziaria. Questa struttura può coinvolgere molte società interconnesse tra loro, che sovente hanno sede legale in Stati con regimi fiscali favorevoli e che applicano il segreto bancario. Il termine ricorda il gioco delle scatole cinesi in cui una scatola è contenuta all’interno di un’altra, che a sua volta è contenuta all’interno di un’altra ancora, e così via.
Non per forza illegittimo
Questo tipo di architettura societaria può essere utilizzato per scopi legittimi, come la pianificazione fiscale, la protezione degli asset o la gestione della privacy; molto spesso però, come nel caso qui in esame, può anche essere utilizzato per nascondere attività illegali o evitare l’indagine delle autorità fiscali o giudiziarie.
Il sistema delle scatole cinesi per proteggere le collezioni d’arte
È proprio per questa ragione che, in molti Paesi, le autorità governative stanno diventando sempre più attente a queste pratiche e stanno implementando regolamenti più severi per combattere l’opacità finanziaria e l’evasione fiscale associata a tali strutture societarie complesse. Lo strumento però non va demonizzato perché, se legittimamente utilizzato, può portare a un lecito risparmio d’imposta; come nel caso delle armi da fuoco, non è l’arma in sé che è pericolosa ma chi la utilizza.
Il tribunale ha riconosciuto Guy Wildenstein colpevole insieme ad altri sette imputati, infliggendo loro una multa e sequestrando parte dei loro beni; tuttavia, i giudici non lo hanno ritenuto colpevole di frode in relazione alla gestione dell’eredità di Alec Wildenstein. La decisione giunge al culmine di una saga legale che ha avuto inizio nel 2016, quando Guy Wildenstein è stato accusato per la prima volta proprio di frode fiscale.
Il processo ha rivelato dettagli intricati sulle operazioni finanziarie della famiglia Wildenstein, compresi trust utilizzati per sottostimare la loro ricchezza; va poi detto che questa è stata la terza volta che Guy Wildenstein viene processato in Francia, con le assoluzioni precedenti ribaltate e l’apertura di un nuovo processo.
L’Italia è un paradiso fiscale rispetto alla Francia?
La “tassa di successione” in Francia è nota come droits de succession; si tratta di un’imposta applicata sulle eredità e sulle donazioni, è regolamentata dal codice fiscale francese e può variare in base al valore dell’attivo ereditato e al grado di parentela tra il defunto e l’erede.
Lo stato francese prevede una tassazione, in materia ereditaria, decisamente più alta di quella italiana con aliquote che vanno da un minimo del 5% sino ad un massimo del 45% per i discendenti in linea retta; il coniuge superstite è invece esonerato dall’imposta di successione. Queste aliquote, a ben vedere, fanno apparire l’Italia (non si sa ancora per quanto) un paradiso fiscale in tema di imposte di successione visto che da noi vi è un’aliquota che varia dal 4% all’8% e chesi applica solo ai patrimoni superiori al milione di euro, in caso di parenti in linea diretta e coniuge, e ai 100 mila euro, tra fratelli.