Crisi geopolitica: 3 scenari e l’impatto sull’asset allocation

Tre differenti soluzioni di portafoglio per ogni possibile scenario di mercato, in un contesto economico internazionale complicato dalle variabili politiche. Uno scenario base con una probabilità del 55% e due scenari alternativi con minori probabilità, rispettivamente del 30 e del 15%. Ecco quali

Dopo la crisi sanitaria, a intromettersi nella gestione di portafoglio si insinua il rischio, quasi anacronistico, di una guerra di conquista, a gravare su un contesto di mercato già sferzato da pressioni inflazionistiche e postumi da pandemia.
Secondo gli esperti di ODDO BHF Asset Management, ci troviamo oggi a fare i conti con tre principali scenari di mercato con differenti probabilità: uno scenario base, che prende in considerazione la volatilità generata dall’escalation del conflitto internazionale e dalle sue conseguenze; uno scenario negativo, di tensione prolungata, che potrebbe sfociare in una fase di recessione; uno scenario positivo, che vedrebbe nell’eventuale risoluzione del conflitto l’opportunità per proseguire sulla via della crescita.

Crisi geopolitica, 3 possibili scenari

 

Scenario 1 (55% di probabilità)

Partendo dallo scenario principale (dato da ODDO BHF AM al 55%), la crescita del Pil mondiale potrebbe essere influenzata negativamente dall’escalation della situazione tra Russia e Ucraina, colpita anzitutto dalla crisi energetica, dai timori sulle difficoltà negli approvvigionamenti di materie prime, ma anche dall’imposizione di sanzioni internazionali capaci di minare la fiducia del mercato. Tali fattori, secondo gli esperti, contribuiranno ad alzare il già elevato livello di inflazione, che a marzo 2022 ha aggiornato i massimi a quarant’anni sul mercato americano, con un +8,5%, e i massimi storici dalla creazione dell’Eurozona, con un +7,5%, pesando sui margini aziendali.
A ciò si aggiunge l’irrigidimento delle condizioni monetarie, sia da parte della Fed, che della Bce, la prima più schematica nel dettare tempi e ritmi della normalizzazione monetaria (sei rialzi dei tassi nei sei meeting tra maggio e dicembre 2022 e un taglio del bilancio federale da $95 miliardi al mese alle porte); la seconda, ancora possibilista sul rialzo del costo del denaro nel 2022, ma propensa ad anticipare all’estate la fine del piano di acquisto di titoli di stato (APP, Asset Purchaise Programme).
In termini di portafoglio, tale contesto potrebbe vedere opportunità nel credito corporate di breve termine di alta qualità (investment grade) e in prodotti di liquidità, disincentivando il posizionamento in azioni e nel credito ad alto rendimento (percepiti come asset più esposti alla volatilità di mercato). Gold e opzioni potrebbero rappresentare valide strategie di copertura.

 

Scenario 2 (30% di probabilità)

Il secondo scenario (dato al 30%) guarda invece al contesto attuale in chiave meno rosea. L’impatto dato dal conflitto potrebbe determinare un arretramento della crescita economica, per poi culminare in una fase di recessione. Ciò, a causa di una serie di fattori, tra cui l’impennata dei prezzi delle materie prime, l’interruzione delle supply chain, l’aumento della volatilità e il dilemma in capo alle banche centrali di voler preservare la crescita economica dovendo tamponare l’eccessivo rialzo dell’inflazione.
Uno scenario che, secondo gli esperti, vedrebbe bene la decisione di sovrappesare titoli sovrani (porto sicuro in fasi di incertezza), strategie alternative e liquidità. Meno bene la view su azioni e credito corporate, più soggetti a fluttuazioni.

 

Scenario 3 (15% di probabilità)

Da ultimo, lo scenario di distensione del conflitto (dato al 15%), che potrebbe ripristinare la fiducia di investitori e mercati. Il venir meno delle principali tensioni politiche, a detta degli esperti di ODDO BHF AM, porterebbe anzitutto un miglioramento del clima economico e un calo dei prezzi delle materie prime, seguito da una ripresa di consumi e investimenti. In tale ultimo caso, a calare sarà la propensione al risparmio, fattore positivo per i margini aziendali. La risoluzione del conflitto internazionale potrebbe inoltre fungere da fattore distensivo sulle catene di approvvigionamento e far digerire meglio al mercato politiche monetarie a contrasto di un’inflazione ancora tonica (che sarebbe a quel punto da imputarsi però più ai consumi diretti, che all’aumento dei costi primari).
In questo scenario, il mercato azionario, sia sviluppato che emergente, potrebbe essere uno dei principali beneficiari del rinnovato clima di fiducia, assieme al credito ad alto rendimento (high yield). Meno bene andrebbe ai titoli governativi, lasciati in secondo piano in un contesto di preoccupazioni in contrazione e rendimenti crescenti.

 

 

(Scritto in data 12 aprile 2022)

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