Il tema, inutile nasconderselo, è bollente: contraltare ideologico alle mosse di Carlo Messina, che con la sua Intesa Sanpaolo proprio su Ubi ha svelato le sue mire lo scorso 17 febbraio. Quasi il 60% delle imprese rispondenti affermano che l’aggregazione bancaria è sì importante per la creazione di sinergie, ma non a discapito dell’ancora più importante concorrenza. “Se da un lato eventuali processi di aggregazione tra soggetti bancari e la conseguente creazione di sinergie potrebbero portare a un miglioramento del grado di efficienza delle banche e stabilità del sistema creditizio in generale, dall’altro è opinione ampia e condivisa trasversalmente che ciò è possibile solo ‘a patto che la concentrazione non limiti la concorrenza”.
Ubi, l’importanza della concorrenza
Gli imprenditori coinvolti nella ricerca di Swg affermano che il sistema bancario italiano soffre di un’importante crisi di fiducia. Sfiducia che arriva soprattutto da parte della base più ampia e fragile del nostro sistema produttivo. Le microimprese, insieme con le piccole e le medie sono maggiormente esposte al rischio di credito. Per tal motivo, operazioni di concentrazione sul mercato potrebbero causare effetti di restrizione dell’accesso al credito per quella che è la spina dorsale del sistema economico italiano e per la parte più fragile del Paese.
La ricerca figura quindi la pluralità come “un elemento imprescindibile ed essenziale” per la concorrenza bancaria. Il solo capace di garantire alle imprese concorrenza per l’accesso al credito. Lo studio ammette però che non si può prescindere dal rapporto fra concorrenza e solidità.
“La dimensione plurale del sistema bancario risulta, infatti, condizionata in modo sostanziale al concetto di solidità”. Il quale, “afferisce a una dimensione non meramente economica, patrimoniale e finanziaria”, collocandosi “ai primi posti tra le discriminanti di scelta dell’interlocutore creditizio”. Questo secondo aspetto dà una luce diversa al risultato dell’indagine. Le imprese gradiscono si un sistema “plurale e stabile”, ma “guidato da alcuni grandi e solidi gruppi bancari”.
In concomitanza con l’uscita della ricerca, Ubi Banca fa spare di aver sottoscritto il 5% del capitale di Green Arrow Capital Spa, mediante aumento di capitale riservato. La nota ufficiale parla di un’operazione “volta a incrementare la dotazione patrimoniale di Green Arrow Capital con capitale istituzionale al fine di cogliere eventuali opportunità di consolidamento del settore del private equity e del private debt”.