Ci sono professionisti che da un anno a questa parte stanno fatturando poco o niente, ci sono commercianti che non incassano, ci sono dipendenti che – una volta sciolto il blocco dei licenziamenti – rischiano di ritrovarsi senza stipendio fino all’arrivo, chissà quando, di un nuovo lavoro. È l’emergenza nell’emergenza per affrontare la quale, i dati parlano chiaro, gli italiani non sono preparati.
Secondo il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria – l’organo del ministero dell’Economia che si occupa di sensibilizzare i cittadini in materia di risparmio e investimenti – già in epoca pre-Covid la situazione era piuttosto critica: da un’indagine svolta, è risultato che oltre il 36% degli intervistati non disponeva di risorse per affrontare più di 2 mesi senza reddito e che 2 famiglie su 10 non possedevano disponibilità finanziarie per affrontare un mese senza reddito.
Una situazione, questa, che mostra come gli italiani non siano abituati a pianificare le proprie risorse in modo da poter affrontare situazioni di emergenza: invece le competenze finanziarie sono fondamentali per affrontare momenti di crisi come quello attuale causato dalla pandemia.
L’importanza della pianificazione finanziaria
Nessuno ha la sfera di cristallo: si possono fare previsioni a grandi linee e a medio termine certo, ma nessuno può sapere con precisione come si comporteranno i mercati finanziari tra dieci anni o quale sarà lo sviluppo del settore in cui lavoriamo. Proprio per questa fisiologica incertezza, è necessario preparare il proprio patrimonio a qualsiasi evenienza: un’adeguata pianificazione finanziaria può aiutare a gestire il rischio nel miglior modo possibile.
L’importante è, da un lato riconoscere a se stessi che ci sono momenti della propria vita o congiunture economiche a causa delle quali si può cadere; dall’altro riflettere sulle proprie prospettive di lavoro e di vita future per capire come pianificare la gestione del proprio patrimonio:
“Dove mi vedo tra cinque, dieci, trent’anni? Quali sono i valori per me imprescindibili?”. Una volta fatte queste riflessioni si può iniziare a stilare un piano finanziario, avvalendosi dell’aiuto di un consulente che con la sua esperienza possa indicare la strada giusta da percorrere.
Tenendo presenti, però, due punti fermi: un buon piano finanziario deve essere di prospettiva e sufficientemente vario, per distribuire e diversificare rischio e profitti.
Tre consigli pratici
- Se si vuole investire nel mercato italiano, un’ottima opzione è attivare un PIR, ovvero un Piano Individuale di Risparmio. Introdotti dalla legge di Stabilità del 2017, i PIR collegano i risparmi privati con gli investimenti delle imprese. Si tratta di investimenti a medio termine che veicolano risparmi verso le imprese italiane, in particolare a beneficio delle PMI. Si tratta di uno strumento che, rispetto ad esempio all’acquisto di titoli azionari, migliora le opportunità di rendimento del privato, alimentando allo stesso tempo l’opportunità per le imprese di avere a disposizione risorse finanziarie. Facciamo un esempio: per lo stesso cliente consideriamo un pacchetto di azioni e un PIR di pari importo, le prime vendute e il secondo acquistato, mettiamo ad esempio a giugno. Da giugno le azioni, oggi, avrebbero perso il 3%, il PIR ha invece guadagnato il 13%. Non solo, ai risparmiatori viene garantita, se il programma è mantenuto per 5 anni e se vengono soddisfatte altre condizioni, l’assenza di tassazioni.
- Anche i PAC, cioè i Piano di Accumulo di Capitale, sono uno strumento molto utile: consentono l’acquisto di quote di un fondo tramite versamenti periodici successivi. Gli importi da versare possono essere fissi o variabili e possono essere erogati con cadenze diverse. Si tratta dunque di uno strumento molto versatile che permette, ad esempio, di confezionare una sorta di salvadanaio per i propri figli.
- È importante, infine, avere ben chiaro come proteggere per tempo il patrimonio, cercando di capire a quali tipo di imposte successorie si va incontro. Entrando nel dettaglio, le imposte di successione in Italia sono: del 4%, per i trasferimenti effettuati in favore del coniuge o di parenti in linea retta (ascendenti e discendenti) da applicare sul valore complessivo netto se questo eccede, per ciascun beneficiario, la quota di 1 milione di euro; del 6%, per i trasferimenti in favore di fratelli o sorelle da applicare sul valore complessivo netto se questo eccede, per ciascun beneficiario, 100.000 euro; del 6%, per i trasferimenti in favore di altri parenti fino al quarto grado, degli affini in linea collaterale fino al terzo grado, da applicare sul valore complessivo netto trasferito, senza applicazione di alcuna franchigia; dell’8%, per i trasferimenti in favore di tutti gli altri soggetti da applicare sul valore complessivo netto trasferito, senza applicazione di alcuna franchigia. Alla luce di questi numeri è bene sapere che rispetto, ad altri Paesi, in tema di successioni l’Italia è una sorta di paradiso fiscale.