A differenza della maggior parte delle attività, il settore tecnologico non solo non è stato frenato dalla pandemia e dai conseguenti lockdown, ma è stato estremamente favorito dalla conseguente accelerazione nella domanda di digitalizzazione, indispensabile per supplire alla mancanza di contatto tra le persone.
Sia a livello privato, che soprattutto a livello lavorativo, tutti ci siamo ingegnati ad imparare l’utilizzo di piattaforme, applicazioni e quant’altro per comunicare, con amici e parenti o con clienti e fornitori.
Chi non ha trascorso un sabato sera con gli amici, collegati attraverso il computer o il telefono?
Quanti di noi hanno dovuto attrezzarsi per lavorare in modo alternativo a quello tradizionale, da casa propria, per acquistare beni attraverso le piattaforme di e-commerce, e per permettere ai nostri figli di accedere alla didattica scolastica a distanza?
Tutto questo ha permesso alle aziende del settore di incrementare esponenzialmente i profitti, e la conseguenza è stata il notevole apprezzamento del loro valore in borsa, al contrario di ciò che è avvenuto per altri settori economici, del tutto azzoppati dalla chiusura forzata delle attività.
Chi ha investito in tecnologia ha vissuto un 2020 di grande soddisfazione, a dispetto del dramma della pandemia.
Ma dalla metà di febbraio, qualcosa è cambiato: l’incessante avanzata delle campagne vaccinali ha reso possibile la graduale riapertura delle attività economiche e la diretta conseguenza è stata una crescente domanda di beni e servizi, soprattutto nei settori più tradizionali, favorita anche dagli stimoli fiscali promossi dai vari governi e dal risparmio forzoso accumulato da chi negli ultimi quindici mesi non ha subito danni negli incassi, ma non ha potuto spendere a causa del congelamento di molte attività.
All’aumentare della domanda, si è manifestato un problema non irrilevante: l’offerta delle aziende produttrici si è dimostrata insufficiente.
Nel periodo della pandemia le aziende hanno infatti contratto le scorte di magazzino e ridotto il personale il più possibile per contenere i costi, avvalendosi di licenziamenti e cassa integrazione. E ora faticano a tornare ad una produzione a pieno ritmo.
Molti dei miei assistiti, che svolgono attività produttive si lamentano in questi giorni della difficoltà che hanno a reperire le materie prime e i semilavorati necessari per il loro lavoro, e dei tempi di attesa per riceverli.
Questo carenza di forniture ha provocato un aumento consistente dei prezzi, e l’inflazione, che pareva essere sparita dai mercati, è tornata a preoccupare.
Alla luce di questa situazione possiamo quindi considerare esaurita la corsa sfrenata delle quotazioni di queste aziende?
Considerando che il modo di vivere attuale non può fare a meno dei beni tecnologici e che siamo all’alba di una ulteriore rivoluzione digitale finanziata dai fondi stanziati dai governi, come ad esempio il Next Generation UE, varato in Europa, è immaginabile che il settore non subirà in futuro una contrazione dei profitti.
Ma nel breve periodo accade che la salita dei prezzi possa disturbare le borse, preoccupate che le banche centrali debbano ricorrere a misure restrittive per arginare l’inflazione, come ad esempio la riduzione dell’acquisto di titoli o addirittura l’aumento dei tassi di interesse, che nuocerebbero al vigore dell’economia.
E questo pericolo risulta maggiore per la tecnologia, maggiormente sensibile a questo fenomeno.
Per valutare i comportamenti da adottare nelle decisioni di investimento, è importante domandarsi se la situazione dei prezzi possa sfuggire di mano alle autorità monetarie, come accadde negli anni settanta.
Per la verità la realtà oggi è molto diversa: allora i consumi erano spinti da una curva demografica composta da una numerosa popolazione giovane, che generalmente spinge i consumi, mentre oggi la popolazione dei paesi sviluppati è molto più anziana e naturalmente meno avvezza a spendere.
La tecnologia stessa ha contribuito poi ad abbassare strutturalmente i costi di produzione e quindi a ridurre i prezzi finali dei prodotti e dei servizi.
Per queste ragioni si fa largo la convinzione che con il tempo la domanda di normalizzerà, anche per l’esaurirsi delle spinte momentanee che la rendono particolarmente forte.
Anche le aziende torneranno ad una normalità produttiva, e per questo potremmo ritenere il rialzo dei prezzi un elemento momentaneo che si attenuerà nei prossimi mesi.
Per questo, pur mettendo in conto che potremmo ancora assistere ad andamenti nervosi del settore nel breve periodo, qualora i dati sull’andamento dei prezzi ne fornissero le ragioni, appare opportuno non trarre considerazioni frettolose.
Che fare quindi?
L’ approccio professionale al mercato di un consulente permette un’analisi approfondita di tutti gli aspetti da considerare, per affiancare i clienti nel prendere decisioni consapevoli.
Saper leggere i cambiamenti di scenario, consente di adottare nel tempo le corrette strategie, senza lasciare spazio all’improvvisazione.
Per raggiungere i propri obiettivi attraverso una soddisfacente gestione del capitale, è importante, e a volte indispensabile, rivolgersi a chi lo fa con metodo e disciplina, tenendo lontani i pericoli del fai da te, mai pericolosi come in questo periodo di incertezza e tassi di interesse molto bassi.