L’accrescimento è quel fenomeno giuridico, relativo alla contitolarità dei diritti soggettivi, che provoca l’espansione della quota degli altri contitolari qualora una titolarità venga meno.
In punto di successioni testamentarie, il fenomeno dell’accrescimento è espressamente previsto e regolato dall’art. 674 c.c., il quale dispone quanto segue: “Quando più eredi sono stati istituiti con uno stesso testamento nell’universalità dei beni, senza determinazione di parti o in parti uguali, anche se determinate, qualora uno di essi non possa o non voglia accettare, la sua parte si accresce agli altri.
Se più eredi sono stati istituiti in una stessa quota, l’accrescimento ha luogo a favore degli altri istituiti nella quota medesima.
L’accrescimento non ha luogo quando dal testamento risulta una diversa volontà del testatore.
È salvo in ogni caso il diritto di rappresentazione”.
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I presupposti dell’accrescimento
- L’istituto, che per tesi prevalente in dottrina è fondato in parte sulla presunta volontà del testatore e in parte sulla cosiddetta vocazione solidale (quella vocazione, cioè, per la quale ogni successore designato dal testatore è chiamato per l’intero in concorso con gli altri titolari), richiede per la sua operatività tre presupposti necessari:
- istituzione dei chiamati con il medesimo testamento. Si avrà quindi accrescimento se il testatore istituisce Tizio e Caio come eredi universali per metà ciascuno del suo intero asse ereditario con il medesimo testamento; non si avrà invece accrescimento se il testatore istituisce Tizio erede per metà del proprio patrimonio con un primo testamento, e in un secondo momento Caio erede per la residua metà con altro testamento;
- istituzione in parti uguali. Ciò può avvenire sia con espressa determinazione delle quote (uguali) da parte del testatore, sia con istituzione priva di determinazione di quote (nel qual caso le quote si presumono uguali);
- mancato acquisto da parte di un erede, sia per cause di ordine naturale (come premorienza, mancata nascita del nascituro), sia per cause di ordine giuridico (incapacità, indegnità, rinuncia).
I fatti che impediscono l’operatività dell’accrescimento
Vi sono poi dei fatti che impediscono l’operatività dell’accrescimento.
La prima ipotesi è quella della volontà contraria del testatore, che può escludere con disposizione espressa l’operatività di questo istituto nel testamento (in questo caso, salva l’operatività della trasmissione e della sostituzione, la quota del chiamato che viene meno sarà destinata all’erede legittimo).
Seconda ipotesi è quella della sostituzione ordinaria e della rappresentazione, che prevalgono sull’accrescimento e operano prima di esso.
Cosa succede alla quota degli altri contitolari
Con l’operare dell’accrescimento, la quota degli altri contitolari si espande automaticamente e retroattivamente, in misura proporzionale tra i medesimi, senza necessità di un ulteriore e distinto atto di accettazione. L’automaticità dell’acquisto è tale che, secondo la tesi dominante in dottrina, non sarebbe nemmeno concesso al coerede di rinunziare all’accrescimento, che opera quindi anche contro la volontà del medesimo, e ciò in quanto un’ipotetica rinunzia – vista la solidarietà della chiamata e quindi dell’accettazione – non potrebbe che essere una rinunzia parziale, come tale espressamente vietata dall’art. 520 c.c.
Cosa succede tra collegatari
L’accrescimento opera anche tra collegatari, giusto il disposto dell’art. 675 c.c. “L’accrescimento ha luogo anche tra più legatari ai quali è stato legato uno stesso oggetto, salvo che dal testamento risulti una diversa volontà e salvo sempre il diritto di rappresentazione”. Mentre è pacifico che, anche in questo caso, debbano essere presenti i presupposti della istituzione in parti uguali e del mancato acquisto del collegatario, è discusso se debba ritenersi quale presupposto l’istituzione nel medesimo testamento: in particolare, quest’ultimo presupposto non è ritenuto essenziale dalla dottrina prevalente, che ne rinviene conferma anche nella relazione al codice e in base alla lettera dell’art. 675 c.c. (che richiede solo l’identità di oggetto e non di testamento).
Accrescimento e usufrutto congiuntivo
Uno degli ambiti più frequenti in cui viene disposto l’accrescimento è quello dell’usufrutto congiuntivo, anch’esso disciplinato espressamente dall’art. 678 c.c. “Quando a più persone è legato un usufrutto in modo che tra di loro vi sia il diritto di accrescimento, l’accrescimento ha luogo anche quando una di esse viene a mancare dopo conseguito il possesso della cosa su cui cade l’usufrutto.
Se non vi è diritto di accrescimento, la porzione del legatario mancante si consolida con la proprietà”. Particolarità di questa ipotesi è che l’accrescimento si verifica anche a legato conseguito, al di fuori dell’ambito di applicazione del vero accrescimento – che richiede, invece, per operare un mancato acquisto da parte di uno degli istituiti.
Ambito di operatività dell’accrescimento
Discusso è se l’accrescimento possa operare, per espressa volontà del testatore, anche al di fuori delle ipotesi legislativamente previste, cioè per esempio in ipotesi di istituzione in disparità di quote oppure di istituzione in diverso testamento. Va segnalato sul punto che la Corte di Cassazione ha ritenuto, con alcune pronunce piuttosto risalenti (Cass 2237/1954 e Cass 604/1976) che solo al legislatore è concesso fissare l’ambito di operatività dell’accrescimento, non potendosene quindi il testatore autonomamente discostare con una disposizione testamentaria. Tuttavia, anche a seguire questa tesi, il testatore ha comunque a disposizione lo strumento della sostituzione ordinaria, che provoca effetti sostanzialmente analoghi a quelli dell’accrescimento testamentario.