Le stablecoin possono rappresentare una minaccia alla stabilità finanziaria e la futura legislazione comunitaria si prepara a colmare il vuoto normativo
Gli emittenti dovranno essere autorizzati come istituti di credito o come emittenti di denaro elettronico; dovranno avere riserve pari al valore dei token messi in circolazione; non potranno sforare il milione di transazioni giornaliere nell’Eurozona. E in caso di minacce alla stabilità finanziaria potranno vedersi revocato il diritto di proseguire le proprie attività
La proposta raggiunta dal Consiglio dell’Ue sarà ora negoziata con il Parlamento europeo
Ed è proprio sul controllo dei rischi che si prospetta un deciso intervento per colmare il vuoto normativo in cui oggi si muovono gli emittenti di stablecoin come Tether e Usdt. Senza nascondere troppo l’obiettivo di impedire un’eccessiva affermazione di queste monete sul suolo europeo assicurando la centralità dell’euro come mezzo di pagamento, come vedremo nel dettaglio.
“Il mercato delle crypto-asset è di dimensioni modeste e non rappresenta ancora una minaccia alla stabilità finanziaria”, si legge nelle note introduttive della proposta, “è tuttavia possibile che un sottoinsieme di crypto-asset”, le stablecoin, “possa essere ampiamente adottato dai consumatori al dettaglio”. E se questo passaggio avvenisse, afferma il Consiglio Ue, “potrebbe sollevare ulteriori sfide alla stabilità finanziaria, al buon funzionamento dei sistemi di pagamento, alla trasmissione della politica monetaria o alla sovranità monetaria”.
Vediamo, dunque, le principali novità indicate nella proposta di “Regolamentazione sui mercati nei crypto-asset”.
Status giuridico e messa in sicurezza degli emittenti
- I soggetti che emettono token assimilabili al denaro elettronico, ossia le stablecoin, “devono essere autorizzati come istituti di credito ai sensi della direttiva 2013/36/EU” o come “un’istituzione di denaro elettronico ai sensi della direttiva 2009/110/EC”; a vigilare su queste società, con potere di ispezione e sanzionatorio diventerebbe l’Eba, l’Autorità bancaria europea.
- Gli emittenti di stablecoin dovranno rispettare vincoli precisi sulle riserve, in modo da garantire la convertibilità del token in moneta, che spetta di diritto ai consumatori. I dettagli tecnici saranno definiti dall’Autorità bancaria europea, in modo da assicurare che “le riserve siano composte e gestite in modo da poter affrontare i rischi di liquidità associati ai diritti di riscatto permanente dei titolari” (Art 32). Insomma, in qualsiasi momento la società dev’essere in grado di rispettare la convertibilità della sua stablecoin in moneta “tradizionale”. Qualche anticipazione sui requisiti che saranno richiesti è, però, compresa nella parte introduttiva della proposta, nella quale si legge che “gli emittenti… dovrebbero in particolare garantire che la riserva ammonti almeno al valore corrispondente dei token in circolazione”. La più grande stablecoin al mondo, Tether, sostiene di rispettare già questo requisito, ma la Finra americana ha comunque inflitto all’emittente una multa da 41 milioni di dollari per aver sottostimato le sue riserve fra il 2016 e il 2018.Gli emittenti di token, inoltre, devono investire le riserve “solo in strumenti finanziari altamente liquidi con rischio di mercato, rischio di credito e rischio di concentrazione minimi” (art. 34).
Stablecoin, le restrizioni in vista
- Divieto di interesse. Il Consiglio teme che le stablecoin possano diventare una riserva di valore concorrente ai depositi bancari: questo ridurrebbe le risorse disponibili per le attività di credito con impatti negativi sull’economia. Per disincentivare questa migrazione da deposito bancario a gettoni virtuali l’articolo 36 stabilisce che gli emittenti di token “non possono offrire interessi” a chi decide di detenere questi asset. Vale la stessa cosa per eventuali remunerazioni assimilabili alla corresponsione di interessi.
- Un tetto alle transazioni. Una delle più importanti restrizioni riguarda il limite massimo sull’utilizzo giornaliero delle varie stablecoin “come mezzo di scambio”. Per ciascun token il numero di transazioni giornaliere medie (nel trimestre) non deve superare il milione di unità e i 200 milioni di euro in valore, all’interno di una singola area valutaria (ad esempio, l’Eurozona). Se il tetto viene sforato, l’emittente deve “cessare l’emissione del token” e “presentare un piano entro 40 giorni” alle “autorità competenti” per assicurare il rientro nei limiti (art. 19b). Sembra chiaro, dunque, che l’obiettivo è mantenere la centralità dell’euro e delle altre monete ufficiali, come principale mezzo di pagamento.
- La soluzione finale. “I token basati su asset possono anche rappresentare una minaccia alla sovranità monetaria e alla politica monetaria”, si afferma senza mezzi termini nelle premesse della nuova proposta di legislazione. Se il rischio si concretizza, “le banche centrali dovrebbero essere in grado di chiedere all’autorità competente di ritirare l’autorizzazione ad emettere token, nel caso di minacce gravi”. Questo proposito trova realizzazione nell’articolo 20: le “autorità competenti” possono ritirare l’autorizzazione agli emittenti di stablecoin qualora “l’attività ponga una seria minaccia alla stabilità finanziaria, alle regolari operazioni del sistema dei pagamenti o all’integrità del mercato”.